Approfondimenti

Progettare e adattare le città ad un clima che cambia

La storia della città di Valencia e dell’alluvione che nel 1957 ne ha cambiato l’assetto urbanistico con una possente opera di adattamento al territorio, al clima e ai rischi connessi

Nel corso della nostra vita di singoli individui possiamo imbatterci in eventi esogeni che implicano la necessità di un cambiamento, dei punti di rottura che ci impongono di rivedere le nostre priorità, i nostri obiettivi e la strada per raggiungerli. La ricostruzione del nostro percorso individuale – nella maggior parte dei casi – terrà conto dei nostri bisogni e dei nostri valori e su di essi costruirà un nuovo percorso, magari con lo stesso fine del precedente ma con strumenti e modalità volti a tutelarci da interferenze negative esterne. Anche quando si tratta di eventi che ci coinvolgono non solo come singoli individui ma come collettività, la necessità di un cambiamento ci porrà di fronte a scelte e prese di coscienza. Le decisioni prese in questi momenti che definiremo di crisi -intesi come improvvise modificazioni nella vita di un individuo o di una collettività- possono essere utili sia a prevenire eventuali effetti avversi futuri, sia a ridurne i possibili danni ma anche a generare opportunità. 

Qui raccontiamo la storia di una città che, in seguito ad un evento meteorologico disastroso, ha  ridisegnato il proprio assetto urbanistico senza perdere l’autenticità storica che la contraddistingue e diventando un esempio virtuoso di modernità e vivibilità.

Valencia e l’alluvione del 1957

Nel 1957, la città di Valencia, sulla costa orientale della Spagna subì una alluvione di portata storica che ebbe un forte impatto socioeconomico che condizionò lo sviluppo urbano della città. Senza questo evento forse oggi Valencia non sarebbe la città che è, o forse sarebbe qualcosa di molto simile, difficile analizzare quali eventi condizionino profondamente l’evoluzione e lo sviluppo di qualcosa, ma la storia ci racconta come la calamità del 1957 abbia portato la città ad un bivio e da lì si sia proseguito per una strada – voluta dalla comunità, finanziata dall’amministrazione – che ha reso una debolezza una forza motrice, che si è concretizzata in una possente opera di adattamento al territorio, al clima e ai rischi connessi.

La straordinaria alluvione in questione si è verificata a seguito di un sistema convettivo a mesoscala (Llasat e Puigcerver, 1994) che ha colpito fortemente il bacino medio e inferiore del fiume Turia – il corso d’acqua che attraversava la città – con precipitazioni superiori a 100 mm in 24 ore. Queste precipitazioni hanno causato una prima ondata di allagamento che ha raggiunto Valencia alle quattro del mattino del 14 ottobre con una portata massima di 2.700 m3/s, e una seconda ondata di allagamento che è arrivata alle due e mezza con una portata massima di 3.700 m3. /s . Queste due esondazioni hanno lasciato la città sommersa dall’acqua e dal fango, con 81 vittime e ingenti danni materiali (Pérez, 2007).

Precipitazioni accumulate in l/m2 tra l’11 e il 15 ottobre 1957

Come ci spiega José Angel Nunez Mora, Responsabile della Sezione di Climatologia dell’Agenzia meteorologica statale spagnola (delegazione territoriale comunità valenciana): «Da quello dell’ottobre 1957 non si sono verificati altri eventi catastrofici. Dalla conquista della città nel 1238 da parte del Re Jaime I, sono state documentate 11 inondazioni catastrofiche del Turia: in media una ogni 70 anni, anche se senza un intervallo di tempo fisso tra le inondazioni. Quel che è certo è che, in climatologia, questo tipo di evento estremo ha un periodo di ritorno e si ripeterà in futuro, anche se non sappiamo se sarà quest’anno, il prossimo, entro 5 o entro 50.»

Le alluvioni fanno parte della storia della città di Valencia come illustra sempre Mora in questo articolo: Le grandi inondazioni, così come i periodi di siccità, fanno parte della memoria collettiva di tutti i valenciani. Sicuramente, se si facesse un’indagine su quello che è stato il fenomeno meteorologico più distruttivo in Spagna negli ultimi decenni, la grande maggioranza di coloro che hanno vissuto quell’evento citerebbe l’evento del Tous del 1982, e se si chiedono quale fenomeno abbia generato queste piogge, molti direbbero una goccia fredda”, termine popolare fortemente radicato nell’inconscio collettivo e che è quasi sinonimo di catastrofe, soprattutto nel territorio della Comunità Valenciana. Diverse pubblicazioni di carattere storico hanno raccolto negli ultimi decenni notizie raccolte in diari, memorie, corrispondenza ufficiale, ecc. che testimoniano quelle grandi inondazioni che devastarono la città di Valencia. 

Uno dei fattori importanti quando si cerca di spiegare perché queste forti piogge si verificano nella Comunità Valenciana è l’orografia, che favorisce la formazione di nubi e precipitazioni costringendo le masse cariche di umidità a salire e, quindi, a condensare il vapore acqueo in esse contenuto. I rilievi, inoltre, deviando i venti nei bassi strati provocano convergenze e relativi moti verticali che possono mantenere in vita per molte ore un sistema convettivo sulla stessa area, dove scaricherà grandi quantità di pioggia.

In altre parole, la Comunità Valenciana ha diverse zone con caratteristiche orografiche molto favorevoli alle abbondanti precipitazioni dovute all’orientamento delle montagne costiere e pre-costiere. 

Per fare un parallelismo, «Eun pocome da noi in Liguria o anche nelle isole, ad esempio sul lato ionico della Sicilia o sul lato tirrenico della Sardegna, – ci spiega Lorenzo Danieli, meteorologo di Meteo Expert mare caldo dopo lestate e montagne alle spalle: se i venti spingono laria umida e calda verso la costa per un tempo sufficiente (e se vi è sufficiente instabilità) si possono avere gli ingredienti per piogge abbondanti, a sfondo convettivo, cioè temporalesco.»

Come detto, spesso in riferimento agli episodi di forte maltempo sul territorio valenciano si sente parlare del fenomeno della goccia fredda, ma di fatto solo un evento alluvionale su tre è classificabile come tale. Spiegare il fenomeno della goccia fredda però, può essere utile per comprender meglio quanto l’orografia e le condizioni climatiche di un territorio possano essere fattori determinati.

«Si tratta né più né più né meno che di un nucleo di aria fredda in quota – spiega Danieli – che si isola dal flusso delle correnti principali e per un povive di vita propria fino a che non si disperde.

La caratteristica importante è che laria fredda e la relativa circolazione ciclonica sono presenti in quota (attorno ai 3000-7000 m) ma al suolo è tutto tranquillo. Esse forniscono una naturale sorgente di instabilità (caldo sotto, freddo sopra) specie se passano sopra i suoli caldi nel semestre caldo o sopra i mari caldi (sempre in senso relativo) nel semestre freddo».

Il Plan Sur 

Solo 60 anni prima dell’alluvione del ’57 se ne verificò un’altra che ferì particolarmente i valenciani, ma una caratteristica spesso osservata della condizione umana, pressata dalle richieste del momento presente, è la perdita di coscienza del passato, soprattutto se nel corso dei decenni nessun evento induce a guardare indietro.

L’alluvione del 1957 rappresentò però un punto di svolta radicale, si scelse di cambiare per sempre il percorso del fiume Turia, dalla fonte alla foce, per abbassare il rischio di future esondazioni. 

Come racconta Mora nella ricostruzione storica delle alluvioni valenciane: Le piene del Turia legate alle piogge torrenziali sono state una costante nella città e si integrano nel suo clima […] in senso lato, i popoli mediterranei hanno quel raro rapporto di amore-odio con i loro fiumi, spesso pacifici, spesso asciutti o quasi asciutti, ma che forniscono acqua sufficiente per irrigare i loro frutteti fertili, che nel caso di Valencia hanno addirittura prodotto 3 raccolti all’anno.

Gli stessi fiumi che in caso di piogge alluvionali, travolgono le città causando danni e vittime. 

Con questa consapevolezza, vennero presentati molti progetti per la deviazione del fiume Turia: già nel 1882 esisteva un progetto pensato dagli ingegneri stradali Joaquin Llorens y Fernández de Córdoba e Andrés Soriano Ibarra, bloccato – come spesso accade – da difficoltà finanziarie e burocrazia. Con l’alluvione del 1957 venne approvato e finanziato il “Plan Sur”, un progetto che che prevedeva la deviazione totale del fiume a sud della città. Nel 1972 fu completata costruzione del “Nuovo fiume Turia”, con una portata stimata di 5.000 m3/s. 

La soluzione adottata permetteva al nuovo canale di scorrere più facilmente e in sicurezza –valutata sull’assetto urbanistico del tempo – e di assumere un percorso più breve verso il mare. Lo Stato si assunse il 75% del costo (1.500 milioni di pesetas in dieci anni); il consiglio comunale di Valencia, 20% (400 milioni); e il Consiglio Provinciale, il restante 5%. Ai Comuni è stata concessa la possibilità di istituire risorse straordinarie di raccolta. Tra questi si ricorda un francobollo speciale da 0,25 pesetas su tutta la corrispondenza emessa nei comuni del raggruppamento Gran Valencia, doppio per i telegrammi. 

Oggigiorno, ogni domenica mattina,  davanti alla Loja de la Seda, sull’Avenida Maria Cristina, prende vita il mercato domenicale delle monete e dei francobolli dove poter cercare anche questi oggetti simbolo di un periodo fatto di forte reazione civica, desiderio di recupero e modernizzazione.

Il nuovo canale aveva una capacità drenante non inferiore a 5.000 m3/sec, per la costruzione  sono state posate 3 milioni di tonnellate di pietra e 1.400.000 metri cubi di cemento e sono stati spostati fino a 10 milioni di metri cubi di terra. 

Non si trattava solo di deviare il corso naturale del fiume e risolvere il problema storico delle alluvioni, ma con il Plan Sur si affrontarono altre carenze strutturali: l’urgente ristrutturazione della rete fognaria e la riforma della rete ferroviaria. Una trasformazione completa realizzata con una necessaria proiezione a lungo termine. Il nuovo canale non poteva essere un futuro ostacolo alla crescita demografica, urbana ed economica non solo della città, ma anche di tutta la sua area metropolitana. Valencia contava mezzo milione di abitanti e in quel periodo la città conobbe – fino al 1980 – un periodo di notevole crescita demografica ed espansione urbanistica. Oggi Valencia conta circa 800 mila abitanti in città e più di 1,5 milioni di persone che vivono nell’area metropolitana circostante, è la terza città più grande della Spagna.

Jardín del Turia

Il Jardìn del Turia

L’ambizioso piano fu completato nel 1969. I resti del vecchio letto del fiume divennero un’occasione per creare la l’odierno Jardín del Turia. Una monumentale fascia verde di  oltre 100 ettari all’interno di un tessuto urbano denso e diversificato. 

L’idea del parco non fu la prima della dirigenza cittadina, bensì fu preceduta da quella di un sistema autostradale che attraversasse il cuore della città. Nel 1970 i cittadini respinsero e protestarono contro la proposta dell’autostrada con il motto “Il letto di Turia è nostro e vogliamo verde!”. Entro la fine del decennio, il Comune approvò la legislazione per trasformare l’alveo del fiume in un parco e nel 1982 incaricò Ricardo Bofill – uno dei più grandi nomi dell’architettura spagnola negli ultimi decenni- di creare un piano regolatore.

Il progetto paesaggistico trattiene l’acqua nei punti chiave per ricordare la precedente presenza del fiume. Il giardino si basa su figure geometriche che dall’asse longitudinale centrale definiscono le diverse zone e organizzano spazi e percorsi. I diversi recinti definiti da questa geometria e circondati dalla vegetazione sono stati trattati in diversi modi: un parco urbano con piantagioni, fontane e stagni, un giardino botanico, una pista ciclabile che collega gran parte della città, strutture sportive e culturali. 

La valorizzazione di questo spazio di passaggio e aggregazione, è stata resa possibile anche dagli interventi di architetti di fama internazionale, diversi nel loro stile, riflesso della grande varietà culturale propria di tutta la città di Valencia.  Ciascuna delle sezioni infatti ha il suo stile di design distinto, che va dai giardini formali di Ricardo Bofill con tocchi moderni, alla biomorfa Città delle Arti e delle Scienze di Calatrava, alle sinuose morfologie di Header Park di Eduardo de Miguel Rabones, Blake Muñoz Criado e Vicente Corell Farinós. La zona finale che collega il parco al Mar Mediterraneo e al quartiere del porto turistico della città è stata progettata da Tomas Llavador Architects.

Il progetto è un affascinante esempio moderno dell’effetto trasformativo delle infrastrutture paesaggistiche sull’identità e sul benessere di una città. Nata da una crisi, Valencia è riuscita a integrare una rete di infrastrutture ricreative e di trasporto con il suo centro storico e i quartieri circostanti. Ora è difficile immaginare Valencia senza il suo fiume verde.

Ciudad de las Artes y las Cièncias

Progettare e adattare le città ad un clima che cambia

Oggi Valencia è una città che trova un perfetto equilibrio tra modernità e vivibilità. Una città che continua innovare, collegando quartieri periferici con nuove linee della metropolitana, implementando la costruzione di un centro culturale all’avanguardia e rendendo completamente pedonabili parti del centro nel tentativo di renderla una delle città più verdi d’Europa, favorendo spazi verdi, piste ciclabili e mobilità elettrica. Tutto senza perdere un forte senso di identità e varietà culturale profondamente radicato in oltre 2.000 anni di storia.

E’ anche una città parte dell’area Mediterranea, hot-spot dei cambiamenti climatici, che come il resto delle nostre terre deve fare i conti con un clima che cambia tendendo verso gli estremi:

«Negli ultimi decenni si è osservato un cambiamento negli elementi del clima nel nostro territorio. – ci spiega José Angel Nunez Mora – L’indubbio aumento della temperatura dell’aria e della superficie del mare sta dando luogo a una maggiore evaporazione, che è fortemente correlata alla maggiore disponibilità di acqua totale nella colonna atmosferica in estate e all’inizio dell’autunno, che può portare infine a una maggiore intensità delle precipitazioni, principalmente nelle regioni costiere, anche se negli ultimi 70 anni non si sono osservate variazioni significative del volume totale delle precipitazioni, semmai una leggera tendenza al ribasso nell’entroterra e un aumento sulla costa.

Questa maggiore intensità delle precipitazioni sulla costa, per un volume di precipitazioni annue simile o leggermente superiore, implica che la stessa quantità di precipitazioni si accumula in meno giorni di pioggia, con piogge più torrenziali. 

Vi sono quindi indicazioni che ci troviamo di fronte a un nuovo andamento nel modo in cui le precipitazioni si verificano nel nostro territorio, con piogge torrenziali più distanziate nel tempo, fenomeni più energetici e più focalizzati nello spazio, di minor durata e maggiore puntuale intensità e più vicino alla costa, con un’espansione delle date tipiche in cui si verificano piogge torrenziali.

L’aumento delle temperature registrato nella Comunità Valenciana negli ultimi decenni è coerente con le stime fornite dagli scenari di cambiamento climatico regionalizzati, con poche incertezze sul fatto che questa tendenza continuerà nel corso del 21° secolo. Per quanto riguarda le precipitazioni, c’è grande incertezza sull’andamento nel corso del 21° secolo, anche se l’indubbio aumento della temperatura dell’aria e del mare previsto per i prossimi decenni deve necessariamente portare anche ad un cambiamento dei modelli di precipitazione».

Come ogni intervento, in una realtà in continuo cambiamento, si renderanno necessarie azioni che ottimizzino la potenziale risposta delle infrastrutture esistenti. Già nel 2014, in una relazione del gruppo di analisi “Impulso a Valencia” dell’ateneo mercantil di Valencia si poneva l’attenzione sull’attualizzazione del nuovo fiume Turia, basandosi sulla nuova espansione urbanistica e sulle proiezioni climatiche con l’obiettivo di coniugare la massima efficienza con l’impatto più positivo possibile sull’ambiente naturale e rurale, perché ogni politica va necessariamente implementata ma la direzione è già segnata se al principio si è scelto un polmone verde al posto di una autostrada. 

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Elisabetta Ruffolo

Elisabetta Ruffolo (Milano, 1989) Laureata in Public Management presso la facoltà di Scienze politiche dell’Università degli studi di Milano. Head of communication di MeteoExpert, Produttrice Tv per Meteo.it, giornalista e caporedattrice di IconaClima. Ha frequentato l’Alta scuola per l’Ambiente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per il Master in Comunicazione e gestione della sostenibilità.

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