Impennata dei prezzi alimentari, è colpa della crisi climatica: lo conferma un nuovo studio

Dal caffè brasiliano al riso giapponese, passando per l’olio d’oliva mediterraneo, il clima che cambia sta già facendo lievitare i prezzi del cibo nel mondo. A documentarlo è uno studio internazionale pubblicato oggi su Environmental Research Letters e che collega 16 casi di impennate dei prezzi alimentari tra il 2022 e il 2024 a fenomeni meteorologici resi più estremi dal clima che cambia in 18 Paesi, Italia compresa.
Lo studio, guidato da Maximilian Kotz del Barcelona Supercomputing Centre, mostra come caldo anomalo, siccità e piogge estreme stiano già influenzando i mercati agricoli, causando rincari spesso localizzati ma con effetti globali. In diversi casi, gli eventi analizzati sono stati resi molto più probabili e intensi proprio dal cambiamento climatico.
L’esempio dell’olio d’oliva
Un caso emblematico è quello dell’olio d’oliva, il cui prezzo è aumentato del 50% su base annua entro gennaio 2024 in tutta l’Unione Europea. La causa? La grave siccità che tra 2022 e 2023 ha colpito Spagna e Italia, i due principali produttori. Secondo gli autori, il riscaldamento globale ha contribuito per oltre il 30% all’intensità dell’ondata di calore dell’estate 2022 e alla sua estensione.
Ma l’olio non è il solo ad aver fatto registrare un’impennata dei prezzi.
I prodotti più colpiti
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Caffè: in Brasile, la siccità del 2023 – resa fino a 30 volte più probabile dal cambiamento climatico – ha fatto schizzare i prezzi dell’Arabica (+55%). In Vietnam, ondate di caldo record hanno raddoppiato il prezzo della varietà Robusta nel luglio 2024.
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Cipolle e patate in India: rincari superiori all’80% nel secondo trimestre 2024 dopo un’ondata di caldo che ha aumentato le temperature di almeno 1,5 °C rispetto alla media.
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Cacao: +280% ad aprile 2024, dopo un’ondata di caldo che ha colpito Ghana e Costa d’Avorio, responsabili del 60% della produzione globale.
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Riso in Giappone: +48% a settembre 2024 dopo un’estate rovente, la più calda dal 1946.
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Patate nel Regno Unito: +22% in un solo mese per le piogge invernali estreme, rese dieci volte più probabili dal riscaldamento globale.
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Verdure in California, Arizona e Cina: aumenti rispettivamente dell’80% e del 30% per le ondate di caldo e le siccità prolungate.
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Etiopia: +40% dei prezzi alimentari nel marzo 2023 per la peggiore siccità degli ultimi 40 anni, resa «circa 100 volte più probabile» dai cambiamenti climatici.
Impatti sulla salute e sulla stabilità economica
Con l’aumento dei prezzi provocato dall’estremizzazione del clima, peggiora la qualità delle diete. Lo studio sottolinea come gli shock climatici possano peggiorare l’insicurezza alimentare, spingendo le famiglie a basso reddito verso cibi meno nutrienti. Con implicazioni dirette per la salute pubblica: malnutrizione, malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2, alcuni tipi di cancro e persino disturbi mentali.
Anche le banche centrali iniziano a lanciare l’allarme. La BCE ha dichiarato che i rischi climatici sono già una minaccia per la stabilità finanziaria e che la crescente volatilità dei prezzi agricoli rende più difficile il controllo dell’inflazione. Secondo lo stesso Kotz, autore principale dello studio e attualmente Marie-Curie fellow al Barcelona Supercomputing Centre, «finché non arriveremo a emissioni nette zero, il clima estremo non potrà che peggiorare, con effetti sempre più diretti sui raccolti e sui prezzi del cibo».
Una traiettoria preoccupante
Il mondo si è già riscaldato di circa 1,3 °C rispetto all’epoca preindustriale, ma secondo le proiezioni attuali potremmo raggiungere i 3 °C. Un aumento che l’ONU definisce «debilitante» per la sicurezza alimentare globale. Il 2023 è stato l’anno più caldo mai registrato – superato poi dal 2024 – e il 2025 si preannuncia fra i tre più caldi di sempre.
Lo studio arriva alla vigilia del Food Systems Summit Stocktake delle Nazioni Unite, previsto per il 27 luglio e co-ospitato da Italia ed Etiopia, due Paesi tra i più colpiti dagli shock analizzati. Un appuntamento cruciale per ripensare il futuro dei sistemi alimentari, resi sempre più fragili dal riscaldamento globale.