L’impatto del ciclone Daniel, avvenuto nel weekend, ha provocato danni e devastazione in Libia, dove almeno 2.000 persone hanno perso la vita, e altre migliaia di persone risultano tuttora disperse.
Le piogge alluvionali che hanno accompagnato il tragitto di Daniel sul Mediterraneo, hanno interessato prima Grecia, Turchia e Bulgaria, provocando danni e morti. In alcune zone della Grecia sono caduti accumuli eccezionali di pioggia: in sole 48 ore sono caduti 250/300 l/mq su una superficie di oltre 50 mila chilometri quadrati con punte locali di 600/700. Si tratta della quantità di pioggia di un intero anno concentrata in due giorni.
Verso la fine della settimana l’intenso vortice ciclonico ha sfiorato l’estremo Sud italiano, per poi continuare sul Mar Ionio verso le coste della Libia, dove ha fatto impatto nel weekend del 9 e 10 settembre. Qui le conseguenze del passaggio di Daniel è stato ancora una volta devastante, con piogge alluvionali e venti forti.
Una alluvione ha colpito la città di Derna: due dighe sono crollate rovesciando a valle decine di milioni di metri cubi d’acqua, che ha così trascinato in mare interi quartieri. Ahmed Mismari, portavoce dell’Esercito nazionale libico (LNA), stima che il numero di dispersi sia di 5.000-6.000 persone. Secondo il The Libya Observer, il crollo ha “liberato oltre 33 milioni di metri cubi d’acqua, che hanno causato devastanti inondazioni nella città”.
Colpita anche Bengasi, la seconda città più grande della Libia, così come altri insediamenti lungo la costa, e Misurata, Al Bayda e Marj. Oltre alle piogge, i forti venti del ciclone hanno provocato danni diffusi: le raffiche hanno raggiunto i 180 km/h.
Il ciclone Daniel ha raggiunto la Cirenaica, con venti molto intensi, tra i 120 e i 180 km/h e piogge eccezionali che hanno provocato allagamenti su un’area molto vasta che va da Bengasi a El Bayda. Il servizio meteo nazionale ha stimato accumuli tra i 50 e i 250 mm di pioggia.
In queste ore il ciclone si sta indebolendo mentre prosegue verso est, in prossimità delle zone di Jaghbub e del confine con l’Egitto. Per l’emergenza si sono mobilitate anche le Nazioni Unite in Libia.
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