Clima

In Francia il primo riconoscimento dello status di rifugiato climatico?

Un tribunale di Bordeaux ha accolto la domanda di permesso di soggiorno per motivi medici legati all'inquinamento da parte di un uomo del Bangladesh

In Francia è avvenuto il primo, embrionale, riconoscimento giuridico dello status di rifugiato climatico. Il caso si riferisce alla vicenda di un uomo del Bangladesh che risiede in Francia dal 2011.

Il migrante, secondo quanto riferisce il quotidiano Libération, ha presentato una prima richiesta di asilo politico, che è stata rifiutata. Ha poi fatto domanda di un permesso di soggiorno per problemi respiratori, dato che soffre di una patologia respiratoria cronica. La domanda è stato accettata nel 2015 e quindi gli è stato riconosciuto lo status di “straniero malato” ma non quello di rifugiato.

Nonostante il parere medico favorevole, alla fine del 2019 la prefettura dell’Alta Garonna non ha rinnovato il permesso di soggiorno e gli ha imposto l’obbligo di lasciare il territorio francese.

Lo status di rifugiato climatico e l’inquinamento come fattore di rischio

La vicenda è andata avanti a colpi di ricorsi e il caso è stato esaminato dalla Corte d’appello amministrativa di Bordeaux (CAA), che alla fine ha annullato l’OQTF (obligation de quitter le territoire français, il “foglio di via”) lo scorso dicembre.

La Corte di Bordeaux ha ritenuto rilevante la situazione di altissimo inquinamento atmosferico del Bangladesh. Negli ultimi anni il Paese è diventato uno dei peggiori al mondo per inquinamento atmosferico ed è tra i primi dieci per concentrazioni di PM 2,5, le particelle inquinanti più nocive secondo l’Organizzazione mondiale della sanità.
L’uomo ha inoltre evidenziato la difficoltà di accesso alle cure nel suo Paese di origine e il rischio di interruzioni di corrente che renderebbero impossibile utilizzare il respiratore.

Si tratta della prima decisione in materia di immigrazione che ha riconosciuto l’inquinamento atmosferico come fattore di rischio: una sentenza storica.

Già negli scorsi anni, a Nantes nel 2015 e 2018 e a Parigi nel 2016, erano state presentate domande di permesso di soggiorno per i rischi da inquinamento atmosferico per la salute dei richiedenti, spesso asmatici ma furono tutte rifiutate. Il caso di Sheel, questo il nome del migrante del Bangladesh, potrebbe creare un precedente importante.

Nel 2018, secondo l’Internal Displacement Monitoring Centre, 17.2 milioni di persone hanno abbandonato le proprie abitazioni – pur rimanendo all’interno dei confini del proprio paese – a causa di disastri provocati dalla crisi climatica (inondazioni, tempeste, cicloni, inquinamento, siccità). La Convenzione di Ginevra (1951) non riconosce la figura del “rifugiato climatico” perché non riconosce l’ambiente come una causa di “persecuzione”. Il termine “rifugiato climatico” non è ancora approvato dall’Unhcr, che ritiene più preciso riferirsi a “persone sfollate nel contesto di disastri e cambiamenti climatici”.

Judith Jaquet

Mi sono laureata con lode in Letterature straniere, indirizzo in Scienze della Comunicazione, con una Tesi in Linguistica generale, presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Sono iscritta all'Ordine dei Giornalisti della Lombardia (Albo dei professionisti) dal 2008, dopo aver frequentato il Master in Giornalismo Campus Multimedia dello Iulm. Lavoro nella redazione di Meteo Expert dal 2011 e mi occupo della gestione dei contenuti editoriali sul web e sui social network. Conduco le rubriche di previsioni meteo in onda sui canali Mediaset e sulle principali radio nazionali.

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