Scienza

Coronavirus, la distruzione degli ecosistemi tra le cause della pandemia: il report Wwf

C'è uno stretto legame tra le azioni dell'uomo sugli ecosistemi naturali e la diffusione di malattie come Ebola, SARS e COVID19

Il nesso tra la pandemia da Coronavirus in atto e la perdita di biodiversità è molto forte. Lo rileva, tra gli altri, uno nuovo report del Wwf Italia chiamato “Pandemie, l’effetto boomerang della distruzione degli ecosistemi – Tutelare la salute umana conservando la biodiversità“.
Esisterebbe dunque un legame molto stretto tra le malattie che stanno flagellando il pianeta e le gli effetti negativi dell’azione dell’uomo sulla natura. Le malattie emergenti come Ebola, AIDS, SARS, influenza aviara, influenza suina e il nuovo coronavirus SARS-CoV-2 (COVID19) non sarebbero catastrofi “casuali”, ma una conseguenza indiretta dell’impatto dell’uomo sugli ecosistemi naturali.
Ci sono diversi elementi comuni tra queste malattie emergenti e le azioni umane: il rapporto Wwf ci mostra infatti come le “zoonosi“, ossia le malattie trasmesse dagli animali all’uomo (esattamente come il Covid-19), sono direttamente collegate a comportamenti errati da parte dell’uomo, tra cui il commercio illegale o non controllato di specie selvatiche e la distruzione delle foreste. L’impatto dell’uomo sugli ecosistemi naturali ha dunque una ripercussione, un effetto “boomerang” negativo,  anche sulla salute dei suoi simili.

Leggi anche: Virus cinese, il trasporto di animali vivi tra le cause di diffusione

Il contagio: il 75% delle malattie umane fino ad oggi conosciute deriva da animali

E’ già stato dimostrato che il contagio da CoVID19 potrebbe essere nato in Cina, nel mercato di animali di Wuhan, nella provincia di Hubei, alla fine del dicembre 2019. Uno studio dell’Università Zhejiang di Hangzhou evidenzia però come la fonte dell’epidemia si possa situare in un altro luogo. Esistono infatti, secondo l’analisi delle sequenze genetiche del virus, due ceppi “fratelli” di questo coronavirus, chiamati Tipo I e Tipo II. Il Tipo II sarebbe diventato predominante perché molto più contagioso e avrebbe origine nel mercato di Wuhan, mentre il secondo non ha ancora un’origine chiara.

Secondo quanto riporta il Wwf: “la comparsa di nuovi virus patogeni per l’uomo, precedentemente circolanti solo nel mondo animale, è un fenomeno ampiamente conosciuto come spillover. In ecologia ed epidemiologia lo spillover – che si potrebbe tradurre come “tracimazione” – indica il momento in cui un patogeno passa da una specie ospite a un’altra, e si pensa che questo passaggio possa essere alla base anche dell’origine del nuovo coronavirus”.
Come già evidenziato dagli scienziati, il virus potrebbe essere stato trasmesso all’uomo da alcune specie di pipistrelli o da “ospiti intermedi” come i pangolini. Il commercio e il contrabbando di questi piccoli mammiferi sono molto diffusi a causa di credenze e superstizioni sula potere curativo delle loro scaglie. Mentre gli studi sull’origine della diffusione del Covid19 vanno avanti rimane un dato di fatto che il traffico illegale di animali selvatici causi ogni anno circa un miliardo di casi di malattia e milioni di morti. Il 75% delle malattie umane fino ad oggi conosciute, infatti, deriva da animali e il 60% delle malattie emergenti viene trasmesso da animali selvatici.
In definitiva, ad oggi non sappiamo ancora quale sia stata l’origine del CoVID19. L’unica certezza, secondo quanto riferisce il report, è che dietro la diffusione di questa nuova patologia si nasconde il commercio legale e illegale di animali selvatici vivi e di loro parti.

Infografica Wwf Italia

Questa pratica è veicolo per vecchie e nuove zoonosi e aumenta il rischio di pandemie che possono avere grandissimi impatti sanitari, sociali ed economici in tutto il mondo. Sono zoonosi ad esempio la rabbia, la leptospirosi, l’antrace, la SARS, la MERS, la febbre gialla, la dengue, l’HIV, Ebola, Chikungunya e i Coronavirus, ma anche la più diffusa influenza e secondo l’OMS quelle conosciute sono oltre 200.

Dalla distruzione delle foreste alla fauna depredata

Oltre al commercio e al contrabbando di animali vivi, sono altre le azioni umane riconducibili alla diffusione del virus. Le azioni dell’uomo sugli ecosistemi naturali hanno modificato il 75% dell’ambiente terrestre e circa il 66% di quello marino ponendo di fatto a rischio di estinzione circa 1 milione di specie animali e vegetali.
La distruzione delle foreste, ad esempio, ha un grandissimo impatto sulla nostra salute. Le foreste ospitano milioni di specie tra cui virus, batteri, funghi e parassiti, nella più parte dei casi benevoli.
Secondo il report Wwf, “il cambiamento di uso del territorio come le strade di accesso alla foresta, l’espansione di territori di caccia e la raccolta di carne di animali selvatici , lo sviluppo di villaggi in territori prima selvaggi, ha portato la popolazione umana a un contatto più stretto con l’insorgenza del virus.

I pipistrelli portatori del virus Ebola vivono proprio nelle foreste dell’Africa occidentale. La stessa dinamica si è verificata con altre patologie come la febbre gialla o l’HIV, con i virus che si sono adattati all’uomo a partire dalla variante presente nelle scimmie delle foreste dell’Africa Centrale.
Un altro habitat creato dall’uomo per malattie pericolose come dengue, tifo colera o chikungunya sono le periferie degradate delle metropoli tropicali, dove pullulano mercati che vendono i resti della “fauna depredata“: animali selvatici vivi, parti di scimmie e tigri, carne di serpente, scaglie di pangolini determinando la situazione ideale per vecchie e nuove zoonosi. Altre conseguenze dell’azione umana sul Pianeta e sugli ecosistemi potrebbero essere l’aumento dei siti di riproduzione dei vettori delle malattie, la perdita di specie predatrici e la diffusione amplificata degli ospiti serbatoio, i trasferimenti di patogeni tra specie diverse, i cambiamenti genetici indotti dall’uomo di vettori di malattie o agenti patogeni (come la resistenza delle zanzare ai pesticidi) e la contaminazione ambientale con agenti di malattie infettive.

Judith Jaquet

Mi sono laureata con lode in Letterature straniere, indirizzo in Scienze della Comunicazione, con una Tesi in Linguistica generale, presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Sono iscritta all'Ordine dei Giornalisti della Lombardia (Albo dei professionisti) dal 2008, dopo aver frequentato il Master in Giornalismo Campus Multimedia dello Iulm. Lavoro nella redazione di Meteo Expert dal 2011 e mi occupo della gestione dei contenuti editoriali sul web e sui social network. Conduco le rubriche di previsioni meteo in onda sui canali Mediaset e sulle principali radio nazionali.

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