Continuano a bruciare i boschi intorno all’ex centrale nucleare di Chernobyl, teatro il 26 aprile del 1986 del più drammatico incidente nucleare della storia. A inizio aprile sono stati segnalati i primi roghi, divampati in molto probabilmente in modo doloso poco lontano dalla zona di alienazione, un enorme anello lungo 30 chilometri che circonda la centrale dove vige il divieto assoluto di ingresso.
Gli incendi nei giorni scorsi si sono diffusi arrivando a solo un miglio, circa 1 chilometro e mezzo, dal cuore della centrale nucleare e da un sito denominato Pídlísnij dove sono sepolti pericolosi rifiuti radioattivi. Più di 300 vigili del fuoco stanno operando da giorni per contenere i roghi, ma la situazione peggiora ora dopo ora.
Le informazioni sono ancora frammentarie ma un aiuto per comprendere la situazione ci arriva dai satelliti della Nasa dove si vedono i fumi degli incendi proprio in prossimità del complesso nucleare di Chernobyl.
La preoccupazione principale non riguarda, per ora, un eventuale incendio delle strutture di stoccaggio dei rifiuti poiché non sono esposte direttamente al fuoco. Il problema più grosso è invece relativo al fumo scatenato dai roghi delle foreste e delle aride praterie intorno al complesso nucleare, tutta biomassa ancora altamente radioattiva. Particelle radioattive potrebbero essere trasportate dai venti, insieme al fumo. Il capo del servizio di controllo ambientale statale dell’Ucraina, Yegor Firsov, aveva dichiarato nei giorni scorsi che i livelli di radiazione nell’area erano aumentati in modo preoccupante. Il governo ucraino aveva smentito immediatamente la notizia e Firsov ha dovuto ritrattare. Il ritorno della pioggia nella zona, previsto a breve, dovrebbe aiutare i vigili del fuoco nella lotta contro i roghi.
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