Clima

Crisi climatica: entro il 2050 si rischia una carenza alimentare globale

A lanciare l'allarme e Cary Flower, inviato speciale degli Stati Uniti per la sicurezza alimentare. Il mondo dovrà produrre circa il 50-60% di cibo in più per sfamare tutta la sua popolazione

La crisi climatica entro il 2050 potrebbe contribuire a una carenza alimentare globale, avverte Cary Flower, inviato speciale degli Stati Uniti per la sicurezza alimentare. Flower afferma inoltre che il mondo dovrà produrre circa il 50-60% di cibo in più entro il 2050 per poter sfamare tutta la popolazione in crescita, ma nello stesso tempo si prevede che i tassi di resa agricola diminuiranno del 3-12% a causa del riscaldamento globale.

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Crisi climatica e scarsa produttività di cibo: “Più di 700 milioni di persone erano denutrite nel 2022 rispetto ai 613 milioni del 2019″

Flower avverte che siamo nel bel mezzo di una crisi alimentare globale, aggravata naturalmente dall’interruzione della catena di approvvigionamento dovuta alla pandemia di Covid-19 , dall’invasione russa dell’Ucraina, dai prezzi elevati dei fertilizzanti e dalle scarse scorte di cereali a disposizione.

L’inviato per la sicurezza alimentare degli Stati Uniti snocciola anche qualche numero: “Più di 700 milioni di persone erano denutrite nel 2022 rispetto ai 613 milioni del 2019. È un numero incomprensibilmente elevato e una tragedia umana. Ogni paese è colpito, ma soprattutto i più vulnerabili in tutto il mondo“, afferma.

Quale può essere la soluzione? Serve più coraggio e prospettiva a lungo raggio

Per porre un freno a questa crisi alimentare, oltre a dover rispettare gli impegni climatici, secondo Flower è utile che tutti i Paesi investano nella ricerca agricola e non solo in progetti dal successo assicurato. L’inviato speciale fa infatti riferimento anche a quei progetti “Moonshot”, ovvero molto ambiziosi, coraggiosi e a lungo termine ma senza profitti a breve termine. Insomma, una scommessa che vale la pena accettare per evitare un declino delle risorse alimentari.

Flower pone l’accento anche sulla riluttanza di molti Paesi industrializzati, compresi gli Stati Uniti, nell’investire risorse pubbliche in ricerca e sviluppo agricolo, a differenza invece della Cina che risponde bene a questi criteri. Sebbene gran parte di queste risorse sia stata raccolta dal settore privato, sottolinea Flower, negli ultimi anni sono state utilizzate più per sviluppare e commercializzare nuove bevande e prodotti alimentari piuttosto che su programmi di selezione vegetale del settore pubblico o sugli effetti della siccità e dei cambiamenti climatici sulle colture destinate alla produzione alimentare.

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Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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