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Le specie aliene invasive sono economicamente più dannose dei disastri naturali: i dati

Pubblicata la valutazione più completa mai realizzata sulle specie aliene invasive nel mondo

È uscito il rapporto di valutazione sulle specie aliene invasive e il loro controllo, lo studio più completo mai realizzato sulle specie aliene invasive nel mondo, rilasciato dalla Piattaforma intergovernativa sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (IPBES).
Le specie aliene invasive sono una delle cinque principali cause dirette della perdita di biodiversità a livello globale, insieme ai cambiamenti d’uso del suolo e del mare, allo sfruttamento diretto degli organismi, ai cambiamenti climatici e all’inquinamento.

#DYK: Invasive alien species are one of the main direct drivers of change in nature?

Le specie esotiche invasive sono animali e piante introdotte accidentalmente o deliberatamente in un ambiente naturale in cui non sono normalmente presenti, con gravi conseguenze negative per il nuovo ambiente. Tra le piante, per esempio, troviamo la robinia o acacia (Robinia pseudoacacia),  originaria degli Stati Uniti sud-orientali, fu introdotta nel 1601 in Francia come albero ornamentale dai giardinieri del re Luigi XIII ed è stata poi usata in tutta Europa sia nei giardini che per il consolidamento dei terreni. Tra gli animali, anche il comunissimo pesce siluro, oggi presente in tutti i nostri fiumi, è una specie aliena: originario dell’Europa Orientale e dell’Asia Occidentale, fu introdotto in Italia dall’inizio degli Anni Cinquanta in poi per la pesca sportiva.

Alcune tra le specie aliene che si insediano con successo nell’area in cui vengono introdotte, si diffondono in maniera rapida causando gravi danni alle specie e agli ecosistemi originari di quel luogo, spesso accompagnati da ricadute economiche e problemi sanitari. Queste specie sono definite specie aliene invasive o IAS, acronimo dell’inglese Invasive Alien Species.

 

Ci sono voluti ben quattro anni per arrivare a questo risultato a cui hanno contribuito 86 esperti di spicco provenienti da 49 Paesi, attingendo a più di 13.000 riferimenti, ed è stato approvato da 143 Stati membri in occasione della plenaria della scorsa settimana.
Il numero di specie esotiche (specie introdotte in nuove regioni attraverso le attività umane)
è in continuo aumento da secoli in tutte le regioni, ma ora sta crescendo a tassi senza precedenti.

Non tutte le specie esotiche si insediano e si diffondono con impatti negativi sulla biodiversità, sugli ecosistemi e sulle specie locali, ma una percentuale significativa lo fa – diventando così nota come specie esotiche invasive. Circa il 6% delle piante esotiche, il 22% degli invertebrati esotici, il 14% dei vertebrati esotici e l’11% dei microbi esotici sono noti per essere invasivi con gravi rischi per la natura e per le persone.

Molte specie esotiche invasive sono state introdotte intenzionalmente per i loro benefici percepiti, senza considerare o conoscere i loro impatti negativi, ad esempio in silvicoltura, agricoltura, orticoltura, acquacoltura o come animali domestici. Altre sono state introdotte involontariamente, ad esempio come contaminanti di merci scambiate o clandestini nell’acqua di zavorra.

La stragrande maggioranza dei costi globali (92%) è dovuta alle specie esotiche invasive che hanno un impatto negativo sul contributo della natura alle persone o sulla qualità della vita. Solo l’8% riguarda i costi di gestione delle invasioni biologiche.
Il giacinto d’acqua (Pontederia crassipes) è la specie esotica invasiva più diffusa al mondo sulla terraferma. La lantana (Lantana camara), un arbusto da fiore, e il ratto nero (Rattus rattus) sono la seconda e la terza specie più diffusa a livello globale.

Le popolazioni che hanno una maggiore dipendenza diretta dalla natura, come quelle indigene e le comunità locali, le minoranze etniche, i migranti, le comunità povere rurali e urbane, sono ancora più a rischio a causa delle specie invasive perché sono colpite in modo sproporzionato da malattie invasive aliene trasmesse da vettori. Più di 2.300 specie esotiche invasive sono presenti nelle terre gestite, utilizzate e possedute dalle popolazioni indigene in tutte le regioni del pianeta.

Le invasioni biologiche incidono negativamente sull’autonomia, sui diritti e sull’identità culturale delle popolazioni indigene e delle comunità locali attraverso la perdita dei mezzi di sussistenza e delle conoscenze tradizionali, la riduzione della mobilità e dell’accesso alla terra e l’aumento della manodopera per la gestione delle specie esotiche invasive.

I punti chiave del rapporto

  • Le specie aliene invasive hanno svolto un ruolo chiave nel 60% delle estinzioni globali di piante e animali registrate dal rapporto
  • Nel 2019, il costo economico globale delle specie aliene invasive ha superato i 423 miliardi di dollari all’anno – più delle stime dei costi annuali globali dei disastri naturali.
  • I costi annuali delle specie aliene invasive sono almeno quadruplicati in ogni decennio dal 1970 e si prevede che i principali fattori di cambiamento peggioreranno;
  • Nel mondo sono state registrate più di 37.000 specie aliene consolidate, tra cui più di 3.500 specie aliene invasive;
  • l’80% dei Paesi ha obiettivi relativi alla gestione delle specie aliene invasive nei propri piani nazionali per la biodiversità, ma solo il 17% ha leggi o regolamenti nazionali che affrontano specificamente questi problemi.

Il caso del granchio blu in Italia

La specie alinea invasiva più “rappresentativa” per l’Italia è il granchio blu che ha dominato le prime pagine dei nostri quotidiani nei mesi estivi. Il granchio blu dell’Atlantico (Callinectes sapidus), che probabilmente è arrivato in Europa dall’Oceano Atlantico occidentale con le acque di zavorra delle navi, si è ora diffuso in tutta la regione mediterranea. In Italia, gli allevatori di vongole riferiscono che il granchio blu le sta decimando insieme ad altre specie acquatiche locali. Questo ha già avuto gravi conseguenze economiche e il riscaldamento delle acque sta rendendo il Mediterraneo sempre più ospitale per questa specie. Inoltre, i dati provenienti dagli Stati Uniti indicano che il riscaldamento delle acque potrebbe portare a un aumento della quantità di cibo consumato da queste specie.

Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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