Twitter, che recentemente ha cambiato il suo nome in X, tra le varie piattaforme social si classifica come la peggiore per quanto riguarda la disinformazione climatica. Secondo il rapporto Climate of Misinformation, realizzato dalla coalizione Climate Action Against Disinformation, la piattaforma acquisita da Elon Musk contribuisce a veicolare falsità sul cambiamento climatico e non ha una politica chiara su come questa disinformazione possa essere bloccata. Inoltre, aggiunge il rapporto, con Musk al timone si è aggiunta solo confusione.
La coalizione climatica, composta da diverse organizzazioni internazionali sul clima e contro la disinformazione, tra cui Greenpeace e Friends of the Earth, ha realizzato il rapporto per attirare l’attenzione sulla disinformazione climatica che circola attraverso le principali piattaforme affermando che la grande tecnologia è diventata “complice nell’accelerare la diffusione del negazionismo climatico”. Le cinque piattaforme analizzate – Twitter, Pinterest, Meta, YouTube e TikTok -, avevano 21 punti a disposizione nella valutazione delle politiche volte a ridurre le informazioni imprecise. Twitter ha ottenuto un solo punto, in pratica la peggiore tra le cinque.
Il basso punteggio ottenuto da Twitter è dovuto al fatto che non è riuscito a soddisfare quasi nessuno dei criteri dell’organizzazione per le politiche di disinformazione climatica, che vanno dall’avere informazioni chiare e disponibili al pubblico sulla scienza del clima all’avere politiche chiare sulle azioni che l’azienda intende intraprendere contro la diffusione di informazioni errate. Il rapporto aggiunge inoltre che l’acquisizione della piattaforma da parte del magnate della tecnologia Musk ha soltanto aggiunto confusione su come vengono applicate le politiche anti disinformazione e su come la società decide i contenuti da veicolare. Twitter è anche l’unica piattaforma a non avere un sistema di segnalazione chiaro sui contenuti fuorvianti o dannosi che richiedono dunque un approfondimento. L’unico punto ottenuto da Twitter è quello relativo alla voce ‘politica sulla privacy facilmente accessibile e leggibile‘.
Le piattaforme tecnologiche hanno lottato a lungo contro la disinformazione studiando politiche ad hoc per contrastare le fake news mentre eventi come la pandemia di Covid-19 e le elezioni presidenziali americane del 2020 hanno provocato la circolazione online di numerose disinformazioni. In seguito ai tanti tagli alla manodopera nel settore tecnologico, molte aziende hanno sottovalutato la moderazione dei contenuti aprendo di fatto la porta a una nuova ondata di disinformazione. Sebbene le altre piattaforme abbiano ottenuto punteggi più alti, nessuna ha realmente soddisfatto i criteri della coalizione climatica contro la disinformazione: la più alta in classifica è Pinterest, che ha ottenuto 12 punti su 21.
I problemi principali spaziano dalla mancanza di definizioni chiare di ciò che costituisce disinformazione climatica, all’incapacità di applicare le politiche esistenti in modo trasparente e la mancanza di prove che le aziende applichino queste politiche allo stesso modo nelle diverse lingue. Secondo il rapporto, nessuna delle aziende rilascia rapporti pubblici su come i loro cambiamenti algoritmici influenzino la disinformazione climatica. La coalizione climatica suggerisce quindi alcuni accorgimenti alle piattaforme tecnologiche, tra cui la definizione di linee guida chiare sul clima e l’aggiornamento delle politiche sulla privacy per mostrare quando i dati privati vengono venduti a inserzionisti che potrebbero essere collegati all’industria dei combustibili fossili.
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