Sostenibilità

Adattare la qualità del vino ai cambiamenti climatici è diventata una necessità

I cambiamenti climatici cambiano le abitudini dei grandi produttori di vino, alcuni esempi di risposta alle variazioni climatiche nostrane

Come anticipato nel precedente approfondimento sull’influenza delle variazioni climatiche sulle produzioni vitivinicole, il futuro dell’enologia sarà il frutto dei cambiamenti che sta già vivendo il nostro Pianeta. 

In Italia la coltivazione della vite si sta arrampicando sempre più in alto, in montagna e in collina, alla ricerca di temperature più miti: ogni cento metri di quota il termometro segna circa un grado in meno, ma proseguendo in altitudine aumenta anche l’escursione termica tra il giorno e la notte, tra l’estate e l’inverno, fattore che non può essere sottovalutato per una buona riuscita del vino.

In cinquant’anni in Trentino le temperature sono cresciute di almeno 1,5 gradi specialmente in primavera ed estate, ben più della media globale. Si è registrata un minore altezza e durata del manto nevoso, più frequenti grandinate e suoli più secchi.
Cambiamenti che hanno portato non pochi problemi soprattutto per il mantenimento della qualità dei prodotti. Sia le mele che l’uva hanno bisogno di un determinato clima per poter esplicare la loro qualità migliore. Questo ha portato gli agricoltori ad aumentare la quota delle coltivazioni.

In questi anni la frutticoltura è arrivata a 1000 metri e la viticoltura a 800 metri. Abbiamo casi anche di viticoltori che sono andati oltre. Ogni 5 anni ci si alza di 50 metri per mantenere la qualità del proprio vino.
I migliori Ferrari oggi si producono con vigneti dai 500 metri in su.
L’aumento delle temperature sta spingendo i vigneti più in alto, soprattutto quelli a bacca bianca per mantenere la loro freschezza (elevata acidità e basso contenuto zuccherino) ma non solo.
Un esempio è rappresentato dal Pinot Nero. L’azienda vinicola di Mario Pojer si trova a Faedo, borgo trentino al confine con l’Alto Adige: 35-40 anni fa avevano piantato i vigneti a 350 metri per farne un vino riserva. Poi la riserva è stata spostata a 450 metri. Ora l’impianto è stato spostato a 650 metri, perché hanno pensato che nei prossimi 20 anni probabilmente la loro riserva la faranno a quella altitudine.
In generale il Pinot Nero dell’Alto Adige veniva coltivato nella Bassa Atesina (18 comuni intorno a Bolzano), mentre oggi quella è diventata zona di Lagrein. Il Lagrein è una varietà vigorosa a maturazione tardiva che può essere coltivato, al di fuori della zona classica di Bolzano, in tutte le zone calde vocate per le varietà rosse fino ad un’altitudine di 350 metri s.l.m.

Questo è certamente un modo per adattare la qualità dell’uva ai cambiamenti climatici, che sono diventati quotidianità in un settore importante per l’economia e la società trentina.
La strategia è stata adottata anche dalla Cavit, il marchio che raggruppa 4.500 produttori di vino trentini, che hanno anche un impegno aggiuntivo. Da qualche anno stanno dando indicazioni ai viticoltori per sostituire varietà che oggi alle altitudini più basse riescono ad adattarsi meno a estati calde e siccitose che sono diventate più frequenti.

Sicuramente c’è ancora margine di miglioramento per i vini rossi. I problemi maggiori si hanno invece per le varietà bianche, in particolare per gli spumanti, dove è importante che ci sia una buona acidità. Le temperature elevate sono contrarie a questo. Anche alcuni aromi decadono rapidamente quando le temperature superano determinati livelli. Lo spumante ha bisogno anche di una particolare escursione termica per essere tale.

In Trentino, la vendemmia è già anticipata di almeno due settimane, i viticoltori lo sanno senza che glielo si dica: ogni grado in più toglie dai 3 ai 6 giorni, anche per questo si sale di quota.
La ricerca indica che in futuro avremo un ciclo vegetativo più breve, un inizio anticipato e una durata più corta delle singole varie fasi di sviluppo, fino ad arrivare tra 80 anni ad una vendemmia anticipata di quattro settimane.

Nella zona di produzione di Prosecco, che oggi rappresenta uno dei vini più venduti al mondo, sono state realizzate delle barriere verdi per proteggere i vigneti da vento e raggi solari, preservando così la freschezza e l’acidità che lo caratterizzano.
Il problema sarà per i vitigni internazionali precoci: Merlot, Cabernet, Sauvignon, Syrah e altri. Per i nostri grandi rossi con vitigni autoctoni e tardivi si aprono nell’immediato opportunità straordinarie. Ma se le temperature continueranno a salire ancora, come da previsione, allora occorrerà correre ai ripari e intervenire con strumenti viticoli ed enologici.

 

 

 

Prima pubblicazione dell’approfondimento a cura di IconaClima in data 15/02/2020

Daniele Izzo

Sono nato in Svizzera a Vevey l’8 maggio del 1974. Sono laureato in Fisica e dal 2001 svolgo l’attività di meteorologo e climatologo per Meteo Expert. Nel 2013 ho conseguito la qualifica internazionale di meteorologo aeronautico rilasciata dal WMO (Organizzazione Meteorologica Mondiale). Nel gennaio 2016 le mie competenze professionali sono state certificate e il mio nome è stato inserito nell’elenco dei Meteorologi Professionisti. Dal 2007 al 2015 mi avete visto condurre il meteo su Canale5, Italia1 e Rete4. Tuttora curo gli appuntamenti meteo per Radio Montecarlo. Sono Professore di meteorologia in un istituto tecnico aeronautico.

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