Abbiamo visto quanto gli scenari climatici siano importanti per scienziati e decisori politici nello stabilire come affrontare al meglio il cambiamento climatico. In realtà, però, essi possono essere sfruttati anche dalle imprese per adattare la propria politica ai rischi e alle opportunità che il cambiamento climatico impone. La Task Force on Climate Related Financial Disclosures (TCFD, organismo del Financial Stability Board) ha redatto un guida per le imprese che vogliano fare tesoro dell’informazione strategica contenuta in questi scenari: The Use of Scenario Analysis in Disclosure of Climate-Related Risks and Opportunities.
L’analisi degli scenari è un metodo per il reperimento di informazioni necessarie alla stesura di piani strategici per la propria impresa, informazioni che possano migliorare la flessibilità e la resilienza di tali piani a una serie di evoluzioni future. L’obiettivo è quindi capire e rafforzare la capacità di adattamento e la robustezza del proprio business di fronte a differenti evoluzioni delle forzanti esterne. I diversi stati futuri sono proprio gli scenari, che si differenziano in base a diverse assunzioni fatte nel descriverli: possono così essere valutate le possibili conseguenze per l’azienda a seconda dello scenario considerato.
Nel caso del cambiamento climatico, gli scenari climatici permettono a un’azienda di comprendere come i rischi e le opportunità legati al cambiamento climatico impatteranno su di essa. Si tratta di rischi fisici, dovuti ad esempio ai fenomeni meteorologici estremi sempre più frequenti, e di rischi e opportunità nascenti dalla transizione verso un’economia più verde: lo spostamento della domanda verso prodotti sostenibili (rischi di mercato); l’aumentare delle restrizioni in materia di emissioni inquinanti e climalteranti (da regolamentazioni e legali) e le necessità tecnologiche dell’adeguamento (tecnologici); la sempre maggiore attenzione dell’opinione pubblica, in specie dei mercati finanziari, verso i temi ambientali (reputazionali).
Per approfondire: Rischio climatico per le imprese: da una corretta gestione nascono opportunità |
Incorporare in maniera appropriata i potenziali effetti del cambiamento climatico nei propri processi di pianificazione strategica significa considerare come rischi e opportunità evolveranno nel tempo e quali conseguenze avranno sul proprio business in diverse condizioni.
Innanzitutto, gli scenari IPCC, descritti nella prima parte dell’articolo, possono essere utilizzati per creare degli scenari locali di rischio fisico, che descrivano come varieranno durata, intensità e frequenza di alluvioni, ondate di calore, uragani, etc., in un determinato territorio, a seconda di quale sarà la traiettoria futura delle emissioni globali di gas serra (RCP 2.6, 4.5, 6.0 o 8.5). Tali informazioni sono fondamentali per calcolare i tempi di ritorno di questi eventi: si tratta in pratica della frequenza di accadimento prevista di eventi di una determinata intensità. In genere le opere di prevenzione (ad esempio rinforzi alle infrastrutture) vengono realizzate in maniera tale da proteggere da eventi con tempi di ritorno fino ad una certa soglia (ad esempio un secolo – intensità che si presentano una volta ogni cento anni). Per questo è di fondamentale importanza sapere come il cambiamento climatico varierà i tempi di ritorno degli eventi più intensi: per modificare le proprie misure di prevenzione in modo tale da resistere a eventi estremi che da rari diventeranno purtroppo assai comuni.
Gli scenari di transizione, come abbiamo visto nella prima parte, permettono di capire come evolverà l’economia e i mercati dell’energia in base alle legislazioni varate dai governi, sia in termini di regolamentazioni ambientali (limiti alle emissioni, agli sversamenti, al consumo di acqua, minimi di efficienza energetica, etc.), sia in termini di sussidi e interventi in supporto a determinate tecnologie o settori (ad esempio supporto all’auto elettrica, come accaduto in Cina). L’analisi dei risultati dei modelli economici ed energetici utilizzati è quindi fondamentale per guidare le azioni di management: per decidere quali cambiamenti apportare ai propri piani di spesa, al proprio portfolio, tramite acquisizioni o disinvestimenti (acquisisco un’azienda più piccola ma più sostenibile o una più solida – per ora – ma più inquinante?), per definire le proprie priorità nell’allocazione del capitale, per scegliere riguardo alla dismissione di alcuni dei propri assets (ad esempio per il sopraggiungere di nuove innovazioni tecnologiche o per l’esposizione a rischi fisici troppo elevati), per approvare l’entrata o meno in nuovi mercati e lo sviluppo di nuove competenze (devo investire sull’auto elettrica o ad idrogeno? Come evolverà la coscienza sociale e quindi la domanda di prodotti più sostenibili che potrei implementare?).
Fondamentale per un’impresa che utilizza gli scenari climatici è dichiararlo pubblicamente: inserire nel proprio bilancio di sostenibilità informazioni sulla resilienza dei propri piani strategici al cambiamento climatico (valutata grazie all’utilizzo degli scenari), sugli scenari utilizzati, sui loro output, sui metodi analitici usati e sulle assunzioni fatte, sulla sensitività dei risultati a tali assunzioni. Infatti questo aumenterebbe la fiducia dei propri finanziatori nel fatto che le conseguenze del cambiamento climatico siano prese in considerazione e ben affrontate dall’azienda. Maggiore fiducia significa migliore capacità di reperire finanziamento, soprattutto data la tendenza dei mercati a preferire investimenti sostenibili. Aumenterebbe anche il coinvolgimento dei propri investitori e stakeholders in generale sui temi della resilienza della strategia e del business.
Per approfondire: Il bilancio di sostenibilità: importante fattore competitivo per le imprese |
La TCFD ha stilato le principali azioni che un’impresa che vuole iniziare a utilizzare gli scenari climatici deve intraprendere:
Purtroppo sono poche le aziende che hanno già implementato l’analisi degli scenari: compagnie non-finanziarie, come BHP Billiton, Statoil, ConocoPhillips e Glencore, e finanziarie, come alcuni fondi pensione, ad esempio il New York State Common Retirement Fund, e la Bank of China (ICBC). Buona parte delle imprese, italiane e nel mondo, soprattutto le PMI, non hanno però ancora le capacità e le conoscenze necessarie per sviluppare questo tipo di analisi. Infatti, spesso gli scenari globali più utilizzati (IPCC, IEA) non forniscono dati sufficienti all’elaborazione di proiezioni tagliate sulla singola azienda: ad esempio non prevedono gli effetti specifici per settore o attività, oppure la risoluzione spaziale e granularità dei dati non è sufficiente. La stessa TCFD, nel suo ultimo status report (giugno 2019), ha affermato che l’inclusione degli scenari climatici nella definizione delle strategie aziendali è uno degli obiettivi fondamentali che ancora non sono stati raggiunti (pagina iv).
È necessario cioè che vengano approntati più strumenti a disposizione delle aziende per poter visualizzare ed elaborare i dati degli scenari globali. Ne esistono già alcuni: ad esempio CREAT dell’Epa (un tool di valutazione del rischio da eventi meteorologici estremi) e lo U.S. Climate Resilience Toolkit (che fornisce esempi di adattamento, guide alla resilienza e strumenti per la visualizzazione dei dati climatici a disposizione, sia le osservazioni che le previsioni) per gli Stati Uniti; il WRI Aqueduct Atlas (che crea delle mappe personalizzabili ad alta risoluzione del rischio legato all’acqua – alluvioni, siccità, eutrofizzazione, etc.) e Clipc dell’Unione Europea (che permette di creare, combinare e confrontare indicatori di impatto climatico ambientali ed economici). La strada però è ancora lunga.
Più aziende si avvicineranno a questo tipo di approccio, più veloci ed efficaci saranno il percorso e gli sforzi verso una società capace di affrontare il cambiamento climatico con successo, trasformandolo da rischio di regressione in opportunità di crescita.
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