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Gli scenari climatici e opportunità. Parte 2 – Come costruire una strategia d’impresa di successo

Gli scenari climatici sono uno strumento essenziale per le imprese per la pianificazione di strategie e investimenti

Abbiamo visto quanto gli scenari climatici siano importanti per scienziati e decisori politici nello stabilire come affrontare al meglio il cambiamento climatico. In realtà, però, essi possono essere sfruttati anche dalle imprese per adattare la propria politica ai rischi e alle opportunità che il cambiamento climatico impone. La Task Force on Climate Related Financial Disclosures (TCFD, organismo del Financial Stability Board) ha redatto un guida per le imprese che vogliano fare tesoro dell’informazione strategica contenuta in questi scenari: The Use of Scenario Analysis in Disclosure of Climate-Related Risks and Opportunities.

In cosa consiste l’analisi degli scenari climatici

L’analisi degli scenari è un metodo per il reperimento di informazioni necessarie alla stesura di piani strategici per la propria impresa, informazioni che possano migliorare la flessibilità e la resilienza di tali piani a una serie di evoluzioni future. L’obiettivo è quindi capire e rafforzare la capacità di adattamento e la robustezza del proprio business di fronte a differenti evoluzioni delle forzanti esterne. I diversi stati futuri sono proprio gli scenari, che si differenziano in base a diverse assunzioni fatte nel descriverli: possono così essere valutate le possibili conseguenze per l’azienda a seconda dello scenario considerato.

Nel caso del cambiamento climatico, gli scenari climatici permettono a un’azienda di comprendere come i rischi e le opportunità legati al cambiamento climatico impatteranno su di essa. Si tratta di rischi fisici, dovuti ad esempio ai fenomeni meteorologici estremi sempre più frequenti, e di rischi e opportunità nascenti dalla transizione verso un’economia più verde: lo spostamento della domanda verso prodotti sostenibili (rischi di mercato); l’aumentare delle restrizioni in materia di emissioni inquinanti e climalteranti (da regolamentazioni e legali) e le necessità tecnologiche dell’adeguamento (tecnologici); la sempre maggiore attenzione dell’opinione pubblica, in specie dei mercati finanziari, verso i temi ambientali (reputazionali).

Per approfondire:

Rischio climatico per le imprese: da una corretta gestione nascono opportunità

Come può essere applicata

Incorporare in maniera appropriata i potenziali effetti del cambiamento climatico nei propri processi di pianificazione strategica significa considerare come rischi e opportunità evolveranno nel tempo e quali conseguenze avranno sul proprio business in diverse condizioni.

Uso degli scenari fisici – affrontare i rischi fisici

Innanzitutto, gli scenari IPCC, descritti nella prima parte dell’articolo, possono essere utilizzati per creare degli scenari locali di rischio fisico, che descrivano come varieranno durata, intensità e frequenza di alluvioni, ondate di calore, uragani, etc., in un determinato territorio, a seconda di quale sarà la traiettoria futura delle emissioni globali di gas serra (RCP 2.6, 4.5, 6.0 o 8.5). Tali informazioni sono fondamentali per calcolare i tempi di ritorno di questi eventi: si tratta in pratica della frequenza di accadimento prevista di eventi di una determinata intensità. In genere le opere di prevenzione (ad esempio rinforzi alle infrastrutture) vengono realizzate in maniera tale da proteggere da eventi con tempi di ritorno fino ad una certa soglia (ad esempio un secolo – intensità che si presentano una volta ogni cento anni). Per questo è di fondamentale importanza sapere come il cambiamento climatico varierà i tempi di ritorno degli eventi più intensi: per modificare le proprie misure di prevenzione in modo tale da resistere a eventi estremi che da rari diventeranno purtroppo assai comuni.

Uso degli scenari di transizione – affrontare i rischi da regolamentazioni, legali e tecnologici

Gli scenari di transizione, come abbiamo visto nella prima parte, permettono di capire come evolverà l’economia e i mercati dell’energia in base alle legislazioni varate dai governi, sia in termini di regolamentazioni ambientali (limiti alle emissioni, agli sversamenti, al consumo di acqua, minimi di efficienza energetica, etc.), sia in termini di sussidi e interventi in supporto a determinate tecnologie o settori (ad esempio supporto all’auto elettrica, come accaduto in Cina). L’analisi dei risultati dei modelli economici ed energetici utilizzati è quindi fondamentale per guidare le azioni di management: per decidere quali cambiamenti apportare ai propri piani di spesa, al proprio portfolio, tramite acquisizioni o disinvestimenti (acquisisco un’azienda più piccola ma più sostenibile o una più solida – per ora – ma più inquinante?), per definire le proprie priorità nell’allocazione del capitale, per scegliere riguardo alla dismissione di alcuni dei propri assets (ad esempio per il sopraggiungere di nuove innovazioni tecnologiche o per l’esposizione a rischi fisici troppo elevati), per approvare l’entrata o meno in nuovi mercati e lo sviluppo di nuove competenze (devo investire sull’auto elettrica o ad idrogeno? Come evolverà la coscienza sociale e quindi la domanda di prodotti più sostenibili che potrei implementare?).

Dichiarare, dichiarare, dichiarare – affrontare i rischi reputazionali

Fondamentale per un’impresa che utilizza gli scenari climatici è dichiararlo pubblicamente: inserire nel proprio bilancio di sostenibilità informazioni sulla resilienza dei propri piani strategici al cambiamento climatico (valutata grazie all’utilizzo degli scenari), sugli scenari utilizzati, sui loro output, sui metodi analitici usati e sulle assunzioni fatte, sulla sensitività dei risultati a tali assunzioni. Infatti questo aumenterebbe la fiducia dei propri finanziatori nel fatto che le conseguenze del cambiamento climatico siano prese in considerazione e ben affrontate dall’azienda. Maggiore fiducia significa migliore capacità di reperire finanziamento, soprattutto data la tendenza dei mercati a preferire investimenti sostenibili. Aumenterebbe anche il coinvolgimento dei propri investitori e stakeholders in generale sui temi della resilienza della strategia e del business.

Per approfondire:

Il bilancio di sostenibilità: importante fattore competitivo per le imprese

Come elaborare l’analisi degli scenari climatici

La TCFD ha stilato le principali azioni che un’impresa che vuole iniziare a utilizzare gli scenari climatici deve intraprendere:

  1. Familiarizzare con gli scenari sviluppati da IEA e IPCC, utilizzati da scienziati e politici, ma indispensabile base di partenza per la creazione di scenari specifici per la propria compagnia, il proprio territorio e il proprio settore. Essi infatti comprendono un set di macro-tendenze di base per determinare le evoluzioni a scala locale, dal momento che prendono in considerazione i livelli di popolazione, di attività economica, i valori sociali, la governance e i pattern di innovazione tecnologica.
  2. Comprendere a quali tipi di rischi e opportunità l’azienda è esposta: è necessario capire quali siano rilevanti per la propria impresa e in che misura (le mie infrastrutture sorgono in un territorio a rischio? Quelle della mia catena di rifornimento e distribuzione? In che misura dipendo dall’utilizzo di combustibili fossili? Qual è l’impatto ambientale dei beni che produco?).
  3. Identificare il range di ipotesi per la costruzione dei propri scenari, in particolare le variabili e assunzioni chiave: quelle che si ritiene essere più rilevanti per la propria azienda e quelle che possono modificare o influenzare sostanzialmente le traiettorie di sviluppo. Rispetto a queste bisogna testare la tenuta del proprio business. Sarà cioè necessario includere tali variabili nei propri algoritmi e confrontare gli scenari risultanti da diversi valori delle stesse e le relative conseguenze per l’impresa. Il range di ipotesi deve includere le diverse traiettorie di concentrazione di gas serra, da quella in linea con gli accordi di Parigi a quella business-as-usual.
  4. Creare modelli che producano, in dipendenza dalle variabili scelte, i propri scenari locali (ad esempio tempi di ritorno di determinati eventi estremi, indici di sviluppo di un determinato settore). Inizialmente è possibile considerare solo scenari qualitativi, per poi passare a valutazioni quantitative una volta acquisita sufficiente esperienza.
  5. Valutare gli impatti sull’azienda associati ad ognuno di questi scenari. Confrontare la resilienza delle diverse opzioni strategiche in ciascuno scenario, magari associando a ciascuno di essi un peso, una probabilità di accadimento, così da identificare la strada più resiliente possibile (che massimizzi le opportunità e minimizzi i rischi). Quali scelte mi garantiscono una migliore performance date le possibili evoluzioni del contesto in cui la mia azienda si troverà? Tali valutazioni potrebbero fare emergere nuove variabili chiave da considerare.
  6. In base ai risultati precedenti elaborare nuove opzioni o possibili cambiamenti e aggiustamenti ai propri piani strategici e finanziari.

Cosa resta ancora da fare per facilitare le imprese

Purtroppo sono poche le aziende che hanno già implementato l’analisi degli scenari: compagnie non-finanziarie, come BHP Billiton, Statoil, ConocoPhillips e Glencore, e finanziarie, come alcuni fondi pensione, ad esempio il New York State Common Retirement Fund, e la Bank of China (ICBC). Buona parte delle imprese, italiane e nel mondo, soprattutto le PMI, non hanno però ancora le capacità e le conoscenze necessarie per sviluppare questo tipo di analisi. Infatti, spesso gli scenari globali più utilizzati (IPCC, IEA) non forniscono dati sufficienti all’elaborazione di proiezioni tagliate sulla singola azienda: ad esempio non prevedono gli effetti specifici per settore o attività, oppure la risoluzione spaziale e granularità dei dati non è sufficiente. La stessa TCFD, nel suo ultimo status report (giugno 2019), ha affermato che l’inclusione degli scenari climatici nella definizione delle strategie aziendali è uno degli obiettivi fondamentali che ancora non sono stati raggiunti (pagina iv).

È necessario cioè che vengano approntati più strumenti a disposizione delle aziende per poter visualizzare ed elaborare i dati degli scenari globali. Ne esistono già alcuni: ad esempio CREAT dell’Epa (un tool di valutazione del rischio da eventi meteorologici estremi) e lo U.S. Climate Resilience Toolkit (che fornisce esempi di adattamento, guide alla resilienza e strumenti per la visualizzazione dei dati climatici a disposizione, sia le osservazioni che le previsioni) per gli Stati Uniti; il WRI Aqueduct Atlas (che crea delle mappe personalizzabili ad alta risoluzione del rischio legato all’acqua – alluvioni, siccità, eutrofizzazione, etc.) e Clipc dell’Unione Europea (che permette di creare, combinare e confrontare indicatori di impatto climatico ambientali ed economici). La strada però è ancora lunga.

Fonte: Aqueduct

Più aziende si avvicineranno a questo tipo di approccio, più veloci ed efficaci saranno il percorso e gli sforzi verso una società capace di affrontare il cambiamento climatico con successo, trasformandolo da rischio di regressione in opportunità di crescita.

Elisa Terenghi

Nata a Monza nel 1994, mi sono laureata in Fisica del Sistema Terra presso l’Università di Bologna nel marzo 2019, conseguendo anche l’Attestato di formazione di base di Meteorologo del WMO. Durante la tesi magistrale e un successivo periodo come ricercatrice, mi sono dedicata all’analisi dei meccanismi di fusione dei ghiacciai groenlandesi che interagiscono con l’oceano alla testa dei fiordi. Sono poi approdata a Meteo Expert, dove ho l’occasione di approfondire il rapporto fra il cambiamento climatico e la società, occupandomi di rischio climatico per le aziende.

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