Il prezzo del gas è aumentato notevolmente e la guerra tra Russia e Ucraina rischia di innescare problemi di approvvigionamento. Davanti a una situazione del genere le tre principali associazioni ambientaliste italiane,- Greenpeace, Legambiente e WWF -, sottolineano con forza la necessità di reagire in maniera strutturale, con un occhio sempre rivolto al futuro e soprattutto evitando false soluzioni che non fanno altro che rimandare il problema. Le associazioni considerano “inammissibile” la possibilità, non esclusa dal presidente del Consiglio Mario Draghi, di riaprire le centrali a carbone per compensare l’eventuale calo delle importazioni di gas dalla Russia. La soluzione – affermano -, “sono le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica“.
Davanti alla possibilità di riaprire le centrali a carbone, le tre associazioni ambientaliste reagiscono con veemenza sottolineando a più riprese quanto il carbone non possa essere la soluzione né a breve né a lungo termine. Le soluzioni vere e strutturali sono già alla nostra portata, sottolineano, e si chiamano energie rinnovabili ed efficienza energetica. In tempi di carenza energetica, è chiarissimo che la necessità deve essere proprio quella di usare l’energia al meglio e risparmiarla. Attenzione però, non deve essere una scelta del momento ma una soluzione strutturale e a lungo termine.
«Questa dovrebbe essere la priorità assoluta, con l’obiettivo di approvvigionarci interamente da fonti rinnovabili entro il 2035». «Se gli operatori energetici si dichiarano in grado di installare 60 GW di rinnovabili in 3 anni, a patto che si velocizzino al massimo le pratiche autorizzative – proseguono Greenpeace, WWF e Legambiente -, sarebbe davvero assurdo che dal Governo non si cogliesse la palla al balzo e non si mettesse su una task force per individuare le modalità e aiutare la pubblica amministrazione a dare risposte alle richieste pendenti».
L’appello delle associazioni ambientaliste mette in guardia sulla falsa soluzione del gas nazionale, definita una via non percorribile. Anche sommando tutte le riserve nazionali, comprese quelle di difficile estrazione per costi economici ed energetici non sostenibili, l’Italia avrebbe al massimo riserve di gas per 111,588 miliardi di m3. Dal momento che il nostro paese consuma circa 75-76 miliardi di m3 /anno, anche sfruttando tutte le riserve – scenario poco realistico -, queste sarebbero in grado di coprire appena un anno e mezzo della domanda di gas nazionale.
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Le tre associazioni definiscono dunque “inammissibile” la soluzione delle centrali a carbone poiché l’Italia si gioca la sua credibilità nonché molte delle sue riduzioni di gas serra necessarie per rispettare l’impegno di chiudere tutte le centrali a gas entro il 2025. “Le centrali a carbone vanno chiuse senza e senza ma”, non solo perché si tratta di un killer di clima, salute ed attività economica ma anche perché va in contrasto con la sofferenza di tutte quelle persone che combattono nei posti in cui le centrali insistono.
WWF, Greenpeace e Legambiente definiscono una soluzione “facile”, ma non in termini positivi, quella di incrementare le infrastrutture per il gas. Sarebbe uno spreco di risorse immobilizzate in un combustibile fossile – dicono -, quando invece si dovrebbe pensare ad accelerare la decarbonizzazione. Inoltre, sottolineano, non si tratta solo di una questione ambientale ma anche economica: al momento in Italia esistono infatti strutture sovradimensionate con rigassificatori che vanno a finire in bolletta perché sottoutilizzati. Va da sé che investire in nuovi rigassificatori significherebbe perdere ulteriori risorse economiche che invece possono essere destinate alla transizione energetica. Per Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia ci troviamo a un bivio davanti al quale “non dobbiamo assolutamente scegliere la strada di spendere tanto per perpetuare i problemi attuali, bensì imboccare decisamente la strada del futuro“.
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