Continuano ad arrivare segnali preoccupanti dalla Corrente del Golfo, uno dei punti cardine dell’equilibrio climatico del Pianeta. Una nuova ricerca pubblicata su Nature ha riscontrato “una quasi completa perdita di stabilità nell’ultimo secolo” delle correnti (AMOC). Il termine, come ci aveva spiegato il meteorologo Lorenzo Danieli, viene utilizzato spesso per riferirsi al grande “nastro trasportatore” dell’Oceano Atlantico che si chiama AMOC (Atlantic meridional overturning circulation, ovvero “capovolgimento meridionale della circolazione atlantica). Si tratta della circolazione termoalina che coinvolge le acque superficiali e profonde dell’intero oceano. In realtà la Corrente del Golfo rappresenta solo una parte di questo grande sistema, e nello specifico il suo ramo superficiale e settentrionale.
Questa circolazione atlantica trae origine all’altezza del Golfo del Messico dalla formazione di una corrente di acque più calde e salate in risalita verso nord: quando raggiungono l’Atlantico settentrionale si raffreddano e di conseguenza vanno più in profondità, per poi tornare a scorrere verso Sud.
Un ulteriore indebolimento. o peggio un collasso, della Corrente del Golfo potrebbe avere conseguenze catastrofiche, con ripercussioni sulle piogge monsoniche in India (precipitazioni preziose per l’agricoltura e per il fabbisogno alimentare di un miliardo di persone) ma anche per il Sud America e l’Africa occidentale. Si potrebbero anche verificare un aumento delle tempeste e un drastico calo delle temperature in Europa. Nel Nord America si andrebbe incontro a un anomalo innalzamento del livello del mare. Aumenterebbero inoltre i rischi per la foresta pluviale amazzonica e le calotte glaciali antartiche.
La complessità del sistema AMOC e l’incertezza sui livelli del futuro riscaldamento globale rendono impossibile per ora prevedere la data di un’eventuale crisi della Corrente del Golfo. Potrebbe verificarsi tra dieci o vent’anni o anche oltre. Resta il fatto che l’impatto globale di un suo collasso avrebbe comporterebbe un effetto domino sull’equilibrio del nostro Pianeta.
“I segni di destabilizzazione già visibili sono qualcosa che non mi sarei aspettato e che trovo spaventoso”, ha affermato al Guardian Niklas Boers, dell’Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico in Germania, che ha svolto la ricerca. “È qualcosa che non si può permettere che accada.”
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