Ambientalisti e comunità locali in Sudafrica hanno sconfitto la Shell, il gigante del petrolio, dopo una battaglia legale che si è protratta per mesi.
La multinazionale britannica aveva infatti in programma di cercare giacimenti di petrolio e gas lungo la Wild Coast, la costa orientale del Sudafrica, un territorio selvaggio che si estende per circa 300 chilometri lungo l’Oceano Indiano e ospita numerose riserve naturali e aree marine protette.
La ricerca dei combustibili fossili avrebbe dovuto essere portata avanti con la cosiddetta esplorazione sismica, un processo che consiste nel trasmettere onde d’urto contro la crosta terrestre per registrarne la reazione e individuare eventuali giacimenti di gas o petrolio. Nello specifico, secondo quanto riferisce Africanews il piano della Shell era quello di inviare una potente onda d’urto ogni dieci secondi da imbarcazioni dotate di cannoni ad aria compressa, prendendo di mira un’area di 6 mila chilometri quadrati. Le conseguenze avrebbero potuto essere devastanti per la biodiversità e i mezzi di sussistenza delle comunità locali. Tra le specie più minacciate anche balene e delfini, che «sarebbero stati soggetti a esplosioni sismiche assordanti ogni 10 secondi», spiega Greenpeace in una nota.
A fermare il gigante sono stati gli attivisti e le comunità locali, che hanno portato il caso in tribunale. Il progetto era stato sospeso dalla giustizia sudafricana già nel dicembre 2021, e la Shell aveva dovuto ritirare le proprie navi da ricerca fuori dalle acque territoriali del paese a gennaio.
A inizio settembre, poi, l’Alta Corte di Makhanda ha confermato lo stop stabilendo che l’autorizzazione era stata concessa inizialmente per vie illegali. Nella sentenza il giudice ha anche sottolineato il ruolo fondamentale che l’oceano ricopre per la vita e la sopravvivenza delle comunità costiere del paese: «Le comunità ricorrenti sostengono di avere doveri e obblighi verso il mare e le altre risorse comuni, come la nostra terra e le nostre foreste; spetta a loro proteggere le risorse naturali, compreso l’oceano, per le generazioni presenti e future; l’oceano è il luogo sacro in cui vivono i loro antenati e quindi hanno il dovere di garantire che non siano disturbati».
«È una vittoria per le persone che in tutta l’Africa e ovunque lottano per un pianeta migliore, contro industrie inquinanti e distruttive», commenta Greenpeace.
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