Inquinamento

Api ricoperte dalle microplastiche

Studiosi dell'università di Madrid rivelano che questi insetti sono sempre più spesso coperti di microplastiche e non di polline

Uno studio guidato da Carlos Edo dell’università di Madrid, pubblicato su Science of the Total Environment, rivela che sia le api domestiche che quelle selvatiche sono sempre più spesso coperte non di polline ma di microplastiche. Più volte abbiamo già trattato di queste piccole particelle di plastica che inquinano i nostri mari e oceani e che si chiamano così perché hanno un diametro compreso in un intervallo di grandezza che va dai 330 micrometri e i 5 millimetri. La loro pericolosità per la salute dell’uomo e dell’ambiente è dimostrata da molti studi scientifici, con i danni più gravi riscontrati soprattutto negli habitat marini e acquatici. La plastica si discioglie impiegandoci diversi anni e fintanto che è in acqua può essere ingerita e accumulata nel corpo e nei tessuti di molti organismi. Secondo il recente studio, le api interagiscono con l’ambiente all’interno della loro area di foraggiamento e portano con sé gli inquinanti. In particolare le api operaie possono agire come campionatori attivi di microplastiche.

Abbiamo raccolto api da apiari situati nel centro di Copenaghen e dalle vicine aree semiurbane e rurali. Abbiamo riscontrato la presenza di microplastiche in tutte le posizioni campionate per lo più sotto forma di frammenti (52%) e fibre (38%) con diametro medio equivalente di 64 ± 39 μm per le fibre e 234 ± 156 μm per i frammenti. Il carico più elevato corrispondeva agli apiari urbani, ma un numero comparabile di microplastiche è stato trovato negli alveari delle aree suburbane e rurali, il che può essere spiegato dalla presenza di insediamenti urbani all’interno della fascia foraggera delle api operaie e dalla facile dispersione di piccole microplastiche ad opera del vento. I nostri risultati hanno dimostrato la presenza di microplastiche attaccate al corpo delle api e aprono un nuovo percorso di ricerca al loro uso come biocampionatori attivi per l’inquinamento antropogenico.”

Foto di cverkest da Pixabay

Frammenti di plastica sono stati ritrovati più o meno ovunque, dai ghiacci dell’Antartide alle Galapagos; il team di ricerca ha voluto quindi mettere alla prova un’ipotesi relativa alle api, il cui corpo è coperto di peli che durante il volo si caricano elettrostaticamente. Trattengono in questo modo il polline che raccolgono quando si nutrono e lo diffondono nell’ambiente ma questa caratteristica porta a trattenere anche altre particelle come le famigerate microplastiche. Per verificarlo sono state analizzate in particolare le api operaie che più si allontanano dall’alveare.

Le microplastiche sono onnipresenti e il loro campionamento è un compito difficile. Le api interagiscono con l’ambiente all’interno della loro area di foraggiamento e portano con sé gli inquinanti. In questo lavoro abbiamo dimostrato per la prima volta che le api operaie possono agire come campionatori attivi di microplastiche. L’analisi micro-FTIR (selettiva e particolarmente utile per lo studio di campioni di piccole dimensioni e per gli studi di campioni stratigrafici di particelle complesse) ha confermato la presenza di tredici polimeri sintetici, il più frequente dei quali era il poliestere seguito dal polietilene e dal cloruro di polivinile”.

Foto di Iris Hamelmann da Pixabay

Leggendo i risultati dell’analisi si scopre che una particella su sei tra quelle presenti sul corpo di un’ape è una qualche forma di microplastica: un frammento o una fibra. Il 52% di tutto il materiale rinvenuto, in particolare, è un frammento, derivato dalla disgregazione di un oggetto più grande mentre tra le fibre domina il poliestere. Le api di città trasportano più microplastiche rispetto a quelle di campagna ma la differenza in termini quantitativi è minima, tanto che secondo gli scienziati, questo sarebbe un segno dell’importanza del vento nella dispersione di questi inquinanti. Lo studio però non è riuscito a determinare precisamente l’origine di queste particelle inquinanti o quale effetto possano avere sulla salute degli insetti e su ciò che producono. Secondo gli autori lo studio delle microplastiche sul corpo di un’ape potrebbe diventare un valido strumento di analisi dell’inquinamento di una determinata area.

Stefania Andriola

Lavoro in redazione da febbraio 2010. Mi piace definirmi “giornalista, scrittrice e viaggiatrice”. Adoro viaggiare, conoscere culture diverse; amo correre, andare in bicicletta, fare lunghe passeggiate ma anche leggere un buon libro. Al mattino mi sveglio sempre con un’idea: cercare di aggiungere ogni giorno un paragrafo nuovo e interessante al libro della mia vita e i viaggi riempiono le pagine che maggiormente amo. La meteorologia per me non è solo una scienza ma è una passione e un modo per ricordarmi quanto siamo impotenti di fronte alle forze della natura. Non possiamo chiudere gli occhi e dobbiamo pensare a dare il nostro contributo per salvaguardare il Pianeta. Bastano piccoli gesti.

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