I ghiacci e i ghiacciai dell’emisfero settentrionale sono usciti provati dal caldo dell’estate del 2020. Il rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Meteorologia (WMO), realizzato con il contributo di diversi partner, ha portato alla luce una situazione piuttosto drammatica.
Nelle regioni artiche le temperature stanno aumentando più velocemente rispetto al resto del mondo. Un problema per le ricadute che questa tendenza potrà avere sul declino del ghiaccio marino. Nell’estate 2020 sono caduti diversi record di caldo. Il 20 giugno nella località di Verkhoyansk è stata registrata per la prima volta in assoluto la temperatura di 38°C oltre il circolo polare artico. E prima di raggiungere questo picco, nella stessa stazione meteorologica le temperature hanno superato i 30 gradi per ben 10 giorni consecutivi. A luglio è stato il turno delle Svalbard e del Canada più settentrionale, con il nuovo record di temperatura massima di 21,7°C raggiunto a Longyearbyen e di 21,9°C alla stazione di Eureka a Nunavut.
Il grande caldo è stato accompagnato da una serie di vasti incendi che hanno colpito diverse zone della Russia, una forte riduzione dell’estensione della banchisa e il collasso di uno delle ultime piattaforme di ghiaccio intatte del Canada, il Milne Ice Shelf. Tra il 30 e il 31 luglio una parte del Milne Ice Shelf si è frantumata: la piattaforma ha perso in poche ore il 43% della sua superficie.
Secondo i bollettini del National Snow and Ice Data Ceter (NSIDC), a luglio l’estensione dei ghiacci artici ha fatto segnare un nuovo record negativo. Al 15 luglio la banchisa di ghiaccio artico si estendeva per 7.51 milioni di chilometri quadrati, ben 330.000 in meno rispetto al record precedente del 2011. Nella prima metà di luglio il ghiaccio si è fuso ad un ritmo di 146.000 chilometri quadrati al giorno, decisamente più veloce rispetto alla media 1981-2010 di 85.900 km2 al giorno. Nel mese di agosto il ritmo di fusione, fortunatamente, è diminuito. L’estensione media del mese è stata di 5.08 milioni di chilometri quadrati, la terza più bassa mai registrata ad agosto. Tra l’agosto del 1979 e quello del 2020 i ghiacci marini artici si sono ridotti di 3.15 milioni di chilometri quadrati.
Anche i ghiacciai alpini sono in sofferenza. Le temperature sulle Alpi sono aumentate di 2 gradi durante il ventesimo secolo. Questa accelerazione dell’aumento delle temperatura, spiega la WMO, è dovuta principalmente alla riduzione della superficie coperta da neve e ghiaccio. Ad inizio luglio sono stati registrati 40.4°C nella località francese di Ayze, nel cuore del massiccio del Monte Bianco. Ad inizio agosto si sono raggiunti i 5°C a 4000 metri di altezza sopra Courmayeur.
Il ghiacciaio Planpincieux in Valle d’Aosta è a rischio collasso da oltre 2 anni: ad inizio agosto il ghiacciaio stava scivolando a valle ad una velocità di 1 metro per giorno. Ultimo, ma non per importanza, il ghiacciaio della Marmolada che, secondo un recente studio, potrebbe sparire in 20 o 30 anni. In Svizzera il ghiacciaio Turtmann è crollato, facendo precipitare a valle 300 mila metri cubi di ghiaccio.
Secondo la WMO tutte queste perdite saranno difficili da recuperare, soprattutto con queste condizioni climatiche, anzi, se le emissioni di gas serra non dovessero diminuire potrebbero diventare sempre più frequenti. L’impatto di questi piccoli e grandi cambiamenti costituisce un rischio, sia nell’immediato che nel lungo periodo. Ad esempio, episodi di svuotamento improvviso dei laghi glaciali potrebbero dare vita ad alluvioni lampo capaci di mettere a rischio la popolazione e le infrastrutture di molte zone del mondo. La perdita dei ghiacciai non sta solo cambiando il panorama, ma si traduce anche in minori risorse idriche e in un perdite per alcuni settori dell’economia.
Inoltre i ghiacciai e i ghiacci marini sono i principali indicatori del cambiamento climatico in atto, proprio perché più sensibili alla variazione delle temperature. Per questo motivo è importante continuare a monitorare le condizioni di salute della criosfera, un processo che per molto tempo ha fornito dati insufficienti o frammentari per via dei costi elevati, della irraggiungibilità dei luoghi e delle condizioni ambientali proibitive.
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