L’Amazzonia brucia a un ritmo allarmante. Le piogge, che in questo periodo dell’anno dovrebbero inzuppare la foresta pluviale, continuano a scarseggiare rendendo le condizioni del terreno ideali per i cosiddetti megaincendi, ovvero gli incendi che bruciano più di 100.000 acri di terreno o che hanno un effetto insolitamente significativo sulle persone e sull’ambiente.
La fine della stagione secca nel nord dell’Amazzonia ha visto un numero record di incendi che pone l’interrogativo su cosa potrebbe accadere a giugno, quando inizierà la stagione secca nella parte meridionale, ovvero la più estesa, della più grande foresta pluviale tropicale del mondo.
Amazzonia, la siccità è stata resa eccezionale dalla crisi climatica |
Nel mese di febbraio Venezuela, Brasile settentrionale, Guyana e Suriname, che comprendono vaste distese dell’Amazzonia settentrionale, hanno registrato il numero più alto di incendi in qualsiasi mese di febbraio, secondo l’Istituto Nazionale di Ricerca Spaziale del Brasile.
Gli incendi hanno interessato anche gli altipiani andini della Colombia, così come parti del territorio amazzonico di quel paese. I roghi sono stati alimentati da una siccità estrema aggravata dal cambiamento climatico e che potrebbe anche peggiorare a causa degli effetti di un fenomeno meteorologico naturale, noto come El Niño.
Mentre si continuano a bruciare senza sosta combustibili fossili e il Pianeta fa registrare un caldo record senza precedenti, si profila una stagione degli incendi particolarmente estenuante in tutto il mondo. Gravi incendi hanno già devastato gran parte degli Stati Uniti e dell’Australia e una stagione complicata è prevista per il Canada.
Un altro anno di incendi devastanti potrebbe essere particolarmente dannoso per l’Amazzonia, che immagazzina grandi quantità di anidride carbonica negli alberi e nel suolo. Ospita anche il 10% delle piante, degli animali e di altri organismi viventi del pianeta. Se la deforestazione, gli incendi e il cambiamento climatico dovessero peggiorare ulteriormente, vaste porzioni di foresta potrebbero trasformarsi in praterie o ecosistemi indeboliti.
Questo innescherebbe un collasso che potrebbe immettere nell’atmosfera fino a 20 anni di emissioni di carbonio globali. Una volta raggiunto il punto critico, avvertono gli scienziati, potrebbe essere praticamente inutile fare altri tentativi per cercare di limitare il riscaldamento globale.
Nel mese di gennaio gli incendi hanno bruciato quasi 4.000 miglia quadrate di Amazzonia brasiliano, un aumento di quasi quattro volte rispetto allo stesso mese dello scorso anno, secondo i dati di Mapbiomas. Nel mese di febbraio la zona maggiormente colpita dagli incendi è stata quella di Roraima, vale a dire lo stato più settentrionale del Brasile, dove si sono verificati più di due terzi degli incendi dell’intero Paese. Le fiamme hanno bruciato case e raccolti di sussistenza in diversi villaggi indigeni, lasciando una fitta foschia sulle aree rurali e creando una qualità dell’aria pericolosa nella capitale dello stato, Boa Vista.
Secondo i ricercatori, inizialmente la maggior parte di questi incendi è stata appiccata dagli agricoltori che utilizzavano il metodo “taglia e brucia” per consentire la crescita di nuova erba su pascoli degradati o per ripulire completamente terreni recentemente deforestati. Questi roghi, alimentati dalle condizioni secche e dalle temperature torride, bruciano senza controllo diffondendosi diversi chilometri oltre l’area originariamente incendiata.
Solitamente gli incendi imperversano maggiormente nelle foreste boreali più secche del Canada e di altre zone dell’emisfero settentrionale, mentre è molto meno naturale che si verifichino con questa frequenza nell’Amazzonia, molto più umida e quindi in teoria meno favorevole agli incendi. Alcuni degli incendi provocati dall’uomo nell’Amazzonia hanno assunto le caratteristiche dei megaincendi, definiti così perché sono in grado di bruciare più di 100.000 acri di terreno o perché hanno un effetto insolitamente significativo sulle persone e sull’ambiente.
Gli incendi divampati nella regione amazzonica hanno avuto un effetto sorprendente anche sulle emissioni di carbonio. A febbraio, gli incendi in Brasile e Venezuela hanno emesso quasi 10 milioni di tonnellate di carbonio, ossia la quantità più alta mai registrata nel mese e circa quanto la Svizzera emette in un intero anno, secondo i dati del servizio europeo di monitoraggio dell’atmosfera Copernicus.
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