Cambiamenti climatici, un rischio l’eventuale rielezione di Trump

Sono quasi 200 i Paesi che con l’accordo di Parigi si sono impegnati a contrastare l’emergenza climatica e a limitare l’aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2 gradi rispetto alla media dell’era preindustriale. Era stato incluso anche l’obiettivo più ambizioso di arrestare l’aumento della temperatura entro 1,5°C ma, ad appena 5 anni dalla firma dei trattati, ci stiamo già avvicinando pericolosamente a questa soglia.

Oggi, dunque, le speranze di evitare le conseguenze più disastrose della crisi climatica dipendono fortemente dal risultato delle elezioni americane. Mentre gli Stati Uniti hanno firmato l’accordo sotto la guida di Barack Obama, che aveva descritto il Paese come «leader globale nel lotta ai cambiamenti climatici», il cambio di rotta con Trump è stato decisamente netto. Il tycoon, che in questi anni è stato più volte al centro delle polemiche per le sue decisioni controverse e per la diffusione di notizie false relative al clima e ad altri settori della scienza, finora ha già ritirato oltre 100 norme volte a proteggere l’ambiente, compresi i limiti sull’inquinamento emesso da auto e camion, standard di efficienza energetica per le lampadine e un programma che era stato promosso da Obama per contenere le emissioni delle centrali elettriche a carbone.

Ma se questi 4 anni di amministrazione Trump possono ancora essere considerati come una deviazione a breve termine, avverte Sue Biniaz, ex avvocato del dipartimento di stato degli USA che ha partecipato alla redazione dell’accordo di Parigi, «se gli anni diventano 8 è più difficile che si possa tenere insieme la coalizione dei Paesi che si preoccupano» dei cambiamenti climatici.