Il clima ha bisogno di azioni forti e immediate per ribaltare il trend e raggiungere l’obiettivo dello zero netto. Sulla base di questa emergenza, l’associazione ambientalista “A Sud” ha presentato la prima causa climatica italiana, sulla scia di quanto fatto da altri Paesi europei.
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Oltre duecento ricorrenti citano in giudizio lo Stato italiano per l’assenza di politiche ambientali efficaci nel contrasto al cambiamento climatico. La causa legale si inserisce tra i contenziosi climatici promossi dalla società civile in oltre 40 paesi di tutto il mondo.
È la prima volta che la società civile fa causa allo Stato italiano affinché si assuma le sue responsabilità di fronte all’emergenza climatica. Il contenzioso climatico è stato presentato ieri, 5 giugno, all’Hotel Nazionale di Montecitorio. La causa è avviata di fronte al Tribunale Civile di Roma nei confronti dello Stato, rappresentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dei 203 ricorrenti della causa, 24 sono associazioni, 17 minori – rappresentati in giudizio dai genitori -, e 162 adulti. L’azione legale è promossa nell’ambito della campagna di sensibilizzazione intitolata “Giudizio Universale”.
«Oggi scriviamo la pagina italiana della storia del movimento globale per la giustizia climatica», ha affermato la portavoce di “A Sud”, Marica Di Pierri. «Dopo decenni di dichiarazioni pubbliche che non hanno dato seguito ad alcuna azione all’altezza delle sfida imposte dall’emergenza climatica – spiega -, la via legale è uno strumento formidabile per fare pressione sullo Stato affinché moltiplichi i suoi sforzi nella lotta al cambiamento climatico».
Il primo obiettivo della causa climatica è quello di chiedere al Tribunale di dichiarare lo Stato inadempiente nel contrasto all’emergenza climatica, considerando insufficiente l’impegno finora messo in campo affinché possa essere rispettato l’Accordo di Parigi. Un’insufficienza che, secondo le motivazioni del contenzioso climatico, ha come effetto quello di violare numerosi diritti fondamentali. Tra le argomentazioni della causa legale spicca, infatti, la relazione tra diritti umani e cambiamenti climatici e la necessità di riconoscere un diritto umano al clima stabile e sicuro.
In base a ciò che si legge nel comunicato dell’Associazione, le richieste avanzate al giudice sono le seguenti:
In Europa calano le emissioni di gas serra ma non è ancora abbastanza |
Per quanto riguarda la percentuale di riduzione delle emissioni, A Sud si è avvalsa di Climate Analytics, un’organizzazione indipendente per la ricerca sul cambiamento climatico che ha realizzato uno specifico report sulla valutazione dei trend di riduzione delle emissioni nel nostro Paese. Nel rapporto si legge che “seguendo l’attuale scenario delle politiche italiane, ci si attende che le emissioni al 2030 siano del 26% inferiori rispetto ai livelli del 1990. Stando a queste proiezioni del governo, però, l’Italia non riuscirà a raggiungere il suo modesto obiettivo di ottenere una riduzione del 36% entro il 2030 come stimato dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC)”.
“Tra i paesi europei che pianificano il passaggio dal carbone al gas, l’Italia ha il più alto consumo di gas pianificato per gli anni 2020. Sebbene l’Italia stia puntando a una quota del 30% di energia rinnovabile nel consumo finale lordo di energia entro il 2030, non ha attualmente le politiche in atto per raggiungere questo obiettivo”.
A Sud chiude con una considerazione piuttosto forte: “Ad oggi, l’attuale obiettivo dell’Italia rappresenta un livello di ambizione così basso che, se altri paesi dovessero seguirlo, porterebbe probabilmente a un riscaldamento globale senza precedenti di oltre 3°C entro la fine del secolo“.
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