La plastica compostabile in Italia rappresenta una vera e propria truffa per la collettività, tuona Greenpeace. L’Ong ambientalista, nella sua ultima indagine investigativa, ha appurato come i prodotti monouso in plastica compostabile che un normale cittadino getta nell’organico pensando di fare la cosa più giusta, in realtà vanno a finire in impianti totalmente inadeguati e non in grado di garantire la compostabilità. I prodotti in plastica compostabile, alla fine della fiera, finiscono in inceneritore o in discarica, con tanti saluti alla sostenibilità.
In Italia i prodotti monouso in plastica compostabile come piatti, posate e imballaggi rigidi devono essere smaltiti insieme agli scarti alimentari. Tuttavia, secondo i dati del Catasto rifiuti di Ispra, il 63% della frazione organica viene inviato a impianti che difficilmente sono in grado di degradare le plastiche compostabili che alla fine vengono scartate. Il resto viene invece affidato a impianti di compostaggio che operano con tempistiche troppo brevi per poter realmente garantire la compostabilità. Tutto ciò, sottolinea Greenpeace, è un’evidente conseguenza non solo dell’inadeguatezza degli impianti ma anche della distanza tra le condizioni previste nei test per ottenere le certificazioni sulla compostabilità e le reali condizioni con cui operano gli impianti.
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L’indagine di Greenpeace getta ulteriori dubbi sull’operato dell’Italia che da anni sponsorizza la sostituzione delle plastiche ricavate dagli idrocarburi con quelle compostabili, senza però intaccare minimamente la logica del monouso e del suo enorme impatto ambientale.
A questo si aggiungono le recenti deroghe ed esenzioni introdotte dal Governo nel recepimento della Direttiva europea sulle plastiche monouso (SUP) che permette a tutti quei prodotti in plastica destinati ad entrare in contatto con gli alimenti (per esempio piatti e posate) di aggirare il divieto europeo ricorrendo appunto alla plastica compostabile. Tuttavia, in base alla norma comunitaria – scrive Greenpeace -, queste dovrebbero essere vietate al pari delle stoviglie realizzate con plastiche derivate da petrolio e gas fossile. Per tutti questi motivi il nostro Paese rischia seriamente di essere sottoposto a una procedura d’infrazione.
“Considerato i problemi di trattamento delle plastiche compostabili, è incomprensibile che l’Italia continui a incentivare questi materiali. Siamo di fronte a un greenwashing di Stato, che si trasforma in una truffa nei confronti della collettività. Mentre il resto dell’Europa va verso soluzioni basate sulla dematerializzazione del packaging e sull’impiego di prodotti durevoli e riutilizzabili, in conformità con la gerarchia europea di gestione dei rifiuti, in Italia si incentiva il monouso in plastica compostabile. Come dimostra la letteratura scientifica internazionale, i maggiori benefici ambientali si ottengono abbandonando l’usa e getta, indipendentemente dalla tipologia di materiale”, commenta Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento di Greenpeace.
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