Torino ha aderito al Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili (fossil fuel non-proliferation treaty). Finora sono 72 le città che si sono unite al trattato: Torino è la prima città italiana a farlo, e al momento l’unica, ma ci sono tra le altre anche Londra, Los Angeles e la Metropoli della Grande Parigi, che comprende la capitale francese e 130 comuni limitrofi.
Al Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili si sono uniti anche governi nazionali e istituzioni internazionali (tra cui il Parlamento europeo e l’Organizzazione Mondiale della Sanità), organizzazioni internazionali, comprese anche Fridays For Future, Extinction Rebellion e Amnesty International, migliaia di scienziati e attivisti.
L’iniziativa punta a eliminare gradualmente i combustibili fossili e accelerare le soluzioni climatiche. L’idea si ispira al Trattato di non proliferazione nucleare, entrato in vigore nel 1970, che si basa sui 3 principi del disarmo, della non proliferazione e dell’uso pacifico del nucleare. Il Fossil fuel treaty si basa similmente su tre pilastri:
I principali trattati sul clima stipulati finora – come l’Accordo di Parigi – non hanno affrontato in modo diretto la questione dei combustibili fossili. Per questo, secondo i suoi promotori un Trattato contro la proliferazione dei combustibili fossili è necessario per accelerare «una transizione globale ed equa» verso energie ed economie pulite e a basse emissioni.
Quello dell’equità e della giustizia è uno degli aspetti più delicati e richiede che, tra le altre cose, si gestisca la stabilità dei prezzi dell’energia. «Se l’offerta viene ridotta a causa dell’aumento dei costi, dei rischi o dell’incertezza, non possono aumentare né i prezzi né gli incentivi a produrre o investire», avvertono i promotori dell’iniziativa. Ma sottolineano anche che «l’aumento del prezzo e degli incentivi dipende dalla domanda, che dovrebbe diminuire».
Il Trattato contro la proliferazione dei combustibili fossili non sostituirebbe né indebolirebbe gli altri accordi sul clima. Lo scopo è quelli di integrarli: «sosteniamo l’utilizzo dell’UNFCCC e dell’accordo di Parigi per limitare l’approvvigionamento di combustibili fossili» spiegano i promotori, ma «non menzionano i combustibili fossili e non sono adatti allo scopo».
Con 27 voti favorevoli e due contrari, il Comune di Torino ha approvato la Mozione favorevole al trattato internazionale di non proliferazione dei combustibili fossili lunedì 12 dicembre. Così «il Consiglio comunale prende posizione sul tema della crisi climatica ed ecologica», si legge in una nota. L’atto è stato presentato dalla consigliera Sara Diene, di Sinistra ecologista, e impegna la Giunta a:
Inoltre, secondo quanto reso noto dall’ufficio stampa del Comune, il Consiglio comunale di Torino chiede che si passi da impegni formali all’implementazione delle misure di riduzione delle emissioni in base a quanto stabilito durante la COP26 di Glasgow; di sviluppare un sistema di adattamento ai cambiamenti climatici basato sulla scienza e che consideri le esigenze delle comunità più vulnerabili; di definire i meccanismi di supporto finanziario per le perdite e i danni subiti dai Paesi che meno hanno contributo alle emissioni di gas climalteranti e subiscono maggiormente gli effetti del cambiamento climatico; di stabilire meccanismi di finanza climatica chiari e affidabili che consentano ai Paesi in via di sviluppo di adottare soluzioni in linea con l’Accordo di Parigi; di assicurare una transizione ecologica nella quale le comunità più colpite dalle trasformazioni economiche e industriali possano trovare supporto.
La scelta di Torino è stata accolta in modo positivo dagli attivisti e dai movimenti per il clima. Come Fridays For Future, la cui sezione torinese nei giorni precedenti si era attivata per informare i cittadini e nel giorno della votazione ha organizzato un presidio davanti al Municipio.
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