L’Italia, uno dei Paesi più ricchi dal punto di vista della biodiversità, presenta una situazione critica per le specie e gli habitat. Lo rileva l’ultimo rapporto ISPRA sulla biodiversità, prodotto in risposta a direttive e regolamenti europei in materia di biodiversità. Nel rapporto sono stati valutate le condizioni di 336 specie di uccelli, 349 specie animali e vegetali e 132 habitat del nostro stivale e dei mari che lo circondano, insieme a quelle di 31 specie esotiche invasive.
Nonostante flora e fauna da decenni siano soggetti alla tutela ambientale sono in stato di conservazione sfavorevole il 54% della flora e il 53% della fauna terrestre, il 22% delle specie marine e l’89% degli habitat terrestri, mentre gli habitat marini mostrano status favorevole nel 63% dei casi e sconosciuto nel restante 37%.
I risultati relativi all’avifauna mostrano che nonostante il 47% delle specie nidificanti presenti un incremento di popolazione o una stabilità demografica, il 23% delle specie risulta in decremento e il 37% è stato inserito nelle principali categorie di rischio di estinzione. Oltre un terzo delle specie esotiche arrivate in Italia, inoltre, non è oggetto di alcun intervento gestionale finalizzato ad evitare ripercussioni sull’equilibrio faunistico italiano.
Dal Composite Report (EEA, 2020) emerge una situazione preoccupante, soprattutto per l’Italia: numerose specie sono in stato di conservazione sfavorevole, e l’Italia è l’unico Paese in cui queste specie superano il 50%.
L’elevata densità della popolazione e il costante consumo del suolo continuano a fare una forte pressione sulla ricca biodiversità del nostro Paese. L’agricoltura è la principale causa di deterioramento per specie e habitat, seguita dallo sviluppo di infrastrutture e dall’urbanizzazione. A risentire delle pratiche agricole c’è anche l’avifauna, l’insieme delle specie di uccelli del nostro territorio, che ha visto una drastica riduzione delle popolazioni a causa del maggior utilizzo di colture intensive.
A disturbare, invece, le specie marine sono invece le attività di prelievo e le catture accidentali, accompagnate dall’inquinamento, dai trasporti marittimi e dalla costruzione di infrastrutture, che insistono anche sulla maggioranza degli habitat marini, insieme alle attività con attrezzi da pesca che interagiscono fisicamente con i fondali.
Dal rapporto Ispra emerge la necessità di un migliore monitoraggio delle specie e degli habitat, sia in ambito terrestre che in ambiente marino, oltre ad un maggiore impegno nella loro conservazione, tutela e gestione. Tutto questo considerando anche il piano che ha come obiettivo l’indirizzare la biodiversità dell’Europa verso la ripresa entro il 2030, a vantaggio dei cittadini, del clima e del pianeta, rinforzando la resilienza della società rispetto alle minacce future quali: gli effetti dei cambiamenti climatici, gli incendi boschivi, l’insicurezza alimentare e le epidemie – anche proteggendo la fauna selvatica e combattendo il commercio illegale di specie selvatiche.
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