Lo smart working aiuta davvero a ridurre le emissioni di carbonio? Secondo una nuova ricerca, pubblicata dalla rivista accademica Proceedings of the National Academy of Sciences, dipende da come viene organizzato. Dai dati raccolti negli Stati Uniti, ma che possono adattarsi tranquillamente anche a Europa e Giappone, si evince che le persone che lavorano continuamente da remoto producono meno della metà delle emissioni di gas serra degli impiegati. Si prevede, infatti, che i dipendenti americani che lavorano sempre da casa ridurranno le loro emissioni del 54% rispetto ai lavoratori in ufficio. I lavoratori ibridi, vale a dire quelli che lavorano alcuni giorni da casa e altri in ufficio, non hanno ridotto le loro emissioni in modo così drastico.
Lo studio ha rilevato come i viaggi non lavorativi di chi lavora da casa siano aumentati, sia per quanto riguarda gli autoveicoli che gli aerei. Inoltre, la pandemia da Covid-19 ha rivoluzionato lo smart working: negli Stati Uniti e altrove, molte persone si sono trasferite da “zone di pendolarismo ad alta densità”, relativamente vicine alle principali città e uffici, a “zone di pendolarismo a bassa densità”, dunque più rurali. Secondo lo studio, ciò potrebbe comportare distanze di pendolarismo più lunghe per i lavoratori ibridi e quindi una maggiore impronta di carbonio dovuta al maggior utilizzo di veicoli privati.
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