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La rivoluzione della moda circolare passa da Milano: i risultati dei progetti pilota del Monitor for Circular Fashion SDA Bocconi

Una moda che rigenera, non consuma significa maggiore competitività per le aziende, capi più duraturi per i consumatori e un futuro meno inquinato

Milano, la capitale italiana della moda, non è solo passerelle scintillanti e sfilate mozzafiato: è anche un laboratorio vivo di innovazione sostenibile. Lo ha dimostrato l’evento del 30 settembre 2025, quando il Monitor for Circular Fashion di SDA Bocconi School of Management ha ospitato la presentazione dei risultati di 3 progetti pilota innovativi, sviluppati nell’ambito di Musa Spoke 5, l’hub dedicato alla sostenibilità in moda, lusso e design, finanziato dal PNRR. Questi progetti rappresentano un passo concreto verso una transizione ecologica nel settore fashion, allineandosi alle strategie europee per un’economia circolare. In un’industria che genera il 10% delle emissioni globali di gas serra, grazie a catene di fornitura complesse e processi produttivi energivori, tali iniziative non sono solo un trend ma una necessità urgente.

Cos’è il Monitor for Circular Fashion?

Dopo il lancio ufficiale del progetto R4MilanoEcosystem, la piattaforma digitale multi-stakeholder che include i primi progetti pilota dedicati alla sostenibilità nella moda e nel design, il percorso verso una Milano capitale dell’innovazione circolare prosegue. Lanciato nel 2021 dal Sustainability Lab di SDA Bocconi in partnership con Enel X, il Monitor for Circular Fashion è il primo osservatorio italiano dedicato alla circolarità nel settore moda. Coinvolge 27 aziende leader, fornitori della filiera e istituzioni come la Commissione Europea e EURATEX.  Il suo obiettivo è quello di identificare oltre 40 “Key Performance Indicators” specifici per misurare la circolarità, testandoli su progetti reali. Basandosi su principi come durabilità, riutilizzabilità, riparabilità e riciclabilità, ispirati al Regolamento UE sull’Ecodesign per Prodotti Sostenibili, promuove un approccio olistico che copre l’intero ciclo di vita dei prodotti, dalla progettazione alla fine uso.

 

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La Bocconi in pole position

L’evento del 30 settembre tenutosi nella sede milanese di SDA Bocconi, ha riunito manager, esperti e policymaker per discutere non solo dei risultati ma anche di come allineare le strategie aziendali alle nuove normative europee: dall’Ecodesign alla Digital Product Passport, passando per la Direttiva sulla Due Diligence e la Nature Restoration Law. Francesca Romana Rinaldi, direttrice del Monitor, ha sottolineato: “Presentare questi risultati significa creare un dialogo concreto tra PMI e grandi aziende, favorendo un sistema fashion più inclusivo e sostenibile“.

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I tre progetti pilota: innovazione concreta contro lo spreco

I progetti pilota sviluppati da Musa Spoke 5 hanno testato soluzioni pratiche per ridurre l’impatto ambientale, promuovendo materiali rigenerati, riparazioni a basso impatto e modelli di consumo collaborativo. Eccoli elencati:

  1. Materiali rigenerati: dal rifiuto al valore. Si concentra sulla trasformazione di scarti tessili in nuovi prodotti. Ad esempio, il protocollo “Think Leather”, collaborativo tra HModa, GAB Group, Seriscreen e la cooperativa sociale Progetto QUID, ha convertito ritagli di pelle in portapenne e altri oggetti d’arredo. Questo approccio non solo riduce i rifiuti, il settore moda ne produce 92 milioni di tonnellate annue a livello globale, ma crea anche valore sociale, coinvolgendo cooperative che impiegano donne in situazioni di vulnerabilità. Un modello quindi scalabile che integra circolarità e inclusione, con KPIs che misurano il tasso di riciclo e l’impatto sociale
  2. Riparazioni a basso impatto: estendere la vita dei capi. 
Punta sulla riparabilità, un pilastro del Green Deal europeo. Attraverso piattaforme digitali come t!Journey di Temera, i partecipanti hanno testato servizi di repair che tracciano l’intero ciclo di vita dei prodotti, riducendo la necessità di nuove produzioni. Immaginate un abito che invece di finire in discarica dopo pochi utilizzi, viene riparato e rivitalizzato: qui entrano in gioco tecnologie come i Digital Product Passport che i consumatori stanno iniziando ad apprezzare per la loro trasparenza su manutenzione e resale. I dati preliminari mostrano una riduzione del 30-40% nelle emissioni associate a questi processi
  3. Consumo collaborativo: condividere per durare.“La biblioteca degli oggetti” all’Università Bocconi incoraggia studenti e comunità a prestare oggetti di uso occasionale, da elettronica ad accessori moda, evitando acquisti superflui. Questo modello di sharing economy, testato su scala campus, ha dimostrato di poter tagliare gli sprechi del 20% tra i partecipanti, promuovendo una mentalità circolare fin dalla formazione. È un esempio perfetto di come l’educazione e l’innovazione locale possano scalare a livello urbano
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Questi progetti non sono isolati: fanno parte di un ecosistema più ampio, con 14 iniziative nel Manifesto 2024 del Monitor, di cui 4 nuove, che allineano il settore alle strategie della Textile Transition Pathway della Commissione Europea.

Il capoluogo lombardo all’avanguardia: verso “Milano Circolare 2025”

Milano non si ferma: la presentazione anticipa la terza edizione di Milano Circolare, in programma il 3 novembre 2025 al Base Milano, dove istituzioni, università e aziende dibatteranno di circolarità urbana in moda e design. In un contesto di regolamentazione sempre più stringente, dal divieto di distruzione dell’invenduto al rafforzamento della tracciabilità, la città lombarda si posiziona come guida globale.

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Una moda che rigenera, non consuma

La rivoluzione della moda circolare non è un’utopia lontana: passa da Milano, da eventi come quello del Monitor for Circular Fashion e da progetti che trasformano sfide in opportunità. Per le aziende significa non solo compliance ma competitività, per i consumatori capi più duraturi, etici e per il Pianeta un futuro meno inquinato. Mentre il settore affronta la pressione del Green Deal, iniziative come queste dimostrano che l’Italia e Milano in primis, può dettare il ritmo del cambiamento.

Stefania Andriola

Lavoro in redazione da febbraio 2010. Mi piace definirmi “giornalista, scrittrice e viaggiatrice”. Adoro viaggiare, conoscere culture diverse; amo correre, andare in bicicletta, fare lunghe passeggiate ma anche leggere un buon libro. Al mattino mi sveglio sempre con un’idea: cercare di aggiungere ogni giorno un paragrafo nuovo e interessante al libro della mia vita e i viaggi riempiono le pagine che maggiormente amo. La meteorologia per me non è solo una scienza ma è una passione e un modo per ricordarmi quanto siamo impotenti di fronte alle forze della natura. Non possiamo chiudere gli occhi e dobbiamo pensare a dare il nostro contributo per salvaguardare il Pianeta. Bastano piccoli gesti.

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