InquinamentoSalute del pianetaTerritorio

Il DDT colpisce ancora dopo 50 anni dalla sua messa al bando

Il potente antiparassitario è stato bandito più di mezzo secolo fa, ma la sostanza tossica persiste negli ecosistemi lacustri e continua a influenzare negativamente le catene alimentari

Il Dicloro-Difenil-Tricloroetano, da cui la sigla DDT, fu il primo insetticida moderno ed è senz’altro il più conosciuto: venne usato a iniziare dal 1939, ma è verso la metà del XX secolo, che i gestori delle foreste nordamericane iniziarono a utilizzarlo per combattere gli attacchi di parassiti. Per più di due decenni, la sostanza chimica fu spruzzata liberamente dagli aeroplani sui rami di alberi colpiti da verme di abete rosso, un parassita distruttivo della conifera. Già nel 1950 la Food and Drug Administration statunitense iniziò a riconoscere che «con tutta probabilità i rischi potenziali del DDT sono stati sottovalutati», ma solo a seguito delle forti proteste per i suoi effetti nocivi sulla fauna selvatica che si arrivò alla sua messa al bando nel 1972 (nel 1978 anche in Italia). Sebbene siano passati quasi 50 anni dal divieto di un suo utilizzo, il DDT e i suoi sottoprodotti risultano ancora attivi nell’ambiente.

«Quello che è stato considerato la crisi ambientale di ieri negli anni ’50 e ’70 rimane il problema di oggi», ha affermato in un comunicato stampa Josh Kurek, assistente professore nel dipartimento di geografia e ambiente presso la Mount Allison University. «Decenni di intense applicazioni di insetticidi nelle nostre foreste di conifere hanno lasciato un segno duraturo su questi laghi – e probabilmente su molti altri».

La ricerca e le conseguenze

In questo nuovo studio, gli scienziati hanno raccolto campioni di sedimenti dai fondali di cinque laghi remoti nella parte centro settentrionale del New Brunswick, in Canada. L’analisi dei sedimenti dei laghi ha rivelato, come previsto, livelli elevati di DDT intrappolati negli strati degli anni ’60 e ’70. Ma i ricercatori hanno anche misurato livelli significativi di DDT e dei suoi sottoprodotti tossici nei sedimenti moderni.
Secondo i ricercatori, i livelli di tossine che persistono nei sedimenti moderni superano la soglia per effetti biologici dannosi, principalmente a livello della popolazione e della composizione stessa delle comunità di zooplancton. Gli scienziati hanno misurato, ad esempio, una correlazione tra maggiori livelli di DDT e piccole popolazioni di pulci d’acqua. Precedenti studi hanno collegato la riduzione delle pulci d’acqua all’aumento della produzione di alghe e alla presenza di un minor numero di prede per i pesci.

«Abbiamo imparato molte lezioni difficili dal pesante uso del DDT in agricoltura e silvicoltura», ha dichiarato Karen Kidd, professore alla McMaster University.

«Il più grande è che questo pesticida è stato concentrato attraverso le reti di cibo a livelli che hanno causato un declino diffuso dei predatori in Nord America. La lezione che traiamo da questo studio è che l’uso di pesticidi può causare cambiamenti permanenti negli ecosistemi acquatici»

In Europa il DDT avvelena ancora buona parte dei mari attorno al nostro continente e in particolare il Mediterraneo come dimostra un recente rapporto dell’Agenzia europea dell’Ambiente.

Dmitrij Toscani

Nato a Como, dopo una formazione a carattere scientifico mi sono laureto in Fisica presso l’Università degli studi di Milano con una tesi di modellistica matematica applicata alla diffusione degli inquinanti in atmosfera. Qualche anno fa ho partecipato al progetto europeo LOOP incentrato su un’importante campagna di misurazione dello smog fotochimico in Lombardia. Sono stato speaker in alcuni convegni riguardanti l’inquinamento e la protezione civile. Oltre ad aver scritto articoli su riviste specializzate, sono coautore del “Manuale di Meteorologia”.

Articoli correlati

Back to top button