Clima

Bostrico e cambiamenti climatici: una grave minaccia per le foreste del Nord-Est

Il mix tra fenomeni meteorologici estremi, temperature sempre più elevate e siccità ha avuto sugli alberi effetti devastanti

Il bostrico tipografo o bostrico dell’abete rosso, un minuscolo coleottero di appena 4-5 mm, sta devastando le foreste del Nord-Est aggravando una crisi già innescata dai cambiamenti climatici. Dopo la tempesta Vaia del 2018 che ha distrutto circa 14 milioni di alberi su 20000 ettari di territorio, questo insetto ha trovato le condizioni ideali per proliferare: alberi abbattuti, legno indebolito e temperature in aumento. Nel tempo però non si è più limitato a invadere gli alberi danneggiati attaccando anche quelli sani, mettendo così a rischio interi ecosistemi.

Foto di Stefania Andriola

I danni della tempesta Vaia

La fortissima tempesta mediterranea Vaia ha colpito l’Italia, in particolare il Nord-Est, tra il 27 e il 30 ottobre 2018. Caratterizzata da raffiche di vento a livello uragano, fino a 204 km/h e piogge torrenziali, ha provocato danni devastanti, tra cui l’abbattimento di milioni di alberi, inondazioni, frane e danni infrastrutturali, con conseguenze economiche e ambientali ingenti. Il bostrico è attratto soprattutto dal legno di abete rosso, la specie che ha maggiormente subìto la violenza distruttiva di Vaia. Tornato il bel tempo l’oggettiva difficoltà di rimuovere dal terreno gli alberi abbattuti, ha trasformato la sua presenza endemica in una “infestazione epidemica” iniziata nel 2019 ma esplosa a partire dal 2020. Infestazione che non solo non accenna a diminuire ma che dai territori colpiti si è trasmessa ad aree prima marginalmente o per nulla toccate dagli effetti di Vaia, dove il bostrico ha iniziato ad attaccare gli alberi sani.

Foto di Andrii Photographer da Pixabay

I cambiamenti climatici giocano un ruolo chiave

Il riscaldamento globale ha portato ad avere temperature sempre più alte in estate e inverni sempre più miti. Valori estivi oltre i 20 gradi e temperature poco rigide d’inverno, hanno permesso al bostrico di completare fino a 3 o 4 cicli riproduttivi all’anno, rispetto al singolo ciclo che avevano in passato. Il bostrico muore d’inverno se le temperature scendono sotto i – 30 gradi per un periodo prolungato, perché il freddo estremo congela le larve sotto la corteccia. Tuttavia, nelle regioni del Nord-Est come Veneto o Trentino, le temperature invernali raramente raggiungono valori così bassi, permettendo quindi a molte larve di sopravvivere, contribuendo alla loro proliferazione in primavera.

A questo problematica si è aggiunta la siccità sempre più frequente che ha indebolito gli abeti rossi, la sua specie preferita, rendendola più vulnerabile agli attacchi.

Inoltre l’innalzamento delle temperature permette a questo coleottero di colonizzare altitudini più alte. In passato si trovava tra i 600 e i 1500 metri, dove gli abeti rossi sono più comuni ma si è spinto oltre i 1800 metri, colonizzando aree prima troppo fredde per la sua sopravvivenza.

Foto di janakudrnova da Pixabay

Il bostrico crea danni irreversibili: quando colpisce per l’albero non c’è più nulla da fare

Una volta che il bostrico attacca un albero, è difficile salvarlo perché l’insetto scava gallerie sotto la corteccia, interrompendo il flusso di linfa vitale. Questo blocca il trasporto di acqua e nutrienti, portando alla morte dell’albero in poche settimane. Gli abeti rossi, i più colpiti, non hanno difese naturali efficaci contro infestazioni massive, specialmente se già stressati da siccità o tempeste come Vaia. Anche se si rimuove il bostrico, il danno alle gallerie è irreversibile e l’albero, ormai debole, soccombe spesso a funghi o altri parassiti secondari. Intervenire chimicamente è complicato in grandi foreste e spesso non praticabile. L’unica speranza è la prevenzione o la rimozione rapida degli alberi infetti per limitare la diffusione, ma per l’albero colpito, ormai, è troppo tardi.

Foto di Marek Matecki da Pixabay

Le zone maggiormente colpite

Le aree più danneggiate si concentrano in Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia. In Veneto, province come Belluno, Vicenza e Treviso hanno perso migliaia di ettari di bosco, con il feltrino e l’altopiano di Asiago tra i più colpiti. In Trentino, le valli di Fiemme e Fassa riportano danni estesi, mentre in Alto Adige le infestazioni sono gravi nelle aree di Bressanone e Val Pusteria. In Friuli, le foreste di Tarvisio e Carnia sono sotto attacco, con perdite che impattano l’industria del legno e il turismo.

Foto di Stefania Andriola

L’infestazione ha causato danni economici significativi, con milioni di m³ di legname persi e gravi rischi per la biodiversità delle zone colpite. Per cercare di contenere il fenomeno vengono utilizzate trappole a feromoni per monitorare e catturare gli insetti, si cerca di rimuovere rapidamente gli alberi infetti per evitare la diffusione e sono in atto progetti di riforestazione con specie diverse, come latifoglie, per ridurre la vulnerabilità. Purtroppo ci vorranno anni per recuperare questa devastazione.

Stefania Andriola

Lavoro in redazione da febbraio 2010. Mi piace definirmi “giornalista, scrittrice e viaggiatrice”. Adoro viaggiare, conoscere culture diverse; amo correre, andare in bicicletta, fare lunghe passeggiate ma anche leggere un buon libro. Al mattino mi sveglio sempre con un’idea: cercare di aggiungere ogni giorno un paragrafo nuovo e interessante al libro della mia vita e i viaggi riempiono le pagine che maggiormente amo. La meteorologia per me non è solo una scienza ma è una passione e un modo per ricordarmi quanto siamo impotenti di fronte alle forze della natura. Non possiamo chiudere gli occhi e dobbiamo pensare a dare il nostro contributo per salvaguardare il Pianeta. Bastano piccoli gesti.

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