Il Governo in prima linea contro le fake news: intervista al Prof. Ruben Razzante
"In questo periodo di emergenza covid le notizie false rappresentano un pericolo reale per la salute dei cittadini. La nostra task force valorizzerà in rete i contenuti accertati e documentati"
Una situazione allarmante. Non solo per l’informazione, ma per la salute stessa dei cittadini. È quella rappresentata, in queste settimane, dalle fake news. Se già nell’epoca del digitale le notizie false costituivano un indiscutibile tarlo per il mondo della comunicazione, in tempi di coronavirus esse si sono trasformate in vera e propria minaccia per la salute dei cittadini. Lo sanno bene gli operatori del settore. Lo sa bene il Governo che, proprio per contrastare il diffondersi di notizie non vere in un momento così delicato per la nazione e il mondo intero, ha istituito un’apposita task force formata da otto super-esperti in materia. Il Prof. Ruben Razzante, intervistato da IconaClima in esclusiva, è uno di loro. Docente di diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano ed editorialista de Il Giorno, il Prof. Razzante è stato chiamato direttamente dal Sottosegretario di Stato Andrea Martella a ricoprire l’incarico (a titolo gratuito) all’interno dell’Unità per il monitoraggio contro le fake news proprio in virtù delle sue competenze in materia: autore di molti libri e vari saggi, il Prof. Razzante è fondatore del portale www.dirittodellinformazione.it, punto di riferimento a livello nazionale in materia di veridicità delle notizie.
Prof. Razzante, l’Unità di monitoraggio governativo contro le fake news di cui Lei fa parte nasce in un momento delicatissimo per l’Italia. Di cosa si occuperà, esattamente?
«Innanzitutto Le dico cosa non è questa task foce. La task force anti-fake news non è un ministero della verità, non è una santa inquisizione, e non è neppure un’autority. È invece un gruppo di lavoro di esperti che si interfacceranno con un rappresentante del Ministero della Salute e un rappresentante della Protezione Civile. Ci sarà poi la possibilità che, in occasione di alcune riunioni particolari, venga coinvolto anche un rappresentante dell’Agcom, ossia l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. La nostra task force non si occuperà di fact checking, ossia di controllare ogni singola notizia inventata: metterà bensì a fuoco il fenomeno delle fake news, cercando di individuare criteri, griglie e parametri di valutazione in grado di fornire agli utenti strumenti utili per raggiungere un duplice scopo: da una parte, riconoscere più facilmente e più velocemente le fonti riconducibili a canali ufficiali e istituzionali, e quindi le notizie fondate su evidenze scientifiche, dall’altra, “scovare” più rapidamente le fake news, in modo contrastarle ed emarginarle nella rete. Non parliamo di notizie scomode, da censurare, o altro. Intendiamo tutte quelle notizie che ciascuno di noi, in questi giorni di emergenza, ha ricevuto e che provengono da fonti non documentate, non accertate, di dubbia riconducibilità. Penso alle notizie che ci arrivano su WhatsApp e nelle varie chat. Ecco, noi cerchiamo di fornire agli utenti strumenti per riconoscere più facilmente proprio queste notizie non fondate su evidenze scientifiche e non riconducibili a istituzioni accreditate. Quindi nessuna censura, nessun intervento sulle opinioni: soltanto uno studio approfondito sulle news per trasmettere criteri metodologici di valutazione. Ma sempre, rigorosamente, senza entrare nel merito».
La vostra Unità di monitoraggio si focalizzerà su un gruppo specifico di fake news legate al tema covid. Quali?
«La task force di cui faccio parte, effettivamente, non si occuperà di tutte le fake news. Studieremo invece quelle notizie false che vanno a incidere direttamente sui comportamenti delle persone. Quindi, in ultima analisi, quelle news che determinano l’osservanza o meno delle misure di contenimento. A noi interessa fare chiarezza per valorizzare in rete i contenuti di pubblica utilità acclarati, accertati e documentati: tutti i contenuti, insomma, che hanno un fondamento e un’evidenza scientifica».
In un periodo di emergenza sanitaria come quello che stiamo vivendo, quale peso assumono le fake news?
«In periodi come questo le fake news rappresentano un pericolo decisamente amplificato rispetto a una situazione ordinaria. Le notizie inventate, in questo caso, vanno infatti a incidere direttamente sui comportamenti delle persone. Prima del coronavirus, le fake news potevano condurre a comportamenti non corretti, per esempio nell’ambito dell’alimentazione, dell’attività fisica o quant’altro. Adesso, invece, si va a toccare direttamente il diritto alla salute. In queste settimane c’è il rischio che le persone, sulla scia di notizie infondate sul tema covid, si comportino in maniera totalmente sbagliata, mettendo in serio pericolo la loro salute e quella degli altri. In una fase storica di minaccia diretta per la salute delle persone come quella che stiamo vivendo ora, l’elemento informativo diventa un fattore decisivo per la tutela al diritto alla salute. Ecco, dunque, che la mia task force lavorerà per rintracciare tutte le news che, diffuse da soggetti non istituzionali, indicano modalità di comportamento difformi da quelle indicate dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Organizzazione Mondiale di Sanità».
A proposito di notizie diffuse da soggetti istituzionali e non, esaminiamo un esempio concreto. Nei giorni scorsi la storica Università di Harvard ha pubblicato uno studio sulla connessione tra inquinamento atmosferico e mortalità da coronavirus. Tale ricerca evidenzia come questo legame sia strettissimo: l’incremento di un solo μg/m3 di particolato (PM2.5 ) nell’aria determinerebbe, secondo gli studiosi americani, un aumento del 15% della probabilità di morte per covid. Come comportarci, per esempio, di fronte a una simile notizia?
«Se questa notizia non viene in alcun modo presa in considerazione dalle istituzioni mondiali deputate allo studio del covid e se non trova conferme da parte di altri centri di ricerca (dunque se, in pratica, navigando in rete non troviamo altre conferme di questa notizia) significa che ci troviamo di fronte a una delle tante teorie che non hanno al momento alcun fondamento scientifico. Nel momento in cui è soltanto un centro di ricerca o un istituto universitario a fornire una spiegazione scientifica, non abbiamo elementi sufficienti per affermare che tale notizia è stata certificata dal punto di vista di autorità nazionali sulla salute. Io, pertanto, sospenderei il giudizio. Nel caso specifico dell’Università di Harvard, pertanto, serve la conferma da parte delle organizzazioni e delle istituzioni titolate a dettare comportamenti sulla salute indirizzati alla collettività o, ancora, la convergenza di altri istituti di ricerca o università».
In queste settimane la notizia secondo cui l’arrivo delle piogge porterebbe a un miglioramento nell’ambito dei contagi da covid sta facendo il giro del web. A tal proposito, la nostra esperta Serena Giacomin ha affermato, senza esitazioni: “Trovo molto irresponsabile il comportamento di alcuni colleghi meteorologi che hanno dichiarato come l’arrivo delle piogge possa migliorare la situazione dei contagi da coronavirus: non solo sono affermazioni mendaci, ma possono avere un effetto tranquillizzante ingiustificato, quando invece è fondamentale mantenere elevata la soglia di attenzione dal punto di vista igienico-sanitario. Qualsiasi informazione falsa, nel contesto di emergenza sanitaria che ci troviamo ad affrontare con estrema difficoltà, è da condannare con decisione”. Lei, Prof. Razzante, concorda?
«Certo. Questo è un ottimo esempio di notizia che rischia di influenzare negativamente i comportamenti delle persone. Al pensiero “con la pioggia si risolve tutto” si associa direttamente l’altro pensiero “se piove non serve più chiudersi in casa e non è più necessario rispettare le norme”. Capisce la pericolosità di tutto questo? Si tratta di un tipico esempio di fake news che, se non è validata da una delle istituzioni che citavo prima, certamente va segnalata agli utenti come notizia non attendibile. Una notizia, insomma, da non classificare come certificata e riconducibile a fonti istituzionali e ufficiali».
IconaClima tratta tematiche legate soprattutto al clima e all’ambiente. Spesso in questi ambiti ci troviamo di fronte ai due poli opposti: da una parte il complottismo, dall’altra il negazionismo (un esempio su tutti: coloro che negano il cambiamento climatico). Come fare in tal caso? Come può l’utente capire dove sta realmente la verità e come possono operare gli specialisti del settore?
«Per quanto riguarda i cittadini, anche in questo caso vanno valutate le fonti ufficiali e istituzionali, cercando poi conferme in rete: internet ci offre una miriade di informazioni e ci consente di fare ottime verifiche. Bisogna fare, insomma, tutti i controlli incrociati possibili. Il secondo punto riguarda l’informazione professionale. In ambito scientifico più che in altri settori, il giornalismo professionale riveste un ruolo delicatissimo. Sussiste una differenza abissale tra contenuti divulgati ad arte, in modo strumentale e con dolo, al fine di perseguire altri subdoli interessi che a noi sfuggono, e l’informazione professionale: quest’ultima, infatti, è prodotta da giornalisti che si impegnano a rispettare una precisa deontologia anche in ambito scientifico e si adoperano, quindi, per valutare la verità dei fatti sulla base del criterio di essenzialità, del controllo delle fonti, etc. Il giornalismo professionale in ambito scientifico rappresenta una garanzia: un giornalista iscritto all’Ordine si impegna a fondo nel valutare tutte le fonti perché sa che, se scrive una falsità, non rischia soltanto dal punto di vista penale e civile, ma anche dal punto di vista deontologico e disciplinare. L’utente, in ultima analisi, dovrebbe cercare di capire se l’autore di un articolo scientifico è un giornalista o no: soltanto il primo può garantire a priori il rispetto dei principi della deontologia».
A fronte delle innumerevoli richieste da parte delle istituzioni e degli utenti, Lei ha fondato www.dirittodellinformazione.it, portale anti-fake news che vanta un comitato scientifico d’eccellenza (tra i membri, il Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano Vinicio Nardo, il Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia Alessandro Galimberti, il Presidente di Gidp-Associazione Nazionale Direttori Risorse Umane Paolo Citterio, etc.). Cosa si propone, esattamente, questo suo portale?
«Nel comitato scientifico, oltre ai nomi che Lei ha citato, ci sono anche molti uomini del mondo delle aziende e anche delle piattaforme (Google e Facebook, ad esempio). Lo scopo è duplice: da una parte, trattare notizie che riguardano il mondo dell’informazione con un approccio assolutamente neutrale: non prendiamo posizioni, ma ospitiamo le opinioni di tutti. Dall’altra, trattare con un linguaggio divulgativo e alla portata di tutti contenuti giuridici, tecnici: tematiche che, così, vengono messe a disposizione del grande pubblico, proprio perché la rete è il luogo di tutti. Ritengo fondamentale che ciascuno capisca come poter tutelare efficacemente i propri diritti in rete. La sfida, dunque, è questa: garantire neutralità e, al contempo, semplicità del linguaggio. In queste ultime settimane, in particolare, il portare è seguitissimo: abbiamo inserito due sezioni dedicate all’emergenza coronavirus che, con un aggiornamento quotidiano, chiariscono agli utenti gli effetti che l’emergenza covid sta provocando sia sul mondo della comunicazione che su quello professionale in generale. Una gratificazione profonda, questa, e la testimonianza che stiamo percorrendo la strada giusta».