Nell’affrontare queste scelte, oggi, ci sono elementi che non possono più non essere tenuti in considerazione: la crisi climatica, il nostro debito con il Pianeta, le instabilità politiche e le diseguaglianze sociali ed economiche. La pandemia ha acuito le distanze sociali e sottolineato l’indissolubile legame tra ambiente e salute, ponendoci di fronte a nuove e profonde riflessioni sul nostro modo di prevenire, affrontare e gestire le crisi, sul nostro modo di comunicare il cambiamento e soprattutto sul nostro modo di vivere il pianeta e la collettività.
How will we live together? è il titolo della Biennale Architettura 2021. Un titolo ma anche una domanda aperta, che ci invita a riflettere sia su come vogliamo vivere insieme, sia in primo luogo sul concetto di insieme.
Insieme come abitanti di un pianeta che sta affrontando e dovrà affrontare crisi che esigono un’azione globale, insieme come comunità che si possano basare su saldi principi di equità, inclusione e identità spaziale, insieme come individui, che nonostante la solitudine crescente, desiderano restare connessi in spazi digitali e reali per mantenere quel senso collettivo che permette lo sviluppo culturale e sociale.
Come spiega Hashim Sarkis, curatore della 17. Mostra Internazionale di Architettura: «È senz’altro una questione tanto sociale e politica quanto spaziale. In tempi più recenti, con la rapida trasformazione delle norme sociali, la polarizzazione politica tra sinistra e destra, il cambiamento climatico e il crescente divario tra lavoro e capitale, la domanda diventa ancora più urgente e rilevante, e su scala diversa rispetto al passato. Parallelamente, la debolezza dei modelli politici proposti oggi ci costringe a mettere lo spazio al primo posto e, forse come Aristotele, a guardare al modo in cui l’architettura plasma l’abitazione per immaginare potenziali modelli di come potremmo vivere insieme.»
Tutta la Biennale Architettura di quest’anno, dopo il rinvio del 2020 a causa del Covid-19, sarà pervasa da determinazione, coraggio e senso di responsabilità.
«Apriamo i Giardini e l’Arsenale con una consapevolezza ancora maggiore di quanto il lavoro della Biennale sia specchio del mondo contemporaneo, che viene qui interpretato e talvolta anticipato dalle proposte dei curatori e di quanti vi partecipano con le proprie opere.» – racconta Roberto Cicutto, Presidente della Biennale di Venezia – «La domanda presente nel titolo “How will we live together?” è stata da tutti riconosciuta come profetica, ancora prima della pandemia.»
La Biennale Architettura è da sempre un punto di incontro fra mondi e culture, una lente attraverso cui osservare gli assetti geopolitici e culturali del Mondo con la spinta dell’immaginazione e della determinazione nel rispondere alle grandi sfide globali costruendo, concretamente, nuovi concetti di spazio e convivenza.
L’edizione 2021 vedrà 63 partecipazioni nazionali che animeranno gli storici Padiglioni ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico di Venezia, con 4 paesi presenti per la prima volta alla Biennale Architettura: Grenada, Iraq, Uzbekistan e Repubblica dell’Azerbaijan.
Proprio in merito alle grandi sfide globali, comprese quelle del cambiamento climatico e della costruzione di un nuovo paradigma di sviluppo sostenibile delle quali ci occupiamo quotidianamente, si è espresso Hashim Sarkis, proponendo un nuovo contratto spaziale:
«Non possiamo più aspettare che i politici propongano un percorso verso un futuro migliore. Mentre la politica continua a dividere e isolare, attraverso l’architettura possiamo offrire modi alternativi di vivere insieme. Dopotutto, lo spazio spesso precede, proietta e sopravvive alle condizioni umane che lo modellano. Un contratto spaziale potrebbe costituire un contratto sociale. Cerchiamo un contratto spaziale che sia al tempo stesso universale e inclusivo, un contratto allargato affinché i popoli e le specie coesistano e prosperino nella loro pluralità.»
Una attenzione particolare al cambiamento climatico è stata scelta proprio dal Padiglione Italia a cura di Alessandro Melis, architetto e docente dell’università di Portsmouth dove è anche direttore del cluster for Sustainable Cities.
Comunità resilienti, è il titolo scelto, si basa sulla convinzione che l’architettura debba contribuire in modo significativo al miglioramento della nostra vita, considerando i cambiamenti ambientali e sociali che la condizionano. Sul sito ufficiale di Comunità resilienti, si legge a chiare lettere la presa di coscienza e responsabilità dell’architetto e del suo lavoro: “Il ruolo dell’architettura in senso più ampio e ancora di più quello dell’architetto/a, sono quindi centrali nella lotta al cambiamento climatico. Per contrastare l’insostenibilità delle città e delle risorse è fondamentale ripensare il ruolo dell’architetto/a assumendoci la responsabilità di un cambiamento che si rivela, oggi più che mai, necessario”.
Tra i suoi principi: equità, inclusività, gender balance ed ecologia, come elementi attraverso i quali creare città resilienti. Il progetto è stato realizzato volutamente a basso impatto, partendo dal reimpiego, per sottrazione e integrazione, del Padiglione curato da Milovan Farronato per la Biennale dell’Arte 2019.
Il padiglione Italia si troverà alle Tese delle Vergini in Arsenale, è sostenuto e promosso dal Ministero della Cultura e dalla Direzione Generale Creatività contemporanea.
La Biennale Architettura 2021 aprirà al pubblico, nel rispetto delle norme anti-covid, sabato 22 maggio fino a domenica 21 novembre 2021.
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