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Crisi climatica, le aziende fossili dietro le ondate di calore: un nuovo studio apre la strada a responsabilità legali

Un nuovo studio su Nature collega 213 ondate di calore alle emissioni delle grandi compagnie di combustibili fossili.

Un nuovo studio pubblicato su Nature segna un passaggio cruciale nella scienza dell’attribuzione, aprendo scenari inediti sulla responsabilità delle aziende più inquinanti. La ricerca dimostra che 213 grandi ondate di calore, registrate tra il 2000 e il 2023, sono state rese più probabili e più intense dalle emissioni di 180 specifiche imprese di combustibili fossili e cemento.

Secondo i ricercatori, in diversi casi le emissioni delle singole aziende sono state sufficienti da sole a causare alcune delle ondate di calore studiate. Un risultato che non riguarda solo la scienza, ma entra direttamente nel cuore del dibattito politico e legale sulla crisi climatica.

Ondate di calore letali

Tra il 2000 e il 2019, le vittime del caldo estremo sono state quasi mezzo milione. Molte di queste morti possono essere direttamente attribuite alla crisi climatica. E non si tratta solo di numeri: dietro a queste cifre ci sono vite spezzate, raccolti agricoli distrutti e comunità in difficoltà.

A confermare il salto di qualità di questo studio è Davide Faranda, direttore di ricerca al CNRS e fondatore di Climameter: «La scienza dell’attribuzione ha trasformato la nostra comprensione degli impatti climatici, mostrando come il riscaldamento globale alteri la probabilità e l’intensità di fenomeni meteorologici estremi. Questo studio aggiunge un nuovo passo fondamentale: collega i punti tra specifici disastri climatici e le aziende le cui emissioni li hanno resi possibili. Questo ponte – dagli eventi meteorologici ai cambiamenti climatici, e dai cambiamenti climatici ai singoli emettitori – sta già ridisegnando il modo di intendere la responsabilità, e potrebbe diventare una pietra miliare per le azioni legali e politiche volte a responsabilizzare gli inquinatori».

Il quadro legale si stringe

Lo scenario è reso ancora più stringente dall’opinione espressa di recente dalla Corte internazionale di giustizia: lo scorso luglio, la più alta corte delle Nazioni Unite ha stabilito che le azioni governative che alimentano il cambiamento climatico sono illegali secondo il diritto internazionale. In questo modo, sia gli Stati che le aziende possono essere chiamati a rispondere degli impatti della crisi climatica e le comunità colpite hanno diritto a un risarcimento.

Oggi, le campagne che chiedono di far pagare chi inquina trovano nuova forza. «Ora possiamo indicare specifiche ondate di calore e dire: ‘È stata la Saudi Aramco a fare questo. La ExxonMobil ha fatto questo. Shell ha fatto questo’», ha dichiarato Cassidy DiPaola, portavoce di Make Polluters Pay. «Quando le emissioni di queste aziende scatenano ondate di calore che altrimenti non si sarebbero verificate, stiamo parlando di persone reali che sono morte, di coltivazioni reali che sono fallite e di comunità reali che hanno sofferto, tutto a causa di decisioni prese nei consigli di amministrazione delle aziende».

Le richieste della società civile

In Italia, anche Greenpeace ha commentato i risultati dello studio. «Da tempo sappiamo con certezza che l’intensificazione delle ondate di calore è una diretta conseguenza della crisi climatica di origine antropica, ma da oggi possiamo anche stimare il contributo e le responsabilità delle aziende più inquinanti, a partire dalle compagnie dei combustibili fossili», spiega Federico Spadini della campagna Clima di Greenpeace Italia. «Questo studio scientifico dimostra che molte delle ondate di calore verificatesi da inizio secolo non sarebbero state possibili senza l’enorme contributo in termini di emissioni delle principali aziende petrolifere, che pertanto devono essere le prime a pagare il costo economico della crisi climatica che stanno causando, anziché farlo ricadere sul resto della società».

Lo studio non si limita a misurare l’impatto complessivo della crisi climatica, ma attribuisce responsabilità dirette a singoli attori economici. È la prima volta che questo avviene in modo sistematico su scala globale, e gli autori sono convinti che possa diventare la base per azioni legali e per l’applicazione del principio “chi inquina paga”.

Lo studio è disponibile su Nature, in inglese, a questo link.


NOTE: questo articolo è stato generato con il supporto dell’intelligenza artificiale.

Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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