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Ghiaccio marino artico, le dinamiche di un declino pluridecennale

Quarant'anni di dati satellitari mostrano che il 2020 è stato solo l'ultimo anno di un declino pluridecennale del ghiaccio marino Artico

Per tutto il 2020, gran parte dell’Oceano Artico e mari circostanti hanno sperimentato temperature abbondantemente sopra media climatica 1980-2010.

La zona maggiormente colpita da queste anomalie è stata la regione orientale siberiana dove persistenti ondate di calore hanno provocato in primavera un rapido scioglimento del ghiaccio marino nel mare Artico e di Laptev. Complessivamente, entro la fine dell’estate la copertura della banchisa artica ha raggiunto la seconda estensione minima più bassa mai registrata dal 1979, anno di inizio delle rilevazioni satellitari, mentre in autunno si è assistito ad un inizio del congelamento assai tardivo e lento.

A riprova di una stagione estiva eccezionale vi è il fatto che, durante gran parte del periodo estivo, le navi militari e commerciali, hanno facilmente navigato lungo la rotta del Mare del Nord in acque prive di ghiaccio e sono persino arrivate al Polo Nord senza molta resistenza.

Risulta utile sottolineare come l’analisi di un singolo anno non è rilevante dal punto di vista climatico. Tuttavia, l’analisi a lungo termine è davvero preoccupante e le osservazioni sull’anno appena concluso non fanno altro che confermare il trend in costante declino del ghiaccio marino Artico iniziato decenni fa. 

In una revisione della letteratura scientifica, gli scienziati polari Julienne Stroeve e Dirk Notz hanno delineato alcuni di questi cambiamenti: “oltre alla riduzione della copertura di ghiaccio, le stagioni di scioglimento si allungano e il ghiaccio marino sta perdendo la sua longevità”. Le stagioni di scioglimento più lunghe sono il risultato di un inizio sempre più precoce dello scioglimento primaverile e un inizio di congelamento autunnale sempre più tardivo. La mappa in cima all’articolo mostra la tendenza nell’insorgenza del congelamento dal 1979 al 2019 (Fig 1). In media nell’intero Oceano Artico, il congelamento si è ritardato di circa una settimana dopo ogni decennio.

Il declino del ghiaccio marino Artico è dovuto da un ciclo che si auto-alimenta chiamato “feedback dell’albedo del ghiaccio”, innescato dal riscaldamento globale. L’acqua dell’oceano aperto assorbe il 90% dell’energia solare che cade su di essa; il ghiaccio marino invece, ne riflette l’80%. Con aree sempre più grandi dell’Oceano Artico libere da ghiaccio ed esposte all’energia solare all’inizio della stagione, è possibile assorbire più calore, e ciò favorisce a sua volta una maggiore fusione delle aree ghiacciate.

Il grafico sottostante invece (Fig 2) mostra un altro modo in cui l’Artico sta cambiando: l’età media del ghiaccio marino sta diventando più giovane. All’inizio degli anni 80, gran parte del ghiaccio che copriva l’Oceano Artico nel mese di novembre aveva più di quattro anni. Oggi, la maggior parte del ghiaccio che copre l’Oceano Artico è “ghiaccio del primo anno”, che si forma in inverno e non sopravvive a una singola stagione di scioglimento estivo. Costituita ormai in gran parte da ghiaccio sottile che non arriva all’anno di età, a fronte di un continuo declino di quello pluriennale, la banchisa artica appare sempre più fragile e il suo destino sembra ormai delineato.

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Luca Maffezzoni

Nato a Brescia nel 1989, fin dalla giovane età mostra una passione innata verso le tematiche climatiche e ambientali. Dopo aver ottenuto il diploma di Liceo Scientifico consegue prima la laurea triennale in scienze ambientali attraverso la discussione di una tesi riguardante le ondate di calore estive sulla penisola italiana nell’ultimo ventennio. Successivamente, grazie una tesi sperimentale volta allo studio della risposta dei ghiacciai alpini al Global Warming, ottiene la laurea magistrale in scienze e tecnologie ambientali con indirizzo climatico presso il DISAT dell’Università Bicocca di Milano nel Novembre 2015. Dopo una breve esperienza come insegnate di matematica e scienze presso una scuola secondaria di primo grado, ottiene un assegno di ricerca presso L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) della durata di un anno dove si occupa dello sviluppo e mantenimento dell’Archivio Storico Macrosismico Italiano (ASMI). In fine, nel novembre del 2017 si traferisce all’università LJMU di Liverpool dove inizia un dottorato di ricerca volto a studiare gli effetti dei cicloni extratropicali sulla calotta glaciale Groenlandese. Tale esperienza è accompagnata da costante attività di insegnamento all’interno dell’università dove si occupa di fornire agli studenti le basi di statistica, programmazione e utilizzo di Geographic Information System (GIS) necessari per poter lavorare e gestire dati meteorologici, climatici e ambientali.

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