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“Breath”di Ilaria Congiu: non solo un documentario ma un invito a riflettere su come le nostre azioni quotidiane influenzino il mondo che ci circonda

Pesca industriale, cambiamenti climatici e inquinamento rendono sempre più fragili i nostri mari. "Non si può proteggere senza amare, e per amare bisogna conoscere". L'intervista

Le nostre azioni quotidiane influenzano il mondo che ci circonda: a farci riflettere su queste tematiche è il documentario “Breath” diretto dalla regista Ilaria Congiu e distribuito da Mescalito Film. Uscito il 5 maggio nelle sale cinematografiche, è il risultato di una co-produzione internazionale tra Italia e Tunisia che ha voluto unire cultura e impegno ecologico, con il supporto di due realtà fondamentali come Legambiente Italia ed Extinction Rebellion Italia, impegnate da anni nella difesa dell’ambiente e nella sensibilizzazione verso le sfide della crisi climatica globale.

Breath, Ilaria Congiu

Dal Senegal alle navi di Sea Sheperd Italia

Ilaria Congiu è nata in Senegal ed è cresciuta accanto a un padre che dirige un’azienda di esportazione di pesce congelato. Negli anni 90′ i bambini senegalesi non avevano grandi divertimenti, così vivevano il mare come unico campo da gioco e di scoperta. “Negli anni 90 il Senegal non era ancora un paese sviluppato come lo è oggi, trascorrevo quindi le mie giornate a cavalcare le onde oppure a osservare i pesci sott’acqua. Il mare era, e lo è tutt’oggi, il mio compagno di vita. Negli anni ha però subito dei cambiamenti significativi che mi hanno profondamente marcata. Il voler capire cosa stesse accadendo al mare mi ha spinto a intraprendere una laurea in giornalismo e, conseguentemente, a trascorrere mesi a bordo delle navi di Sea Shepherd Italia. È stato allora che ho scoperto realtà, come quella della pesca del tonno nel Mediterraneo, che mi hanno sconvolta. Vedendo quei tonni girare, ignari, in tondo nelle gabbie che li trasportavano, mi sono sentita come loro. Ho realizzato di essere parte di un sistema assuefatto che ha smesso di chiedersi il perché delle sue scelte e che quindi gira su sé stesso senza sapere dove stia andando a sbattere, o chi ne pagherà le conseguenze”.

Breath, Ilaria Congiu

Pesca industriale, cambiamenti climatici e inquinamento marino

Ilaria nel tempo si è chiesta se l’attività della sua famiglia non stesse contribuendo al depauperamento degli oceani; per cercare di capire la verità ha intrapreso un viaggio tra Italia, Tunisia e Senegal dove ha incontrato 5 “figli del mare” le cui storie personali e testimonianze dirette l’hanno spinta a confrontarsi con suo padre ed a riflettere sulle contraddizioni legate al consumismo, il cambiamento climatico, l’inquinamento e la pesca industriale.

Breath, Ilaria Congiu

“Breath” non è solo un documentario ma un invito a riflettere

“Breath non è solo un documentario, è un invito a riflettere su come le nostre azioni quotidiane influenzano il mondo che ci circonda. Ho voluto raccontare le storie di chi vive il mare da vicino, chi lo ha visto cambiare e, soprattutto, chi lotta per proteggere l’ambiente. Il mare non è solo un ecosistema, ma una parte di noi, della nostra identità”.

Breath, Ilaria Congiu

Alternando una narrazione fattuale ed emotiva, raccontando le ripercussioni sociali e ambientali della crisi ecologica, attraverso storie personali e potenti testimonianze, il film invita a riflettere sul difficile cammino verso l’accettazione, il perdono e la consapevolezza. Un viaggio di resilienza che attraversa tre Paesi legati dal consumismo, con l’obiettivo di ridare respiro all’oceano e, allo stesso tempo, all’uomo stesso.

Breath, Ilaria Congiu

Un film che racconta storie di vita, di resistenza e di speranza, con uno sguardo profondo e intimo sui legami tra uomo e natura.

Ho avuto la possibilità di intervistare Ilaria Congiu. Entriamo nel suo mondo

Quando è nata dentro di te l’esigenza di raccontare il mare e soprattutto le sue sofferenze?

“Breath” è il frutto di diversi semi che sono stati piantati nel tempo. Il tassello fondamentale è stato nascere in una famiglia che sopravvive perché c’è il mare, perché ci sono i pesci. Quindi, per me, non solo l’oceano ha assicurato almeno il 50% dell’ossigeno che ho respirato fino a oggi – come per tutti noi – ma è anche ciò che permette alla mia famiglia di sopravvivere dal punto di vista economico. A questo si lega il fatto che in Senegal, negli anni 90′, noi bambini avevamo il mare come unico campo da gioco e di scoperta. È sulla spiaggia che siamo diventati amici e che abbiamo scoperto la vita. Bisogna anche aggiungere che mio padre mi ha sempre molto sensibilizzata all’ambiente. Tutto questo ha creato un terreno fertile di amore, che per me è un concetto chiave anche per il documentario. Non si può proteggere senza amare, e per amare bisogna conoscere. Io ho avuto la fortuna di avere entrambi gli ingredienti per poter sviluppare un senso di protezione, come lo si fa con un famigliare. Con il tempo, ho visto il mare cambiare. Basta pensare che quando facevo surf da bambina, c’erano i cuccioli di squalo che nuotavano sul fondo. Oggi, per vedere uno squalo, bisogna pregare e, purtroppo, non basta. Inoltre, ho sentito il mare cambiare attraverso le parole di mio padre, che negli anni ha sempre più lamentato la diminuzione del pescato. Infine, ho letto il mare cambiare. Con questo voglio dire che, sin dall’adolescenza, ho sempre provato a capire il perché delle trasformazioni dell’oceano. Un  processo di studio che svolgo ancora oggi, perché del mare non conosciamo quasi niente. Basta pensare che abbiamo mappato più il pianeta Marte che il fondale degli oceani. Per concludere, il momento preciso in cui ho sentito la spinta viscerale di raccontare le sofferenze del mare, è stato quando sono stata a bordo delle barche di Sea Shepherd Italia come inviata speciale. Lì, ho scoperto dell’esistenza della gabbia dei tonni e quindi il funzionamento della pesca del tonno del Mediterraneo. Inizialmente, sono rimasta sbigottita perché mi ero imbattuta in una realtà che ignoravo, nonostante sia praticamente nata nel settore della pesca. Poi, ho percepito rabbia e frustrazione. Mi sono sentita come quei tonni, e cioè anche io chiusa in un sistema gabbia, molto più grande di me, che mi stava trasportando non so dove, senza che io ne fossi consapevole.

Ilaria Congiu

La bimba Ilaria, cresciuta in Senegal, come lo vedeva allora e come lo percepisce adesso?

Paragono spesso il mare a un genitore, anche perché è lì che si sono formate le prime cellule che oggi ci compongono. L’Uomo si è costruito sulla Terra ma viene dal mare. Quindi, quando ero piccola, per me il mare era forza, abbondanza, insegnamento, divertimento, scoperta, rassicurazione. Il mare era qualcosa di infinito. Era come se avessi di fronte la figura del genitore eroe. Poi, crescendo, scopri l’essere umano che sta dietro a chi ti ha cresciuto. A quel punto inizi a capire che di fronte non hai una persona invincibile. Oggi, provo la stessa sensazione per il mare. Ho scoperto e scopro quotidianamente le sue fragilità. Mi viene quindi naturale cercare di capirle, e aiutare come posso.

Lo definisci “il tuo compagno di vita”. È un compagno facile oppure per stargli vicino bisogna impegnarsi oltremodo ?

Ogni relazione richiede impegno. È il lato più intrigante dei rapporti. Nel caso del mare però, sento di ricevere molto più di quello che do. L’oceano permette la vita, noi gliela togliamo. Siamo diventati i compagni “tossici” di cui tanto si interessa la società odierna. Detto questo, il mare, essendo un elemento meraviglioso, è anche faticoso. L’oceano, non ti regala niente. Pretende rispetto e dove esso viene a mancare, è assicurata una lezione di vita. Alle volte anche dolorosa. Nel piccolo, mi viene da pensare a quando pretendo di surfare onde troppo grandi per il mio livello. Il mare mi sputa, senza pietà, a riva. E ha ragione perché mi insegna la pazienza. Nel grande, possiamo pensare al cambiamento climatico, all’inquinamento e alla pesca industriale. Questi macro errori da noi commessi, hanno centinaia di ripercussioni quotidiane sulla qualità delle nostre vite. Con questo cosa voglio dire? Che con il mare, non si può sgarrare. A ogni azione, ci viene restituita una reazione doppia e contraria. Il mare ci può cullare, curare e accudire. Basta volergli bene.

Ilaria Congiu

Il rapporto con tuo papà Francesco, il suo lavoro, i suoi consigli, credo siano stati fondamentali; cosa ti porti dentro? Anche il suo approccio al mondo dell’esportazione del pesce è cambiato?

Di mio padre, mi porto dietro tutto. Soprattutto “il male” che alla fine è stato il bene più prezioso. Il concetto chiave a cui torno quotidianamente è : “Nella vita, ci vuole equilibrio e leggerezza”.

Non credo che l’approccio lavorativo di mio padre sia cambiato. È sempre stato estremamente conscio di ciò che fa, tanto da cercare sempre di equilibrare (il più possibile) il suo impatto sia come essere umano, che come imprenditore. Mio padre non è né un demone, né un santo, ma un uomo che si fa domande e cerca le risposte. Detto questo, credo, o almeno spero, di stimolare mio babbo con le scoperte che faccio. Come quelle sulle specie aliene (non autoctone) che hanno invaso il Mediterraneo. Argomento a me caro e sul quale vorrei puntare da un punto di vista imprenditoriale. L’unica cosa che forse è cambiata, è l’approccio che mio padre ha nei miei confronti. Durante “Breath”, mio babbo ha scoperto la semi-adulta dietro alla sua bambina. Io, ho conosciuto l’uomo dietro al padre. Sono prese di coscienza difficili, ma molto interessanti da vivere.

Breath, Ilaria Congiu

 In tutti questi anni, cosa ti ha fatto più riflettere ?

In primis, mi hanno colpito le ripercussioni sociali delle scelte che compiamo quotidianamente. Se decido di fare una data cosa, o di mangiare un dato alimento, sarà un altro essere umano a pagarne le conseguenze. È assurdo pensare come un minimo movimento fatto in una porzione x del Pianeta, possa potenzialmente sconvolgere la vita di chi sta a migliaia di chilometri. Sinceramente, era una cosa a cui non avevo mai pensato. Forse per incoscienza, o forse perché è più semplice non porsi certe domande. Chiaro che poi, mi ha spezzato l’anima scoprire le condizioni di salute del mare. È come vedere un amico malato a cui non si danno le giuste cure. Fa male, fa rabbia, ma ci devi convivere, provando a far del tuo meglio affinché la situazione non si aggravi.

Breath, Ilaria Congiu

Che ruolo hanno avuto nella tua formazione tutti i mesi che hai passato a bordo delle navi di Sea Shepherd Italia?

Ho sicuramente potuto esercitarmi con le riprese e le interviste. Di quest’occasione, non sarò mai abbastanza grata. Anche perché è stata quella parentesi di vita ad avermi spinta a scrivere “Breath”. Inoltre, ho raggiunto quel mare aperto sul quale solitamente non si naviga, se non per necessità. Ho quindi avuto la possibilità di vedere ciò che accade nel “il mare di nessuno”, quando dovrebbe essere di tutti. I mesi imbarcata come inviata speciale con Sea Shepherd sono quindi stati più un’occasione per formarmi come civile, sia da un punto di vista informativo che emotivo.

Breath, Ilaria Congiu

Riusciremo secondo te a fare respirare di nuovo i nostri mari ?

Spesso vengo tacciata di ottimista, perché credo che finché c’è vita, c’è speranza. Un giorno, parlando con mio padre, è venuto fuori che non molti anni fa, era normale tenere i cani legati “al palo”. Una pratica che oggi, giustamente, scatenerebbe la furia delle associazioni di tutela per il benessere degli animali, ma anche quella del vicinato. L’Uomo, se vuole, sa fare delle grandi trasformazioni. L’unico nostro problema – come sempre del solito – è il tempo. Il mare sta cambiando anche più velocemente di quello che avevano pronosticato gli esperti. Per questo, credo fermamente che sia necessario cambiare narrazione. Iniziare a parlare di qualità di vita umana, e trasmettere i messaggi con amore. Il malumore non ha mai cambiato il mondo e non possiamo pretendere che chi non ha le scarpe si metta a correre. Costa pazienza, sì. Scatena frustrazione, sì. Ma cedere all’emotività, non ha mai portato a nessun buon risultato. Ripartiamo dalle basi: impariamo a conoscere il mare. Facciamolo nostro.

Ilaria Congiu

Quali sono i piccoli gesti che possono fare la differenza ?

Per me è difficile rispondere a questo tipo di domande, perché scrivo storie e non paper scientifici. L’unica cosa che posso fare, è condividere la mia esperienza. E cioè insistere  con la necessità di ricominciare a porsi le domande. Esempio: esiste una stagionalità del mare? Se sì, qual’è? A ogni interrogativo, si amplia la conoscenza e quindi la consapevolezza. È da lì che sono ripartita, da dove riparto tutti i giorni, correggendo il tiro passo dopo passo.

Ilaria Congiu

Progetti per il futuro ?

Avrei bisogno di cento esistenze per dare vita a tutti i progetti che mi prendono pancia e testa. Ho scelto il cinema perché mi dà l’illusione di attraversare più esistenze in una sola. Intanto, sottolineo che la maggior parte dei giovani sono senza lavoro da mesi. Sarebbe quindi importante, intanto, poter lavorare. Per quanto mi riguarda, sto scrivendo due altri film. Non c’è un filo rosso a livello tematico, perché, per me, è fondamentale sentire le storie attraverso le viscere. Un’idea mi deve accendere, sennò vuol dire che non sono la persona giusta per svilupparla. Noto però una similitudine di approccio: entrambi i progetti sono orientati alla declinazione personale – addirittura familiare – e trattano di problemi sociali.

Ilaria Congiu

Stefania Andriola

Lavoro in redazione da febbraio 2010. Mi piace definirmi “giornalista, scrittrice e viaggiatrice”. Adoro viaggiare, conoscere culture diverse; amo correre, andare in bicicletta, fare lunghe passeggiate ma anche leggere un buon libro. Al mattino mi sveglio sempre con un’idea: cercare di aggiungere ogni giorno un paragrafo nuovo e interessante al libro della mia vita e i viaggi riempiono le pagine che maggiormente amo. La meteorologia per me non è solo una scienza ma è una passione e un modo per ricordarmi quanto siamo impotenti di fronte alle forze della natura. Non possiamo chiudere gli occhi e dobbiamo pensare a dare il nostro contributo per salvaguardare il Pianeta. Bastano piccoli gesti.

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