Clima: contare troppo su foreste e suoli ci allontana dagli obiettivi
Un nuovo rapporto di Climate Analytics lancia l’allarme: i governi stanno sopravvalutando la capacità della terra di assorbire CO₂, rischiando così di ritardare i veri tagli alle emissioni.

Foreste, prati, suoli: la terra ha un ruolo fondamentale nella salvaguardia del clima (e del nostro futuro) grazie alla sua capacità di assorbire parte dell’anidride carbonica presente nell’atmosfera. Ma, secondo il nuovo rapporto pubblicato dal centro di ricerca Climate Analytics, molti governi stanno esagerando nel valutare quanto la natura riesca davvero ad aiutarci a ridurre le emissioni.
Nel documento gli autori sottolineano che c’è un forte divario tra le stime della comunità scientifica e i numeri ufficiali comunicati dai paesi. In altre parole: le foreste e i suoli assorbono meno carbonio di quanto molti governi dichiarino. E questo significa che, in realtà, per centrare gli obiettivi per il clima servirebbero tagli molto più rapidi alle emissioni dei combustibili fossili di quelli dichiarati.
Una falsa sicurezza
Il problema è anche di tipo contabile. In molti casi, le emissioni legate al consumo di carbone, petrolio e gas sembrano più basse del reale perché i governi “bilanciano” quei numeri con l’anidride carbonica assorbita dal territorio. Ma questo è pericoloso, perché l’assorbimento naturale del carbonio non è stabile né garantito nel tempo.
Basta un incendio, un episodio di siccità o la deforestazione per rimettere in circolo il carbonio che la terra aveva temporaneamente immagazzinato. E nel 2023 e 2024 si è già visto un calo significativo nella capacità della terra di assorbire CO₂, accompagnato da un aumento delle concentrazioni in atmosfera più rapido del previsto.
In più, la terra non è infinita. Gli spazi disponibili per riforestare o piantare nuove coltivazioni che assorbono CO₂ competono con altri usi fondamentali del suolo, come la produzione di cibo o la tutela della biodiversità.
Cosa serve davvero per il clima
Gli esperti e le esperte Climate Analytics propongono una serie di raccomandazioni molto chiare:
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Tagliare da subito le emissioni legate ai combustibili fossili: è la priorità assoluta, senza scorciatoie.
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Separare i dati: nei piani climatici, bisogna indicare in modo distinto quanta CO₂ si riduce grazie a interventi reali (come l’efficienza energetica o le energie rinnovabili), quanta viene assorbita dalla terra e quanta eventualmente rimossa con tecnologie.
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Evitare di considerare l’assorbimento del carbonio come una «compensazione» per ciò che si continua a emettere: è un’idea sbagliata e scientificamente debole.
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Fermare la deforestazione entro il 2030, come promesso da diversi paesi, e ripristinare i territori naturali dove possibile.
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Allineare i numeri con la scienza, rivedendo il modo in cui i dati sul carbonio vengono raccolti e comunicati.
Il messaggio del rapporto è semplice: non possiamo usare foreste e suoli come scusa per ritardare la transizione energetica. Se vogliamo davvero limitare il riscaldamento globale entro 1,5 °C, o comunque evitare aumenti di temperatura sempre più estremi, dobbiamo smettere di bruciare carbone, petrolio e gas, e farlo in fretta. La terra può aiutarci, ma non può fare tutto da sola. E di certo non può correggere i nostri ritardi nella salvaguardia del clima.
NOTE: questo articolo è stato generato con il supporto dell’intelligenza artificiale.