Le 6 scoperte scientifiche più sorprendenti del 2024
Dagli oceani nascosti sotto la superficie ghiacciata delle lune di Saturno e Urano, alla mappatura del cervello di un moscerino, passando per il superamento del limite del riscaldamento globale di +1.5 °C, secondo il National Geographic le scoperte scientifiche più rilevanti del 2024 sono sei. Vediamo di cosa si tratta.
Quali sono state le scoperte più emozionanti e rivelatrici per la scienza, nel 2024? La scelta non è facile: le discipline sono numerose, ogni progresso è degno di nota, e ciò che oggi può sembrare solo un piccolo passo avanti verso la conoscenza, potrebbe inaspettatamente condurre a scoperte future rivoluzionarie.
Secondo il National Geographic le scoperte scientifiche più sorprendenti del 2024 sono state 6: dagli oceani nascosti trovati sotto la superficie delle lune di pianeti lontani, alla mappatura del cervello di un moscerino, passando per il superamento del limite del riscaldamento globale di +1.5 °C rispetto all’epoca pre-industriale.
Noi siamo di parte, quindi iniziamo a descrivere le sei scoperte selezionate dal National Geographic partendo proprio da quest’ultimo.
Il limite di 1,5°C del riscaldamento globale sarà (quasi certamente) superato
Con l’accordo di Parigi, nel 2015 quasi 200 Paesi hanno condiviso la decisione di evitare che la temperatura media globale superi i 2 °C rispetto ai livelli pre-industriali (1850-1900), ma idealmente l’intento era quello di mantenerla al di sotto della soglia di 1,5 °C.
Per la prima volta, nel 2024 quasi certamente la temperatura media globale supererà quella del periodo preindustriale di oltre 1,5 °C. Anche se l’obiettivo di Parigi si riferisce a temperature medie registrate in periodi più lunghi, registrare una temperatura media annuale già al di sopra di questa soglia è una scoperta tanto importante quanto negativa: non un campanello, ma una sirena d’allarme che dovrebbe convincere i decisori politici e i governi ad agire di conseguenza per ridurre drasticamente le emissioni di gas climalteranti e contrastare il riscaldamento globale.
Come ormai tutti sanno, quanto più calda diventerà la Terra tanto più estremi saranno gli effetti del cambiamento climatico che sperimenteremo. Ogni decimo di grado conta: a ogni piccolo aumento della temperatura media globale aumenta infatti il rischio di ondate di caldo più intense, frequenti e durature, di tempeste più intense, di inondazioni catastrofiche: una situazione che stiamo già vivendo anche in Italia.
La ricerca di vita oltre la Terra e la scoperta di nuovi oceani nascosti nel Sistema Solare
La presenza di acqua allo stato liquido è uno dei requisiti essenziali per l’esistenza della vita. La ricerca di acqua liquida all’interno del nostro Sistema Solare e nei pianeti che orbitano attorno ad altre stelle (esopianeti) è dunque fondamentale per la ricerca della vita oltre la Terra.
Gli scienziati ritengono che diverse lune del nostro Sistema Solare abbiano significativi depositi di acqua liquida nel sottosuolo, ad esempio Encelado, una luna di Saturno, ed Europa, una luna di Giove, corpi celesti che probabilmente possiedono ampi oceani salati e liquidi ricoperti da spessi strati di ghiaccio in superficie.
Il 2024 ha visto due importanti nuove scoperte in questo affascinante settore della ricerca scientifica.
Nel mese di febbraio, gli scienziati hanno annunciato di aver trovato le prove della presenza di un oceano relativamente recente nascosto su Mimas, una luna di Saturno. Sarebbe comparso fra i 25 e i 2 milioni di anni fa, e si troverebbe sotto uno spessore di 25-30 km di ghiaccio.
La straordinaria scoperta si deve ai dati inviati dalla sonda Cassini, e alla ricerca condotta da un gruppo di scienziati dell’Università dell’Arizona, i cui risultati sono stati pubblicati su Nature.
In ottobre, l’analisi delle immagini inviate tanti anni fa dalla sonda Voyager 2 e l’impiego di simulazioni modellistiche hanno indicato un altro possibile oceano nel nostro Sistema Solare, questa volta sepolto all’interno di Miranda, una luna di Urano. Secondo il team di scienziati guidato dalla Johns Hopkins University, sotto la superficie ghiacciata della luna, in un passato relativamente recente si nascondeva un vasto bacino d’acqua liquida, un oceano che potrebbe ancora essere presente, almeno in parte. Come Encelado, Europa e Mimas, ma anche Titano (un’altra luna di Saturno) e il pianeta nano Plutone, Miranda potrebbe dunque essere considerato un altro ”mondo oceanico” del nostro Sistema Solare.
La mappatura completa del cervello del moscerino della frutta
Un team internazionale di neuroscienziati coordinato dall’Università di Princeton (Stati Uniti), nel mese di ottobre ha raggiunto un obiettivo molto importante: la mappatura completa del cervello del moscerino della frutta, la Drosophila melanogaster.
Si tratta di un traguardo fondamentale nel campo delle neuroscienze, difficilissimo da raggiungere. I ricercatori hanno acquisito e analizzato al microscopio elettronico circa 21 milioni di immagini da oltre 7.000 sezioni del cervello di moscerini femmine, identificando per la prima volta tutti i 139.000 neuroni (le cellule nervose) e i 50 milioni di sinapsi, le connessioni che conducono le informazioni fra una cellula e l’altra. I risultati di questa importante analisi, che ha visto anche l’impiego dell’Intelligenza Artificiale, sono stati pubblicati su Nature.
La domanda sorge spontanea: perché è così importante studiare nei minimi dettagli il cervello di questi minuscoli insetti?
La risposta potrebbe sorprendere. Alcuni meccanismi di funzionamento dei moscerini sono simili a quelli del cervello umano, che è però formato da circa 87 miliardi di neuroni e da 100 trilioni di sinapsi, e di cui sappiamo ancora poco. I moscerini della frutta condividono con noi più della metà del DNA, compresi i geni associati all’apprendimento, ed è possibile trovare una corrispondenza con diverse malattie genetiche umane.
La mappatura completa del cervello dei moscerini della frutta può quindi contribuire in modo importante a comprendere il funzionamento del cervello di organismi molto più complessi, e a studiare, ad esempio, l’origine delle malattie neurodegenerative che colpiscono il nostro cervello.
Gli esseri umani invecchiano a scatti
Lo scorso agosto, un gruppo di scienziati della Scuola di Medicina dell’Università americana di Stanford ha scoperto che il corpo umano non invecchia lentamente in modo costante, ma attraversa due distinti momenti di rapido invecchiamento: il primo a 44 anni circa, il secondo intorno ai 60 anni. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Nature Aging.
Studiando i dati forniti da 108 volontari californiani tra i 25 e i 75 anni di età, gli scienziati hanno potuto monitorare l’evoluzione di varie sostanze biochimiche e dei microrganismi nelle diverse età. Per ragioni non chiare agli scienziati, sia gli uomini, sia le donne sembrano subire un primo cambiamento importante intorno ai 45 anni, cambiamento che riguarda il metabolismo dell’alcol, dei grassi e della caffeina e il modo in cui il corpo gestisce le malattie cardiovascolari. Poi, al raggiungimento dei 60 anni, il nostro organismo sembra subire cambiamenti importanti nel metabolismo dei carboidrati e nella regolazione immunitaria.
Anche se non è ancora chiaro quanti di questi cambiamenti siano influenzati da cambiamenti nello stile di vita piuttosto che essere puramente di natura biologica, il fatto che, a quanto pare, invecchiamo a scatti, è decisamente inaspettato e affascinante. Secondo i ricercatori, l’esistenza di questo fenomeno dovrebbe spingerci a prestare attenzione allo stile di vita e alla salute soprattutto in questi passaggi-chiave della vita.
I segreti dell’asteroide Bennu
Gli asteroidi sono i detriti rimasti dalla violenta formazione del Sistema Solare. Non contengono solo i minerali che hanno contribuito alla creazione dei pianeti, inclusa la Terra, ma anche la materia che ha creato i nostri mari e oceani, e forse anche i composti che hanno dato origine alle primissime forme di vita.
Gli scienziati sperano che l’analisi di questi corpi rocciosi riveli se gli asteroidi che si sono scontrati con la Terra miliardi di anni fa hanno fornito acqua e altri ingredienti per la vita sul nostro pianeta.
Nell’ambito della missione spaziale OSIRIS-REx della NASA, nel 2020 una sonda è riuscita a toccare la superficie dell’asteroide Bennu, a prelevare campioni del suo materiale, e a riportarli sulla Terra nel settembre 2023. E’ stato il più grande campione di materia incontaminata mai recuperato da un asteroide.
Questa serie di immagini mostra la navicella spaziale OSIRIS-Rex in avvicinamento alla superficie dell’asteroide Bennu e il prelievo del campione di regolite. Le immagini sono state scattate il 20 ottobre 2020. Crediti NASA/Goddard/University of Arizona
Quest’anno, un gruppo di ricerca internazionale, che comprende anche ricercatori dell’Istituto Nazionale di AstroFisica (Inaf), con il supporto dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), ha iniziato a esaminare una parte del campione prelevato da OSIRIS-Rex. I primi risultati dello studio sono stati pubblicati su Meteoritics & Planetary Science e sono sorprendenti.
Il materiale analizzato contiene infatti i costituenti primordiali da cui si è formato il nostro Sistema Solare miliardi di anni fa, è ricco di carbonio e azoto, oltre che di composti organici, tutti componenti essenziali per la vita, così come noi la conosciamo oggi sulla Terra. Il campione studiato contiene anche fosfato di magnesio-sodio, che suggerisce che l’asteroide potrebbe essersi formato in un ambiente ricco di acqua. La composizione mineralogica è infatti simile a quella delle rocce presenti in corrispondenza delle dorsali medio-oceaniche della Terra, lunghe catene montuose sottomarine che si estendono per migliaia di chilometri lungo il fondo degli oceani, in corrispondenza delle quali il magma in risalita dal mantello incontra l’acqua e si solidifica, formando nuova crosta oceanica.
Questo campione ha già fornito importanti informazioni circa le origini del Sistema Solare, e i ricercatori ne hanno studiato solo una piccola parte. Cos’altro avrà in serbo?
L’intelligenza artificiale ricostruisce la struttura 3D delle proteine
Le proteine sono essenziali per la vita e la comprensione della loro struttura può facilitare la comprensione della loro funzione.
Quest’anno, il Premio Nobel per la Chimica è stato assegnato a diversi ricercatori coinvolti nello studio di queste catene di amminoacidi alla base di gran parte dei processi biochimici. In particolare, due dei tre destinatari del prestigioso premio – Demis Hassabis e John Jumper, entrambi di Google DeepMind – sono stati insigniti del Nobel per aver creato AlphaFold, un innovativo sistema di intelligenza artificiale “in grado di prevedere la struttura 3D e le interazioni di tutte le molecole della vita con una precisione senza precedenti”
Questo strumento, descritto su Nature con una tra le pubblicazioni più citate, è stato in grado di prevedere la struttura di quasi tutti i 200 milioni di proteine di cui gli scienziati hanno scoperto l’esistenza, il che significa che ora gli scienziati hanno uno strumento in grado di capire in modo rapido e accurato quali tipi di proteine sono coinvolti nei processi biochimici.
Questa tecnologia può rivelarsi utile su molti fronti, ad esempio, in campo medico, può essere d’ausilio per studiare la trasmissione di alcune malattie, come la Malaria, e identificare un modo per fermarla, per comprendere i meccanismi alla base della resistenza agli antibiotici, e per lo sviluppo di nuovi farmaci.
Le previsioni di AlphaFold sono rese disponibili gratuitamente attraverso l’AlphaFold Protein Structure Database, e hanno già fornito a più di 2 milioni di scienziati e ricercatori provenienti da 190 paesi un potente strumento per fare nuove scoperte.