Cina: un quarto delle emissioni nazionali è riconducibile ad aziende straniere

Un recente studio pubblicato su Nature Communications dalla Chinese Academy of Sciences rivela che le imprese straniere (multinazionali) hanno rappresentato tra il 20% e il 30% delle emissioni totali del settore corporativo in Cina dal 1997 al 2017. Durante questo periodo, le emissioni legate a queste aziende sono aumentate significativamente, passando da circa 744 milioni a 2,72 miliardi di tonnellate, segnando un incremento del 266%.
Disparità economica e ambientale
Nei primi quindici anni analizzati, oltre la metà delle emissioni delle multinazionali si è concentrata nelle province interne meno sviluppate della Cina, mentre i profitti sono stati incassati principalmente nelle province costiere. Questo ha creato una disparità significativa tra l’impatto ambientale e i benefici economici.
Le aree principali che hanno contribuito alle emissioni da parte delle multinazionali comprendono: elettricità, gas e acqua, metallurgia, trasporti e servizi logistici e estrazione delle risorse. A livello nazionale, i settori con la maggiore impronta di carbonio includono anche le costruzioni e la produzione di materiali non metallici.
Distribuzione delle emissioni e “Carbon Leakage”
Nel periodo fino al 2012, più della metà delle emissioni legate alle multinazionali è stata prodotta nelle province interne meno sviluppate. Questo fenomeno di outsourcing interno ha portato a una polarizzazione delle emissioni, con regioni meno sviluppate che esportano CO₂ verso le regioni costiere più ricche.
In Cina si osserva inoltre un fenomeno di outsourcing interno delle emissioni: le regioni costiere più ricche, consumatrici di beni ad alto valore, dipendono da emissioni generate in regioni povere e industrialmente inefficienti. Un altro studio evidenzia una polarizzazione delle emissioni fra regioni, con il nord-ovest che esporta CO₂ – ad esempio dalle regioni meno sviluppate ai centri costieri – in forma crescente tra 2007 e 2017 (da 165 Mt a 230 Mt).