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Abbiamo superato un punto di non ritorno per il clima

L'allarme degli scienziati in vista di COP30: stiamo già superando dei punti di non ritorno critici per il clima

Il mondo ha superato il primo dei punti di non ritorno per il clima. A confermarlo è il Global Tipping Points Report 2025, curato da un gruppo di 160 scienziati guidati dall’Università di Exeter con la collaborazione del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK) e di oltre 80 istituzioni internazionali. Lo studio, pubblicato a poche settimane dalla COP30, rivela che la moria diffusa delle barriere coralline rappresenta il primo tipping point del sistema climatico terrestre ormai oltrepassato.

Oltre ai coralli, il rapporto descrive rischi crescenti per altri elementi chiave del sistema Terra: ghiacciai, calotte polari, circolazioni oceaniche e foreste pluviali. L’attuale riscaldamento globale, intorno a 1,3-1,4 °C, ha già superato la soglia critica per i coralli tropicali. Ma altri punti di non ritorno per il clima – come lo scongelamento del permafrost, la fusione della calotta della Groenlandia e dell’Antartide occidentale o il rallentamento della circolazione subpolare del Nord Atlantico – potrebbero essere raggiunti già poco sopra 1,5 °C.

«Abbiamo sempre più prove dell’esistenza di punti di non ritorno in tutti questi sistemi», avverte Sina Loriani, ricercatrice del Potsdam Institute e coautrice del rapporto. «Cresce il rischio di innescare retroazioni che amplificano e accelerano i cambiamenti nel sistema terrestre».

Il documento lancia inoltre un nuovo allarme per la foresta amazzonica, dove gli effetti combinati di deforestazione e riscaldamento globale potrebbero portare al collasso dell’ecosistema già a 1,5 °C di aumento medio della temperatura, una soglia più bassa di quanto si pensasse finora. «Dobbiamo ridurre al minimo sia l’entità sia la durata del superamento del limite di 1,5 °C. Ogni frazione di grado e ogni anno trascorso oltre quella soglia aumentano il rischio di innescare punti di non ritorno irreversibili» per il clima, spiega Nico Wunderling, scienziato del Potsdam Institute e dell’Università di Francoforte.

Un caso emblematico citato nello studio è quello del ghiacciaio Áakʼw Tʼáak Sítʼ (Mendenhall Glacier) in Alaska, dove le piene improvvise dei laghi glaciali hanno causato danni per decine di milioni di dollari tra il 2023 e il 2025. «La situazione di Juneau mostra quanto possano essere devastanti gli effetti del superamento dei punti di non ritorno anche su scala locale, colpendo città, comunità e popoli indigeni», osserva Donovan Dennis del Potsdam Institute, autore dello studio di caso.

Nonostante le preoccupazioni, il rapporto individua anche segnali positivi: la diffusione rapida di energie rinnovabili, veicoli elettrici e pompe di calore sta già trasformando i sistemi energetici globali. Ma serve una svolta più rapida e profonda, anche attraverso quelli che gli autori definiscono punti di svolta positivi — dinamiche sociali ed economiche capaci di accelerare il cambiamento.

Il messaggio del Potsdam Institute è chiaro: i punti di non ritorno del clima non sono più scenari teorici, ma rischi reali e imminenti. Per evitarne di nuovi serve un’accelerazione immediata della transizione energetica e politiche climatiche all’altezza della sfida.

 


NOTE: questo articolo è stato generato con il supporto dell’intelligenza artificiale.

Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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