Il futuro dell’energia? Pubblicate le proiezioni IEA 2020 per gli investimenti nel settore
“Dopo tutte le crisi il rimbalzo nelle emissioni ha superato il declino iniziale. Se oggi questo avverrà o meno, dipende dagli investimenti nell'energia”
L’industria dell’energia che emergerà dalla crisi sarà significativamente differente da quella precedente alla crisi.
Questa l’affermazione che introduce il nuovo report dell’International Energy Agency (IEA) World Energy Investment 2020, che offre un’analisi dei trend attuali e previsti degli investimenti nell’industria dell’energia per quest’anno.
Vediamo cosa significa questa affermazione e perché è così importante guardare alle tendenze di investimento, e quindi di sviluppo, in questo settore.
La crisi
Il Covid-19 ha trascinato l’intero pianeta in una profonda crisi economica, con previsioni di declino del PIL mondiale del 6% nel 2020. Le chiusure legate al lockdown hanno fatto precipitare verso il basso anche l’industria dell’energia: la domanda totale di energia è scesa in media del 25% nei paesi in totale lockdown. Le fonti di energia più colpite sono state il petrolio, con un calo della domanda previsto per il 2020 del 9%, e il carbone, con un calo previsto dell’8% – anche se le politiche di ripresa cinesi potrebbero compensare al rialzo le riduzioni nel resto del mondo.
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La domanda di energia elettrica è prevista in calo del 5% nel 2020. Grazie ai suoi bassi costi di mantenimento e alle legislazioni ambientali, l’energia elettrica rinnovabile è la prima ad essere distribuita sulla rete: questo, insieme alla riduzione nella domanda totale di elettricità, determinerà nel 2020 una crescita della porzione di energia elettrica generata nel mondo da rinnovabili di ben il 5%, portandola in totale al 30%. Inoltre, per la prima volta quest’anno la spesa globale dei consumatori per il petrolio scenderà al di sotto dell’importo pagato per l’elettricità.
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La riduzione nelle emissioni
Come conseguenza di queste tendenze, l’IEA ha previsto un calo dell’8% delle emissioni globali di CO2 per quest’anno, calo che le porterà ai livelli di dieci anni fa. Si tratta di una diminuzione pari, in valore assoluto, al doppio della somma di tutte le riduzioni avvenute dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Ma quale futuro ci aspetta?
Dopo tutte le precedenti crisi, il rimbalzo nelle emissioni è stato maggiore del declino iniziale. Se questo avverrà o meno anche in questa occasione, dipende largamente da quello che accadrà agli investimenti nell’industria energetica.
World Energy Investment 2020 report – IEA
Investimenti in picchiata
All’inizio dell’anno le previsioni IEA mostravano una probabile crescita degli investimenti nel settore energetico del 2% nel 2020 rispetto al 2019, la più alta dal 2014. Ora, a causa del Coronavirus, nel 2020 si prospetta la maggiore riduzione negli investimenti nel settore mai registrata, pari al 20%.
Tale riduzione è da attribuire a due fattori: innanzitutto le difficoltà pratiche indotte dalla ridotta mobilità di materiali e prodotti e delle persone impegnate nei progetti, come anche dalle conseguenti interruzioni nelle catene di approvvigionamento. Il maggiore impatto è però quello derivante dalla diminuzione della domanda e dal calo dei prezzi, che hanno portato a una netta riduzione dei ricavi, insieme a maggiori incertezze riguardo all’andamento di questi fattori negli anni a venire. Come riportato nel report IEA, questo vale soprattutto per il petrolio: già a Marzo, prima dello storico prezzo negativo del WTI (quotazioni del petrolio greggio), secondo gli analisti i ricavi attesi dai progetti dell’oil&gas erano scesi dal 20% al 6%.
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Oil&gas nel baratro
Il settore dell’oil&gas è, infatti, il più colpito dal calo degli investimenti, con un declino stimato dal 2019 al 2020 di circa un terzo. Una delle risorse più colpite è quella dello shale statunitense, petrolio e gas non convenzionali contenuti nelle rocce scistose (spesso estratti tramite il fracking), un settore già caratterizzato da costi di estrazione particolarmente elevati e da alto indebitamento. Alcuni protagonisti del settore hanno fatto registrare tagli agli investimenti anche del 50%. Gli Stati Uniti, con metà degli investimenti in energia diretti verso i combustibili fossili, vedranno nel 2020 una riduzione del capitale totale immesso nel settore energetico di più del 25%, riduzione maggiore di quella attesa in Europa (17%).
Gli investimenti nel settore dell’energia elettrica si fermeranno invece a una riduzione del 10%; per il quinto anno di seguito supereranno quelli nell’approvvigionamento di gas e petrolio. L’elettricità, infatti, è sostenuta dal suo ruolo centrale nello sviluppo economico e nelle strategie di transizione energetica, e da una domanda che è cresciuta negli ultimi anni più velocemente di quella generica di energia.
Le rinnovabili sono le più resilienti
Gli investimenti in progetti per l’energia rinnovabile caleranno quest’anno del 10%, meno degli investimenti nel fossile. Ma anche le rinnovabili sono state colpite duramente: nel primo trimestre 2020 le risorse stanziate per i nuovi progetti eolici e fotovoltaici su scala pubblica sono tornate ai livelli del 2017. Sono stati particolarmente colpiti dal lockdown e dalla riduzione delle spese da parte dei consumatori gli investimenti negli impianti fotovoltaici distribuiti.
Tuttavia, la necessità di liquidità potrebbe rendere solare ed eolico ancora più appetibili: oltre ad essere, ormai, fra le fonti di energia aggiuntiva più economiche, hanno anche dei cicli di investimento molto brevi (producono velocemente un ritorno economico). Non per niente un recente studio di esperti internazionali di economia del clima e premi Nobel ha affermato come le rinnovabili, fra le altre fonti di energia, costituiscano l’investimento più efficace in termini di creazione di nuovi posti di lavoro e quindi di rilancio dell’economia. Inoltre, una nuova analisi condotta dall’IEA con l’Imperial College London ha mostrato che nei paesi avanzati le compagnie delle rinnovabili hanno avuto nell’ultimo decennio rendimenti azionari maggiori di quelle impegnate nell’approvvigionamento di fonti fossili, e, da ultimo, hanno affrontato meglio la crisi.
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Le reti
Gli investimenti nelle reti elettriche sono calati del 7% nel 2019 e caleranno ulteriormente del 9% nel 2020; quelli in impianti di accumulo a batterie hanno già smesso di crescere nel 2019; le approvazioni di grandi impianti di generazione low-carbon programmabile (come l’idroelettrico) sono crollate, come anche rimangono stazionari gli investimenti negli impianti a gas naturale. Tutto ciò rema contro la necessità di costruire sistemi elettrici puliti e allo stesso tempo resilienti, in grado di sostenere la variabilità nella generazione caratteristica di fonti intermittenti quali l’eolico e il solare.
Resta comunque da sottolineare come nei giorni di lockdown la rete europea, fra cui quella italiana, si sia già dimostrata in grado di sostenere alte percentuali di generazione rinnovabile intermittente, paragonabili o superiori a quelle che, secondo gli obiettivi europei, dovremo raggiungere entro il 2030.
Efficienza energetica
Ogni anno, una parte dell’infrastruttura legata all’energia deve essere sostituita. Il tasso di rinnovo è un indicatore di quanto velocemente tecnologie più efficienti o più pulite (auto elettriche o a consumi ridotti, condizionatori altamente efficienti, etc.) possano aumentare la loro quota di mercato. Purtroppo, però, le nuove infrastrutture non hanno sempre queste caratteristiche, come è accaduto nel caso dei SUV, veicoli tanto inefficienti quanto popolari: hanno più che annullato la riduzione di emissioni legata all’aumento delle auto elettriche.
Questo si applica anche alla crisi odierna: in alcune aree, la riduzione della domanda ha accelerato la dismissione di impianti a bassa efficienza, come alcune vecchie centrali a carbone; in altre, invece, la mancanza di liquidità costringerà governi, compagnie e privati cittadini ad utilizzare più a lungo le infrastrutture esistenti, riducendo la velocità di introduzione di alternative più efficienti. La riduzione del prezzo delle fonti fossili e la riluttanza a pagare costi iniziali più alti potrebbero addirittura risultare nell’acquisto di veicoli e dispositivi nuovi a bassa efficienza.
Non basta
Nonostante i segnali a favore dell’energia pulita, l’IEA avverte che la crisi attuale può rappresentare un’opportunità di transizione più decisa, ma potrebbe anche portarci ancora più lontani dal raggiungimento della sicurezza climatica.
Secondo l’IEA, già prima della crisi il flusso degli investimenti nel settore dell’energia non era coerente con le esigenze di lotta al cambiamento climatico: gli investimenti in energia pulita sono rimasti stabili dal 2015, quando sarebbe invece necessaria una netta crescita. Nel 2020, pur aumentando la loro fetta negli investimenti totali in energia, sono previsti in diminuzione.
Questo livello di investimento rimane molto al di sotto di quello che sarebbe necessario per fare imboccare al pianeta un percorso più sostenibile. […] Il modo in cui i governi risponderanno alla crisi oggi determinerà i pericoli per la sicurezza energetica e legati al cambiamento climatico che il mondo dovrà affrontare domani.