Patagonia, lo strano caso del ghiacciaio Pio XI
Il 95,6% dei ghiacciai della Patagonia Meridionale si sta drasticamente e rapidamente ritirando in risposta al riscaldamento globale. Perché il gigante bianco Pio XI continua ad avanzare?

Quasi tutti i ghiacciai della Terra si stanno ritirando sotto i colpi sempre più duri del riscaldamento globale. Ma lui no, resiste, anzi, avanza. Si chiama PIO XI e si trova nella regione più meridionale del Cile, in Patagonia, all’interno del Parco Nazionale Bernardo O’Higgins. Noto anche con il nome di Brüggen, con i suoi 1234 km² di superficie questo gigante bianco è il più esteso del Southern Patagonia Icefield, una delle distese di ghiaccio continentali più grandi del Pianeta, al terzo posto per dimensioni dopo l’Antartide e la Groenlandia.
Pio XI si erge nella Greve Valley ed ha due fronti, una settentrionale, che si getta nel lago Greve, un lago di contatto creato dal ghiacciaio stesso, e una meridionale, che incontra le acque dell’Oceano Pacifico in corrispondenza del Fiordo Eyre.

Anche se ancora poco conosciuto come attrazione turistica a causa della lontananza e della difficoltosa accessibilità, Pio XI rappresenta un grande spettacolo della natura grazie alle sue ragguardevoli dimensioni e al fenomeno del “calving”, cioè il distacco di iceberg dalla massa glaciale a contatto con le acque del mare o del lago.
La sua posizione e il suo comportamento in controtendenza rispetto alla quasi totalità delle masse glaciali della Terra ha reso il Ghiacciaio Pio XI oggetto di diversi studi scientifici volti a comprendere meglio gli effetti dei cambiamenti climatici sulla salute dei ghiacciai dell’emisfero meridionale.
Quasi tutti i ghiacciai della Patagonia si stanno ritirando. Lo studio
Come hanno reagito i ghiacciai della Patagonia ai cambiamenti del clima degli ultimi 150 anni? Per scoprirlo, un gruppo di ricercatori dell’Istituto di Geografia e Scienze della Terra dell’Università di Aberystwyth (Regno Unito), con un lavoro senza precedenti ha mappato l’estensione e la lunghezza di 640 ghiacciai presenti alla fine della Piccola Era Glaciale (circa 1870 d.C.) tra 41° a 56° S, e dei 626 ghiacciai ancora esistenti nel 1986, 2001 e 2011. L’ampia regione analizzata comprende numerosi ghiacciai isolati e quattro vasti campi glaciali: il Northern Patagonia Icefield (NPI), il Southern Patagonia Icefield (SPI), il Gran Campo Nevado (GCN) e la Cordillera Darwin.
I risultati dello studio, pubblicati sul Journal of Glaciology hanno dimostrato che a partire dal 1870 tutta l’area analizzata ha subito una consistente perdita di superficie glaciale. La riduzione complessiva in 140 anni è stata infatti di 4131 km2, di cui 660 Km2 persi dal NPI, ben 1643 km2 dal SPI, 306 km2 dalla Cordillera Darwin.
Lo studio ha inoltre dimostrato che il ritiro dei ghiacciai è stato mediamente più rapido negli anni più recenti, con NPI e SPI ridotti approssimativamente due volte più velocemente dal 2001 al 2011 rispetto al periodo 1870-1986, in particolare SPI, con un tasso annuo di perdita di superficie pari a ben 20.5 km2. I ghiacciai settentrionali, quelli più piccoli (inferiori a 5 km2) e quelli la cui fronte termina sulla terraferma si sono ritirati molto più velocemente dei grandi ghiacciai meridionali che terminano in mare.
In 140 anni la Patagonia ha visto ritirarsi il 90,2% dei suoi ghiacciai. Il 9,5% dei ghiacciai non ha mostrato cambiamenti apprezzabili, lo 0,3% è avanzato. Il ghiacciaio Pio XI rientra in questa piccolissima percentuale, malgrado si trovi nel SPI, la regione in cui il 95,6% dei ghiacciai si è drasticamente e rapidamente ritirato.
Perché il ghiacciaio PIO XI avanza? Gli studi e le ipotesi.
Come abbiamo visto, la maggior parte dei ghiacciai del Southern Patagonia Icefield (SPI) ha subito un significativo ritiro e assottigliamento frontale nel corso dell’ultimo secolo, in particolare dopo il 2000. Stranamente, proprio il più grande ghiacciaio di questo enorme campo glaciale ha guadagnato terreno a partire dal 1945, con un incremento netto di superficie di 126 km2, un avanzamento frontale quasi permanente di 150 metri all’anno ed un ispessimento di 2 metri all’anno tra il 1975 e il 2013.
La causa dello strano comportamento del ghiacciaio non è ancora del tutto chiara, ma sono state formulate diverse ipotesi. Il glaciologo cileno Andres Rivera, ad esempio, ritiene che uno dei motivi dell’avanzamento del Pio XI sia legato al verificarsi di diversi episodi di “surge“, cioè di eventi improvvisi e di breve durata in cui il ghiacciaio accelera il suo naturale movimento di scivolamento verso il basso in risposta a oscillazioni delle condizioni idrologiche alla sua base, avanzando anche di diversi metri in un giorno. Grazie all’analisi di immagini satellitari, fotografie aeree e terrestri, rilevamenti altimetrici laser e dati cartografici, Rivera ha documentato almeno due episodi relativamente recenti di surge: intorno al 1981 e, di nuovo, tra il 1997 e il 2000. Questo comportamento è riscontrabile in diverse parti del Mondo, ad esempio in Alaska e alle Isole Svalbard, ma non è mai stato rilevato nel Southern Patagonia Icefield. Pio XI sarebbe dunque l’unico ghiacciaio di tipo surge esistente in questa vasta area remota.

Secondo Rivera, anche le caratteristiche topografiche della zona rivestono un ruolo importante, in particolare la presenza del vulcano Lautaro, la vetta più alta del SPI, la cui attività, tra l’altro, può spiegare i cambiamenti nell’idrologia basale dei ghiacci. Insieme al ghiacciaio Cordon Mariano Moreno, la seconda vetta più alta, il Lautaro va a costituire una imponente e lunga barriera esposta ai venti dominanti occidentali che, forzando il sollevamento della massa d’aria, genera, proprio nella zona di accumulo del PIO XI, la maggior quantità di precipitazioni nevose di tutto il Southern Patagonia Icefield (SPI). Infine, la cresta di detriti rocciosi formatasi nella parte terminale del ghiacciaio a seguito del suo avanzamento (morena frontale) ostacola la frantumazione del ghiaccio e quindi il distacco di iceberg.

Anche il trend delle precipitazioni gioca un ruolo molto importante. I risultati di uno studio da poco pubblicati su Nature indicano che durante la maggior parte (76%) degli ultimi 6000 anni, le precipitazioni sono state il principale motore del cambiamento del volume del ghiaccio dei ghiacciai del Southern Patagonia Icefield (SPI): il loro aumento è stato in grado di compensare, e persino superare, la perdita di massa di ghiaccio indotta dall’aumento della temperatura.

È quanto sta accadendo negli ultimi decenni, non solo in Patagonia (soprattutto nel SPI, dove si trova Pio XI), ma anche in altre parti del Mondo, come in Norvegia, Islanda, Alaska e Nuova Zelanda, ma anche nella Penisola Antartica e nella periferia orientale della Groenlandia: l’aumento delle precipitazioni registrato a partire dagli anni ’80 sembra aver attenuato il ritiro dei ghiacciai indotto dall’aumento della temperatura.
Il comportamento in controtendenza del grande ghiacciaio Pio XI sarebbe dunque imputabile alla peculiare dinamica del ghiaccio, alla conformazione geografica della zona e alla riduzione dell’area di distacco degli iceberg, in un contesto climatico caratterizzato dall’aumento, negli ultimi decenni, delle precipitazioni.
Cosa potrebbe accadere se le emissioni di gas serra continueranno ad aumentare e le temperature continueranno a salire? Secondo lo studio pubblicato su Nature, le nevicate riusciranno ad attenuare la perdita di massa legata all’aumento della temperatura se il riscaldamento del 21° secolo in Patagonia resterà entro la famosa soglia di 1,5 °C (rispetto al periodo preindustriale). Con un riscaldamento climatico regionale oltre 1,5°C, come previsto negli scenari ad alte emissioni, nessun aumento realistico delle precipitazioni sarà in grado di attenuare la perdita di massa dei ghiacciai: una frazione crescente di precipitazioni si verificherà sotto forma di pioggia e quindi la capacità di compensare la perdita di ghiaccio dovuta alla temperatura diminuirà sempre più. Fino a quando Pio XI riuscirà a resistere?