La sigaretta inquina l’aria. Dalla produzione al consumo emissioni di un’intera nazione
Fumare peggiora la qualità dell'aria che respirano tutti, anche i non fumatori
La sigaretta inquina l’aria, a partire dal fumo che fa quando viene accesa indietro lungo tutto la filiera di produzione. Se le ricadute del fumo sulla nostra salute ormai sono ben note, è necessario ed interessante mettere in luce anche le conseguenze che l’uso, il trasporto e la produzione delle sigarette hanno sull’ambiente e sulla qualità dell’aria che respiriamo.
Per questo, in occasione della Giornata Mondiale senza Tabacco 2021 promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, abbiamo deciso di capire qual è l’impatto sulle emissioni e sulla qualità dell’aria del fumo e del processo di produzione delle sigarette.
Quanto inquina l’aria il fumo di sigaretta?
Procediamo a ritroso in questo percorso, iniziando proprio da quando una sigaretta viene accesa. Nel fumo di sigaretta sono contenute molte sostanze tossiche (tra cui formaldeide, ammoniaca, nicotina, acetaldeide, acido cianidrico, acroleina). In un anno intero, il fumo del tabacco contribuisce a diffondere in atmosfera migliaia di tonnellate di sostanze cancerogene, tossiche e gas serra. Tra le sostanze tossiche liberate in aria dal fumo di sigaretta ci sono 3-6 mila tonnellate di formaldeide, 12-47 mila tonnellate di nicotina, e grandi quantità di gas serra come l’anidride carbonica, il metano e ossidi di azoto.
Fumare una sola sigaretta emette 14 grammi di CO2 equivalente (misura che esprime l’impatto sul riscaldamento globale). Nell’arco di una vita intera, un fumatore che fuma 1 pacchetto di sigarette al giorno per 50 anni contribuisce ad emettere in atmosfera 5.1 tonnellate di CO2 equivalente. Una quantità di anidride carbonica che, per compensare, richiederebbe la crescita di 132 piantine per 10 anni.
Fumare peggiora la qualità dell’aria che respirano tutti, anche i non fumatori. E’ impressionante, ma è stato dimostrato che cinque sigarette inquinano come una locomotiva. Un esperimento realizzato dall’Istituto nazionale dei Tumori italiano ha provato che il PM10 emesso da cinque sigarette corrisponde a quello prodotto da una locomotiva a gasolio. Un locomotore produce 3500 μg/m3 di PM10 e una sigaretta ne produce 717 μg/m3nello stesso lasso di tempo: quindi 5 sigarette inquinano quanto un locomotore a parità di tempo di emissione.
Fumo passivo, la qualità dell’aria peggiora anche all’aperto
La letteratura scientifica è ricca di studi che hanno analizzato la qualità dell’aria nei luoghi chiusi. Uno studio del 2007 pubblicato sul Tobacco Control ha analizzato i livelli di Pm2.5 all’interno di pub scozzesi prima e dopo il divieto introdotto dal governo. Prima dell’introduzione della legislazione i livelli di Pm2.5 risultavano essere di 246 μg/m3 (in un range di 8–902 μg/m3), praticamente 10 volte più alti del limite annuale medio concesso per legge per la protezione della salute umana. Dopo l’introduzione della legge, i livelli sono calati drasticamente con valori medi di 20 μg/m3 (range 6–104 μg/m3), in linea con i valori registrati all’esterno dei locali.
Peggio del traffico. Uno studio italiano, pubblicato sull’European Respiratory Journal, ha analizzato la qualità dell’aria in due vie della zona Brera, nel centro della città di Milano, per confrontare i livelli di particolato emessi dal traffico veicolare in una via trafficata (via Pontaccio) con quelli derivanti dal fumo di sigaretta in una via pedonale (via Fiorichiari). I risultati di questa analisi sul fumo passivo sono sorprendenti. Tra le 18 e le 24, la qualità dell’aria era peggiore nella zona pedonale rispetto alla zona trafficata, dato evidentemente correlato al fatto che, proprio durante quelle ore, si erano concentrati nella zona ad alta concentrazione di bar e di locali, il maggior numero di fumatori.
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La produzione di sigarette emette quanto Nazioni intere
Prima di arrivare nelle tasche dei fumatori, però, la sigaretta compie un lungo percorso che genera scarti ed emissioni lungo l’intera filiera produttiva.
Emissioni e inquinamento durante il trasporto
Il tabacco viene coltivato in alcuni Paesi più che in altri, ma poi viene venduto in tutto il mondo. Ad esempio, il tabacco coltivato nel Malawi viene spedito in Australia, Cina, Stati Uniti e altri Paesi. Il trasporto del tabacco all’impianto e il trasporto del prodotto finito sugli scaffali pensano entrambi sul totale delle emissioni dell’intera filiera. Risulta difficile stimare le emissioni della prima fase del trasporto, poiché l’industria non ha fornito un resoconto dettagliato. Un indizio arriva però dalla Japan Tobacco International (WHO), secondo cui le emissioni di anidride carbonica derivanti dal trasporto della materia prima in Giappone sono di 880 tonnellate.
Nell’ultima fase del trasporto entrano in gioco i mezzi trasporto, spesso con motori diesel. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il particolato derivante dal traffico di furgoni e camion è una delle prime cause di malattie legate all’inquinamento dell’aria. Secondo un rapporto della Philip Morris International, le emissioni della flotta dei veicoli emette circa 115 mila tonnellate di CO2 equivalente, mentre il traffico aereo contribuisce con oltre 4 mila tonnellate. In pratica si tratta di poco meno della metà delle emissioni complessive della PMI derivanti dalla produzione di sigarette.
Metà delle emissioni deriva dalla sola lavorazione del tabacco
Una ricerca pubblicata nel 2018 dalla American Chemical Society ha analizzato l’impatto ambientale del ciclo di produzione della sigaretta. La coltivazione di 32,4 milioni di tonnellate di tabacco verde produce 6,48 milioni di tonnellate di tabacco disidratato, utilizzato per la produzione delle 6 mila miliardi di sigarette prodotte nel mondo nell’arco di un anno.
Nel processo vengono emesse circa 84 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente, praticamente lo 0,2% delle emissioni globali. Si tratta di una quantità pari a quella dei gas serra emessi da intere nazioni come Perù o Israele. Inoltre, la produzione delle sigarette genera 25 milioni di tonnellate di rifiuti solidi, con l’uso di 22 mila milioni di tonnellate di acqua, di cui 55 milioni di tonnellate di acque reflue.
Secondo lo studio, la coltivazione del tabacco, l’irrigazione e l’uso di fertilizzanti, sono responsabili del 70% dei danni all’ambiente della filiera produttiva del tabacco. La fase di lavorazione (cura e essiccazione) del tabacco genera da sola più della metà delle emissioni di CO2 dell’intero processo, 45 milioni di tonnellate di anidride carbonica in un anno. Ciò significa che nel processo di produzione di sigarette, l’uso di energia fossile ha l’impatto più grave sull’ambiente. Per questo motivo la scelta della fonte di energia da utilizzare ha un peso specifico importante sull’impronta ambientale della filiera.
In questi calcoli non è stato però contato l’impatto della deforestazione che è la seconda fonte antropogenica di anidride carbonica (circa il 20%) dopo l’uso di combustibili fossili. Secondo una stima, i 3.6 milioni di ettari di territorio deforestato ogni anno per la coltivazione del tabacco contribuisce per il 5% al totale delle emissioni di gas serra globali.
Complessivamente la coltivazione e la lavorazione del tabacco è una delle pratiche agricole più distruttive nei Paesi più poveri, dove paradossalmente la produzione è aumentata nel tempo.