Giornata mondiale senza Tabacco 2021Prevenzione

La malattia del tabacco verde, dentro ogni sigaretta c’è una storia di povertà

L’Agenda 2030 con i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile supera l'idea che la sostenibilità sia solo una questione ambientale e vi integra la dimensione economica e sociale. Proprio in quest'ottica, all'interno dell'industria del tabacco c'è qualcosa di ancora profondamente insostenibile

Oggi si parla molto di sostenibilità, sia dei nostri sistemi produttivi sia delle nostre abitudini, per la Giornata Mondiale senza tabacco 2021, abbiamo analizzato gli impatti della produzione e del consumo del tabacco sull’ambiente e sul tessuto sociale che ne ospita le coltivazioni per capire se e quanto questa pratica sia in linea con i 17 obiettivi posti dall’Agenda 2030.

17 obiettivi di sviluppo sostenibile – un.org

 

Oggi, quasi il 90% di tutta la produzione di tabacco è concentrata nei paesi in via di sviluppo, nella top ten dei paesi produttori di tabacco, nove sono in via di sviluppo, quattro dei quali sono paesi in deficit alimentare (LIFDC), tra cui India, Zimbabwe, Pakistan e Malawi. In molti dei paesi a basso reddito che coltivano tabacco, e in particolare nei paesi a deficit alimentare in Africa e in Asia, la stragrande maggioranza di tutto il tabacco prodotto è destinata all’esportazione, con meno del 20% destinato al consumo locale. Gli impatti di questo ciclo produttivo sull’ambiente sono significativi e con ripercussioni a livello globale, come illustrato nell’articolo “Il reale costo di una sigaretta per il pianeta Terra”, ma oltre alla salute del Pianeta, per parlare a pieno di sostenibilità bisogna considerare anche l’impatto sociale delle industrie della lavorazione del tabacco nei paesi in via di sviluppo.

Il tabacco del Malawi viaggia in tutto il mondo e con lui le storie di povertà del paese

Secondo una ricerca dell’Organizzazione mondiale della sanità, circa il 60% dei coltivatori di tabacco del Malawi sono piccoli proprietari terrieri e il 30% sono agricoltori che lavorano su terreni altrui, questi ultimi sono i più esposti al rischio e intrappolati in un ciclo di povertà. Agli agricoltori che non possiedono la terra che coltivano, molto spesso, vengono prestati i soldi dall’effettivo proprietario della terra. Il denaro in prestito è utile a pagare i raccolti e il mais per sfamare le famiglie, ma una volta che il raccolto viene venduto, gli agricoltori vengono retribuiti per una somma che sottrae il prestito: poiché la vendita del tabacco è spesso insufficiente a coprire il prestito, molti lavoratori restano indebitati per tutta la vita. Si concretizza così l’impossibilità di una realizzazione dignitosa dell’individuo, che viene privato della possibilità  di un futuro diverso da quello dell’indebitamento perpetuo; tutto ciò si riflette in un basso, se non inesistente, livello di istruzione.
Il processo di produzione del tabacco ha effetti negativi sulla salute dei lavoratori del tabaccoOgni giorno un lavoratore del tabacco che pianta, coltiva e raccoglie tabacco può assorbire una quantità di nicotina pari a quella contenuta in 50 sigarette. I lavoratori del tabacco possono soffrire dell’avvelenamento da nicotina noto come malattia del tabacco verde. 

La malattia da tabacco verde è causata dall’assorbimento della nicotina attraverso la pelle mentre i lavoratori sono impegnati nella manipolazione delle foglie di tabacco non polimerizzate. I sintomi dell’insorgere della malattia includono nausea, vomito, pallore, vertigini, mal di testa, aumento della sudorazione, brividi, dolore addominale, diarrea, aumento della salivazione, debolezza, affanno e abbassamento occasionale della pressione sanguigna.

Ad essere esposti a questa malattia non sono solo i lavoratori adulti, ma anche quella parte di manodopera costituita da bambini che, per contribuire al reddito familiare, lavora i campi già dall’infanzia. Negli ultimi anni, il Malawi è diventato uno dei cinque maggiori produttori di tabacco al mondo, in gran parte a causa delle basse tariffe all’esportazione, della manodopera a basso costo e della mancanza di normative. La coltivazione e la vendita del tabacco rappresenta il 70% delle entrate del paese, questo fattore implica l’utilizzo massiccio di manodopera che comprende anche i bambini, in generale di età compresa tra i 5 e i 15 anni.

Secondo gli avvocati per i diritti umani della Leigh Day, quasi 2000 agricoltori, tra cui centinaia di bambini, del Malawi hanno intrapreso azioni legali contro la British American Tobacco accusando la compagnia di lavoro forzato e minorile. Il gruppo di agricoltori e i loro familiari hanno accusato la compagnia del tabacco di “ingiusto arricchimento”, per aver ricavato enormi profitti dalle foglie che sono state raccolte dagli agricoltori retribuiti miseramente. Secondo quanto riportato dallo studio di avvocati, un tipico agricoltore non proprietario terriero coltiva e raccoglie il tabacco di circa un ettaro di terra, per coprire questa superficie, sarebbero necessarie in media quattro persone. Tuttavia, l’importo della retribuzione di questi agricoltori è troppo basso perché questi possano permettersi degli aiutanti, di conseguenza non hanno altra scelta che fare affidamento sui propri figli e introdurli all’attività lavorativa in età infantile.
Questi agricoltori non dispongono di alcun equipaggiamento protettivo per il lavoro e molti subiscono lesioni e malattie, tra cui la sopracitata malattia del tabacco verde. Oliver Holland, avvocato del team internazionale dello studio legale Leigh Day, in rappresentanza degli agricoltori, ha dichiarato:
“Mentre la BAT accumula enormi profitti, gli agricoltori che svolgono il lavoro estenuante e pericoloso di raccogliere le foglie di tabacco sono pagati poco o niente. Sono intrappolati nel lavoro, senza alcun mezzo per allontanare se stessi e le loro famiglie dalla loro situazione. Questo non potrebbe essere più lontano dalla realtà. Inoltre, i lavoratori sono costretti a prendere la straziante decisione di mettere al lavoro i propri figli, solo per assicurarsi che possano guadagnare abbastanza denaro da non essere indebitati.”

La BAT è la più grande azienda di tabacco quotata in borsa al mondo e acquisisce tabacco dalle 20.000 alle 35.000 aziende agricole del Malawi. Il tabacco del Malawi si trova nella miscela di quasi tutti i marchi di sigarette più venduti disponibili in Europa, Asia e Stati Uniti. Secondo le Nazioni Unite, oltre il 98% del tabacco qui prodotto viene esportato nei paesi più sviluppati, con la maggior parte della miscela destinata alla fabbrica ai grandi produttori di sigarette del mondo.

Alcuni dei produttori mondiali di sigarette hanno attivato programmi per costruire scuole nei paesi in via di sviluppo, finanziando progetti volti portare i bambini fuori dai campi per indirizzarli verso l’istruzione (Eclt- Foundation). Numerosi gli sguardi critici verso questo tipo di iniziative, considerate ancora numericamente insufficienti, e convinti che lunica via per fermare lo sfruttamento del lavoro minorile nelle coltivazioni di tabacco sia quella di non acquistare più miscele coltivate e lavorate in queste condizioni. 

Lo stress che il settore del tabacco pone sugli ecosistemi e sulle risorse naturali è dunque principalmente a carico delle regioni meno sviluppate, che spesso minacciano i mezzi di sussistenza nelle comunità più vulnerabili: dalla malattia del tabacco verde, al lavoro minorile e di altre questioni relative ai diritti umani (Human Rights Watch, 2018). Nel frattempo, i profitti dalla vendita di prodotti del tabacco sono in gran parte restituiti alle società del tabacco senza beneficio per i paesi in via di sviluppo (Chaloupka e Warner, 2000; Warner, 2000) aumentando le disuguaglianze sociali della popolazione mondiale.
Urge un’azione coordinata del governo, in ambito della cooperazione internazionale, con le organizzazioni intergovernative (OMS FCTC, UNDP e FAO) per affrontare i danni ambientali e sociali della catena di approvvigionamento del tabacco, tenendo conto che, questi paesi sono anche tra i maggiormente esposti ai rischi causati dalla crisi climatica.

Elisabetta Ruffolo

Elisabetta Ruffolo (Milano, 1989) Laureata in Public Management presso la facoltà di Scienze politiche dell’Università degli studi di Milano. Head of communication di MeteoExpert, Produttrice Tv per Meteo.it, giornalista e caporedattrice di IconaClima. Ha frequentato l’Alta scuola per l’Ambiente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per il Master in Comunicazione e gestione della sostenibilità.

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