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AI e ambiente: il cervello artificiale che consuma fiumi d’acqua

L’intelligenza artificiale sta cambiando il nostro modo di vivere, lavorare e comunicare. Ma dietro questa rivoluzione tecnologica si nasconde un lato meno conosciuto e molto preoccupante: i sistemi di intelligenza artificiale consumano enormi quantità di acqua ed energia.

Per funzionare, l’intelligenza artificiale ha bisogno di centri dati enormi, pieni di computer potentissimi che  elaborano informazioni 24 ore su 24. Questi computer si scaldano molto e per non surriscaldarsi devono essere raffreddati costantemente, spesso con sistemi che usano milioni di litri d’acqua ogni giorno. Non si tratta di un’eccezione, ma della regola: l’infrastruttura fisica che rende possibile la cosiddetta intelligenza artificiale è fortemente dipendente da risorse naturali sempre più scarse.

Uno studio dell’Università del Colorado, in collaborazione con l’Università del Texas, ha calcolato che una sola conversazione complessa con un’intelligenza artificiale come ChatGPT può comportare un consumo medio di circa mezzo litro d’acqua, tenendo conto del raffreddamento dei server utilizzati durante l’elaborazione. Potrebbe sembrare una quantità irrilevante, ma se consideriamo i miliardi di interazioni che avvengono ogni giorno su scala globale, il quadro cambia drasticamente.

Il consumo totale d’acqua per addestrare un modello linguistico avanzato può superare i 700.000 litri, come nel caso di GPT-3, secondo dati forniti da ricercatori accademici. Una quantità sufficiente per sostenere il fabbisogno idrico giornaliero di migliaia di persone. A questo si aggiunge il consumo energetico: secondo il report della International Energy Agency, nel 2022 i data center hanno consumato circa 460 terawattora di elettricità, una cifra superiore al fabbisogno di interi Paesi come la Svezia o l’Argentina. Con la crescente diffusione dell’intelligenza artificiale in ogni settore – dalla medicina alla finanza, dall’istruzione all’industria – questi numeri sono destinati a salire rapidamente.

L’addestramento e l’esecuzione dei modelli più avanzati richiedono una potenza di calcolo sempre maggiore, e quindi maggiori risorse per mantenere in funzione le strutture che li supportano. A farne le spese sono soprattutto le comunità locali vicine ai data center. In molti casi, queste strutture si trovano in aree già colpite da scarsità idrica o crisi climatiche. In Arizona, ad esempio, le proteste contro i nuovi data center di Microsoft si sono intensificate dopo che è emerso che l’azienda utilizzava milioni di litri d’acqua al giorno per raffreddare i
suoi impianti.

A Dublino, la crescita incontrollata dei server ha portato a restrizioni idriche per la popolazione nei periodi di maggiore siccità. Alcune grandi aziende tecnologiche hanno annunciato piani per ridurre l’impatto ambientale.
Google, Microsoft, Meta e Amazon si sono impegnate a diventare “water positive” entro il 2030, ovvero a restituire all’ambiente più acqua di quanta ne consumino. Questo obiettivo dovrebbe essere raggiunto attraverso strategie di recupero idrico, impianti di riciclo, investimenti nella rigenerazione delle risorse naturali e un maggiore utilizzo di energie rinnovabili per alimentare i data center.

Tuttavia, molti esperti restano scettici sulla reale efficacia di queste promesse, sottolineando che senza un cambiamento radicale nell’approccio tecnologico, il problema rischia solo di peggiorare. I modelli diventano sempre più grandi, le richieste degli utenti aumentano, e l’AI – paradossalmente – potrebbe aggravare proprio quelle emergenze ambientali che ci aiuta a studiare e prevenire.
In risposta a queste criticità, cresce l’interesse verso modelli di intelligenza artificiale più leggeri e sostenibili, capaci di offrire buone prestazioni senza necessità di risorse eccessive. Alcuni centri di ricerca lavorano su algoritmi ottimizzati, sistemi decentralizzati e hardware a basso consumo, ma l’adozione su larga scala è ancora lontana.

L’intelligenza artificiale ha un potenziale enorme per migliorare la qualità della vita, ottimizzare i consumi, supportare la ricerca scientifica e affrontare crisi complesse. Ma per farlo davvero, deve essere ripensata in chiave sostenibile. Non possiamo permetterci che l’intelligenza artificiale, nata per aiutarci a evolvere, contribuisca al collasso delle risorse naturali da cui tutti dipendiamo.

 

Redatto da Martina Hamdy

Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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