Un terzo delle foreste perse negli ultimi vent’anni non tornerà più
Un’analisi senza precedenti rivela che il 34% della perdita di copertura forestale globale è permanente, con impatti devastanti su biodiversità, clima e risorse idriche. I tropici sono i più colpiti.

Secondo un’analisi sulle foreste pubblicata da World Resources Institute (WRI) in collaborazione con Google DeepMind, oltre un terzo (34%) della perdita di copertura arborea globale tra il 2001 e il 2024 è «probabilmente permanente». Parliamo di circa 177 milioni di ettari dove gli alberi non ricresceranno naturalmente, con conseguenze profonde per gli ecosistemi, il clima e le comunità.
La situazione è ancora più drammatica nelle foreste pluviali primarie tropicali, dove secondo le stime il 61% della perdita è permanente: una superficie pari quasi alla Thailandia è stata convertita in campi coltivati, miniere o insediamenti, e difficilmente tornerà a essere foresta.

Cosa sta causando la perdita delle foreste?
Grazie a un nuovo modello AI, basato su immagini satellitari e sviluppato da Global Forest Watch, Land & Carbon Lab e Google DeepMind, per la prima volta è stato possibile distinguere tra le cause permanenti e temporanee della perdita delle foreste. La perdita permanente è quasi interamente dovuta a conversione agricola (95%), seguita da espansione urbana, infrastrutture e attività minerarie.
Le restanti perdite, anche se classificate come “temporanee” (disboscamenti, incendi, eventi climatici), sono tutt’altro che innocue: le foreste impiegano decenni a rigenerarsi e spesso non riescono a tornare al loro stato originario. Di conseguenza possono assorbire meno anidride carbonica, ospitare meno specie e diventare più vulnerabili a eventi futuri, specialmente in un clima che cambia.
Non tutte le foreste muoiono allo stesso modo
I fattori di perdita cambiano molto a seconda delle aree:
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America Latina e Sud-est asiatico: agricoltura permanente (73% e 66% della perdita).
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Nord America e Russia: incendi e disboscamento industriale.
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Europa: il 91% della perdita è dovuto al taglio del legname, spesso in foreste gestite.
Alcune minacce locali hanno effetti sproporzionati: in Madre de Dios (Perù), il 28% della perdita è legato alle miniere; in Colorado, il 27% è dovuto a infestazioni da coleotteri amplificate dal riscaldamento globale.
Perché questa analisi è cruciale
In un momento in cui la crisi climatica ed ecologica si aggrava, capire non solo dove, ma perché le foreste vengono distrutte è essenziale. I dati raccolti colmano una lacuna fondamentale nelle strategie globali per fermare la deforestazione entro il 2030.
Il World Resources Institute propone quindi alcune azioni concrete, da adattare alle realtà locali:
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Rafforzare i diritti delle comunità indigene e locali;
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Progettare politiche agricole basate sulle pratiche realmente diffuse;
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Monitorare e gestire meglio le foreste;
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Integrare l’ambiente nella pianificazione di infrastrutture e coltivazioni.
NOTE: questo articolo è stato generato con il supporto dell’intelligenza artificiale.