Clima&Psiche

L’energia pulita èNostra

Tra mezzo e fine vi è lo stesso nesso del seme con l’albero [Mahatma Ghandi]. Così Gianluca Ruggieri, uno dei fondatori di éNostra, pensa al futuro dell’energia. Il mezzo è la cooperativa. L’obiettivo è la democrazia energetica.

èNostra è una cooperativa no profit che fornisce elettricità, acquista (e produce) per i soci solo energia rinnovabile: fotovoltaica, eolica e idroelettrica. L’energia fornita ha garanzia d’origine, e l’obiettivo della cooperativa è la transizione energetica dal basso: i suoi impianti sono infatti piccole realtà locali, e chiunque può diventare socio trasferendo la propria utenza elettrica, ed avere potere decisionale sull’installazione degli impianti e sulla compravendita dell’energia.

Ma cosa cambia tra l’energia rinnovabile di èNostra, e quella di una multinazionale?

1) èNostra garantisce energia davvero rinnovabile.

I suoi valori cooperativi di sostenibilità, ambiente e comunità ne sono la maggior garanzia: sono i soci a stabilire da chi comprare e come produrre. Ad esempio: un qualunque membro di èNostra ha potere decisionale su se e come si può costruire una turbina vicino a casa sua. Questo meccanismo non sussiste nella tipica multinazionale, che spesso offre una minima percentuale di energia realmente rinnovabile, e ricorre invece alla cosiddetta “neutralità” acquistando permessi per continuare a emettere CO2 (i molto discutibili “carbon offset”), invece di ridurre le proprie emissioni.

2) l’obiettivo primario di èNostra è la comunità, non il profitto.

Il bilancio di èNostra è basato sul rientro dei costi necessari per poter fornire un servizio funzionale e sostenibile alla propria comunità. La cooperativa trattiene dalla bolletta del consumatore lo stretto necessario per coprire i costi fissi (stipendi dei dipendenti, investimenti, garanzie bancarie). Tuttavia, il consumatore inizialmente avrà costi in bolletta più elevati di quelli proposti da una multinazionale; questo perché èNostra compra minori quantità di energia (ad un prezzo più alto), e ha meno clienti su cui distribuire i propri costi. Ma all’aumentare dei soci (5.000-10.000) il costo in bolletta diminuirà perché continuerà a trattenere solo i costi fissi, a zero profitto. A contrario, un grande produttore di energia basa il proprio bilancio sul profitto, quindi trattenendo una fetta più grossa delle bol-lette dei suoi clienti. Nonostante la bolletta del consumatore sia bassa, l’azienda guadagna molto, facendo fronte a costi molto più bassi a sua volta (perché “spalmati” su milioni di clienti).

Torniamo però a Gianluca: ingegnere ambientale, specializzato in efficienza energetica, ricercatore e docente all’Università dell’Insubria. Nel 2008, partecipa alla fondazione di Retenergie – cooperativa di produttori e utenti di elettricità da fonti rinnovabili ispirata al consumo critico (la scelta consapevole del consumatore di quali prodotti acquistare secondo il loro impatto ambientale e sociale). Ogni membro della cooperativa (direttori dell’ufficio poste, contadini, ingegneri..) contribuisce al progetto di energia rinnovabile, producibile e usufruibile da tutti, senza scopo di lucro. Studiano, parlano con esperti, e vengono poi coinvolti nel progetto europeo REScoop 20-20-20, di cooperative di cittadini per creare e gestire impianti di produzione energetica locali. Nel 2014 fondano, con più esperienza e competenza, èNostra, che nel 2016 si merge con Retenergie, raggiungendo gli 8 mila soci.

Per capire meglio la realtà di èNostra, abbiamo fatto qualche domanda a Gianluca.

Qual è il vostro rapporto con l’industria fossile? Sentite ostilità da quel fronte?

“Facciamo due sport diversi. L’industria fossile gioca a calcio, noi a pallacanestro; non siamo in competizione diretta. Noi miriamo alla salvaguardia ambientale e ai rapporti umani. Ad esempio, a un socio di Bari è mancato il papà. Durante la pratica per chiudere il contatore, il ricevere le condoglianze di èNostra l’ha stupito – ma questo è il tipo di attenzione che diamo ai rapporti con le persone.”

Identità sociale: “concetto di sé derivante dall’appartenenza a un gruppo sociale, al valore e significato emotivo di tale appartenenza” (Tajfel & Turner, 1986). Più ci identifichiamo con il gruppo, più siamo empatici verso gli altri membri e sentiamo di condividere un destino comune (Van Stekelenburg & Klandermans, 2013); ci sentiamo parte di “qualcosa di più grande” che può effettivamente fare la differenza. L’identità sociale è fortemente correlata con l’attivismo ambientale (Bamberg et al., 2015).

“Le multinazionali delle fossili hanno offerto una vita molto comoda a tutti. Bastava schiacciare un pulsante e far luce, senza doverci preoccupare da dove quella luce provenisse. Mentre ci emancipiamo dall’energia di fonte fossile è necessaria questa presa di responsabilità, spesso faticosa. La dimensione della sfida, e i tempi sono talmente limitati per cui non ce la caviamo lavorando su un’unica dimensione; anche le multinazionali devono mettersi sulla strada dei rinnovabili. Non c’è bisogno di riproporre lo stesso modello economico basato sul massimizzare il profitto, quello si può cambiare. Ma non sarà solo coi cambiamenti individuali che otterremo il risultato che ci serve”.

Qual è la vostra teoria del cambiamento?

“I cambiamenti personali (le scelte dal basso) sono leva sia politica che economica. Prendi Milano: se oltre 100,000 persone vanno in bici, il segnale alle istituzioni per costruire più piste ciclabili è forte. Le scelte personali innescano cambiamenti che poi si autoalimentano e auto amplificano. Anche le comunità energetiche hanno questo potenziale; non le faremo tutte noi, ma contiamo sia un modello contagioso. Ogni realtà avrà la sua applicazione e ci sta che si crei una rete di realtà locali, ognuna che vive di vita propria, ma tutte connesse da uno scopo comune.”

Ci sono molti modi in cui attivisti locali influenzano la società globale (Mihaylov & Perkins, 2015); ad es. le coalizioni con altre organizzazioni, iniziative nazionali/regionali per fare pressione sui governi,  la diffusione di stili di vita alternativi. Avere una chiara Teoria del Cambiamentodal locale al globale” motiva le persone ad azioni collettive, se comprendono che i loro sforzi possono davvero cambiare la società (la politica, la cultura).

Trovi verosimile che il vostro modello si espanda fino a coprire la rete energetica nazionale?

“L’antropologa Margaret Mead diceva: Non dubitare che un piccolo gruppo di cittadini coscienziosi ed impegnati pussa cambiare il mondo. In verità è l’unica cosa che è sempre accaduta. È necessario fare tutto il possibile, quindi facciamolo. L’obiettivo finale è approfondire bene un certo campo [ad es. la produzione e distribuzione energetica] e incontrare persone con cui attuare i progetti. Con èNostra i risultati sono positivi e quindi cavalchiamo questa onda. Vuol dire che è possibile, vuol dire che è fattibile, al contempo dai lavoro alle persone e fai felici i tuoi soci.”

Qual è la sfida più impegnativa?

“Fare sì che tutti i nostri membri siano rappresentati. Mettiamo molta cura nei soci, ad esempio nella scelta di impianti col minor impatto, nel timore di entrare in conflitto con le realtà locali. Infatti, non sempre i soci riescono a partecipare alle decisioni (nonostante possano farlo in qualunque momento), ad esempio sull’istallazione di turbine eoliche ed impatto visivo. Come fare in modo che l’assemblea rappresenti il volere di tutti i soci? Un codice etico? Un bilancio sociale?”. Ora che l’ingranaggio è in moto, èNostra sta concentrandosi nella partecipazione, per dare piena voce alla democrazia energetica.

Come vedi èNostra tra 30 anni?

“La speranza è allargarci. Nel 2014, all’inizio dell’avventura, eravamo 500. Oggi siamo cresciuti e più solidi. Le opzioni sono due: 1) Rimanere cooperativa nazionale che ne coordina tante locali (una per regione). Oppure 2) Diventare cooperativa nazionale, dove gruppi di soci svolgano promozione e attivismo locale. Siamo in una fase molto positiva: l’anno scorso il primo bilancio in attivo. Ci dice che questo esperimento sta funzionando. L’obiettivo principale resta la transizione [a 100% rinnovabili] e vogliamo numeri che ci consentano la sostenibilità; non diventare troppo grandi e perdere il senso, piuttosto rimanere piccoli e stimolare gli altri.”

 Quali competenze personali ti hanno fatto pensare di poter davvero cambiare le cose con èNostra?

“Premesso che io ho sempre pensato a questa avventura come un’avventura collettiva; credo che il risultato che abbiamo ottenuto sia maggiore della somma dei singoli contributi. Per quanto riguarda la mia esperienza personale, all’inizio a dirti la verità mi sono un po’ buttato. Ma conoscevo il tema energetico, la problematica ambientale, e il concetto di economia solidale. Non potevo tirarmi indietro all’occasione di tentare con Retenergie.

L’apertura mentale consiste nell’avere una mentalità ricca e astratta, e un apprezzamento per varietà ed esperienze insolite (John & Srivastava, 1999). L’apertura mentale è collegata all’ambientalismo in quanto pensiero flessibile e astratto, necessario per immaginare l’ambiente a lungo termine, e ad es. le conseguenze del cambiamento climatico (Brick & Lewis 2014). L’apertura ha anche una componente di “controcultura”: lo status-quo danneggia l’ambiente e preoccuparsene significa rifiutare il dogma del modello sociale odierno come unico possibile. L’apertura mentale è correlata con l’ambientalismo, la preoccupazione ambientale, e la riduzione delle emissioni (Hilbig, 2012; Hirsh, 2010; Brick 2014).

Come ricercatore ho lavorato a progetti europei; ho imparato di efficienza energetica, di cooperative ed economia solidale. Poi ho piano piano coltivato una rete di collaboratori fondamentali; ho incontrato persone che hanno stimolato le cose che sono successe. Ad esempio, ho conosciuto gente di Radio Popolare a una festa di San Silvestro, ed è nata la collaborazione [oggi Gianluca vi dirige il programma “C’è Luce”]. Poi ho cercato competenze specialistiche e trovato professionisti che colmassero i nostri vuoti, ad esempio rinnovando il consiglio di amministrazione con esperti del campo. Dalla mia esperienza attivista all’università, fino al lavoro in cooperativa, mi è diventato sempre più chiaro che lavorare dal basso è l’unica strada per la democrazia energetica.”

Questo sogno di democrazia energetica è anticonvenzionale, rispetto alla rockstar o al Mega Manager. Ma rivela come il rapporto con l’energia che consumiamo (per telefono e PC, l’acqua calda, la luce, il forno o l’aspirapolvere) sia più stretto di quanto pensiamo. Certo: non la vediamo come la plastica. Ma è in ogni sfaccettatura del nostro quotidiano e la sua gestione è un fenomeno delicato, che può creare più danni di un’isola di plastica nel Pacifico: un riscaldamento atmosferico globale in grado di minacciare la sopravvivenza del genere umano. È quindi il caso di capirla questa Nostra energia: da dove viene? Chi lo decide? La sua produzione danneggia l’ambiente e le nostre vite? Possiamo produrla e usarla proteggendo l’ambiente e la comunità?

La storia di Gianluca richiama i tre fattori fulcro della nostra rubrica Clima&Psiche: una teoria del cambiamento che parte dal basso e si estende per decarbonizzare il sistema, l’efficacia personale di un ingegnere che partecipa alla fondazione di una cooperativa di democrazia energetica e l’immaginazione di un modello diverso da quello standard dei grandi fornitori, e così coraggioso da sfidarne il monopolio.

 

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Anna Castiglione

Laureata in Neuroscienze Cognitive e Psicologia Sperimentale con specializzazione in psicologia ambientale. Collabora come ricercatrice presso l’Aronlab (laboratorio di ricerca in psicologia climatica e neuroscienze cognitive), dove studia le reazioni cognitivo-comportamentali al cambiamento climatico. Parallelamente frequenta un master in meteorologia e climatologia all'Università di Trento. Fa parte di Italian Climate Network come membro del gruppo “clima e salute”.
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