Gregg Segal: il fotografo che denuncia l’eccesso di rifiuti plastici attraverso l’arte
Raggiungendo milioni di persone le sue opere hanno ispirato discussioni su sostenibilità e riduzione dei rifiuti, spingendo a rivedere le proprie abitudini

Gregg Segal è un fotografo statunitense noto per i suoi lavori che esplorano temi sociali e ambientali, utilizzando l’immagine per stimolare riflessioni profonde sulla società contemporanea. Nato in California, ha studiato fotografia, lavorato per anni in ambito editoriale e commerciale, collaborando con riviste prestigiose come Time, Newsweek e National Geographic. I suoi progetti spesso combinano ritratto e documentario, puntando a evidenziare questioni come il consumismo, lo spreco e l’impatto ambientale dell’uomo. Tra i suoi lavori più celebri vi è la serie “7 Days of Garbage” che ha guadagnato attenzione internazionale per il suo approccio diretto e visivamente impattante al problema dei rifiuti, in particolare quelli plastici.
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In primo piano una settimana di rifiuti
Lanciato nel 2014, “7 Days of Garbage” è un progetto fotografico in cui Segal ritrae individui, famiglie e gruppi di amici immersi nell’immondizia che hanno accumulato in una sola settimana. L’idea nasce dalla volontà di rendere visibile e tangibile l’enormità dello spreco quotidiano, spesso invisibile una volta gettato via. L’artista ha chiesto alle persone interessate di conservare tutti i loro rifiuti, inclusi imballaggi, bottiglie, sacchetti e oggetti usa e getta, per 7 giorni, per poi posare in mezzo a essi in ambientazioni naturali o urbane, creando un contrasto stridente tra la bellezza umana e il caos.

Il focus principale è sull’eccesso di consumo e sul packaging
Il fotografo ha voluto dare un’attenzione particolare alla plastica che rappresenta una porzione significativa dei rifiuti moderni. Segal ha spiegato che il progetto mira a sensibilizzare sul problema del consumo eccessivo e dello spreco, incoraggiando le persone a confrontarsi con le proprie abitudini. Attraverso le sue immagini emerge chiaramente quanta plastica produciamo: bottiglie d’acqua, contenitori alimentari, sacchetti e involucri che dominano le composizioni, simboleggiando l’impatto duraturo di materiali non biodegradabili sull’ambiente.
“Fin da bambino, mi sono chiesto cosa succedesse con i rifiuti: dove finiscono e cosa succede quando non sappiamo più dove buttarli? Un americano medio produce 13 kg di rifiuti a settimana. A livello nazionale, questo equivale a circa 4 miliardi di kg a settimana! Non mi preoccupa solo la quantità che buttiamo via, ma anche la nostra indifferenza verso il problema. Con questi scatti richiamo l’attenzione sul problema dei rifiuti personalizzandolo. Ho chiesto a famigliari, amici, vicini e altri conoscenti di conservare i propri rifiuti e materiali riciclabili per una settimana e poi di sdraiarsi e farsi fotografare. Ho fotografato la mia famiglia perché voglio che mio figlio di 8 anni capisca che anche noi stiamo contribuendo al problema. Perché riciclabili, si sono chiesti alcuni. Per diversi motivi: gran parte di ciò che è designato come riciclabile non viene riciclato, il riciclaggio della plastica ha costi ambientali e gli imballaggi sono eccessivi. Ho creato le ambientazioni per le foto nel mio giardino ad Altadena, in California: acqua, foresta, spiaggia e neve. I rifiuti sono pervasivi: nessun ambiente ne è immune. Nel 2015 mi è stato commissionato di ampliare la serie, scattando diversi altri ritratti a Toronto. Chiedendoci di guardarci dentro, ho scoperto che molti stanno considerando il problema più a fondo. Molti hanno affermato che il processo di raccolta dei rifiuti li ha riconciliati con il bisogno di cambiamento, altri si sentono impotenti. Non è colpa loro se i prodotti che acquistano sono usa e getta e hanno imballaggi eccessivi. Il nostro modello economico e la sua necessità di crescita alimentano l’epidemia di rifiuti e fanno sembrare la conservazione insostenibile. Tuttavia, personalizzando il problema dei rifiuti, partendo da me stesso e lavorando verso l’esterno, ho scoperto che alcuni stanno compiendo piccoli passi per mitigare la crisi. Riflettendo sulle foto che ho realizzato, vedo il progetto come un’archeologia istantanea, una testimonianza non solo dei nostri rifiuti, ma anche dei nostri valori, valori che potrebbero evolversi un po’” queste le sue parole.
Nelle fotografie, i soggetti sono ritratti sdraiati o immersi nei loro rifiuti, spesso in paesaggi come spiagge, foreste o giardini, per enfatizzare il contrasto tra natura e inquinamento antropico. Ad esempio, una famiglia di Pasadena, California, è circondata da 7 giorni di spazzatura, inclusi numerosi imballaggi plastici, cartoni e lattine, creando un “letto” di rifiuti che occupa gran parte dell’inquadratura. Un’altra immagine mostra un individuo sommerso da rifiuti prevalentemente plastici, evidenziando come oggetti quotidiani come bottiglie e sacchetti si accumulino rapidamente.
Il progetto non è limitato agli Stati Uniti: Segal ha esteso la serie in altri contesti ma l’origine californiana riflette un contesto di alto consumo. Statistiche implicite nelle immagini amplificano il messaggio, mostrando come la plastica, che impiega secoli a degradarsi, contribuisca al 12-15% dei rifiuti globali, finendo negli oceani e nella catena alimentare.
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L’impatto ambientale e sociale
“7 Days of Garbage” ha avuto un impatto significativo, venendo esposto in gallerie, pubblicato su media come The Guardian e condiviso su piattaforme social, raggiungendo milioni di persone. Il progetto ha ispirato discussioni su sostenibilità e riduzione dei rifiuti, spingendo individui a rivedere le proprie abitudini. In un’era di crisi climatica, le fotografie di Segal testimoniano non solo quanta plastica produciamo, stimata in oltre 400 milioni di tonnellate annue globali ma anche come questo contribuisca all’inquinamento, alla perdita di biodiversità e ai cambiamenti climatici.

Segal continua a sviluppare il progetto, collaborando con organizzazioni ambientali per amplificarne il messaggio. Ha aderito anche alla campagna “Recycle Your Electricals” includendo scatti con un focus maggiore sull’e-waste, tutti i dispositivi elettrici ed elettronici che sono stati scartati perché non funzionanti, obsoleti o non più desiderati. “C’è un’altra dimensione del problema dei rifiuti: quelli elettrici, il flusso di rifiuti in più rapida crescita al mondo e nel Regno Unito. Quindi, cosa succede a tutti questi gadget? Si accumulano nei nostri armadi e ripostigli o vengono buttati via. Ho collaborato con la campagna Recycle Your Electricals per far sapere alla gente che esiste una soluzione al problema: riciclare quei piccoli vecchi apparecchi elettrici“.
Attraverso “7 Days of Garbage”, Gregg Segal trasforma la spazzatura in arte provocatoria, costringendoci a confrontarci con la realtà dei nostri consumi. Le sue fotografie non sono solo estetiche ma un potente strumento per testimoniare quanta plastica e rifiuti produciamo, invitandoci a un cambiamento urgente verso stili di vita più sostenibili. In un mondo dove la produzione di plastica supera spesso il riciclo, opere come questa ricordano che ogni azione individuale conta per preservare il Pianeta per le generazioni future.