Il parziale stop delle attività produttive quest’anno a causa del lockdown per la pandemia non ha avuto grandi effetti sulle quantità di gas serra presenti nell’atmosfera. Lo rivela il bollettino appena pubblicato dell’Organizzazione Mondiale della Meteorologia (WMO). I gas serra inaspriscono gli eventi meteo estremi e contribuiscono all’aumento delle temperature a livello globale, alla fusione dei ghiacci, all’innalzamento del livello dei mari e all’acidificazione degli oceani.
Il lockdown ha provvisoriamente, infatti, ridotto le emissioni di molti inquinanti atmosferici e di gas serra come l’anidride carbonica. Ma le concentrazioni complessive di CO2 non hanno mostrato variazioni significative rilevanti. I livelli di anidride carbonica continuano ad aumentare: nel 2019 hanno superato la soglia delle 410 parti per milione e l’aumento è stato costante anche nel 2020. Rispetto al 1990 la forza radiativa (ossia l’effetto riscaldante sul clima) è aumentata complessivamente del 45% a causa dei gas serra, e per quattro quinti dalla CO2.
#COVID19 has had no measurable impact on CO2 concentrations in the atmosphere (cumulative past and current emissions), per WMO Greenhouse Gas Bulletin
But the lockdown provides a platform to grow back better and take #ClimateActionhttps://t.co/sYiJnrkYo5 pic.twitter.com/lCstO3xK2A— World Meteorological Organization (@WMO) November 23, 2020
Nel periodo di lockdown più intenso e diffuso le emissioni di CO2 sono diminuite del 17% a livello globale. Date le variazioni delle misure di restrizione a livello dei singoli Paesi, però, rende molto complesso fare una previsione sul bilancio complessivo del 2020. Secondo alcune stime preliminari il calo annuale globale delle emissioni si aggira tra il 4.2% e il 7.5%. Questo calo, però, non farà abbassare i livelli di CO2 già presenti in atmosfera che, seppure con un ritmo più lento, continueranno ad aumentare. Secondo le previsioni potrebbero essere dai 0.08 ai 0.23 ppm più bassi su base annua, quindi inferiore alle 1 ppm, il ché non permette di distinguere gli effetti del lockdown da una variabilità naturale.
«L’anidride carbonica – spiega il Segretario Generale della WMO Petteri Taalas – resta in atmosfera per centinaia di anni e ancora più a lungo negli oceani. L’ultima volta che la Terra ha avuto esperienza di concentrazioni simili a quelle di oggi è stato dai 3 ai 5 milioni di anni fa, quando le temperature risultavano essere di 2-3 gradi superiori e i mari più alti di 10-20 metri. Allora, però, la Terra non era abitata da 7.7 miliardi di persone».
«Abbiamo superato le 400 parti per milione nel 2015, e solo 4 anni dopo la soglia delle 410 ppm. Un incremento così grande non è mai stato registrato. Il piccolo calo causato dal lockdown – spiega Taalas – non è che un minuscolo neo, in una chiara tendenza complessiva. Dobbiamo cercare di appiattire e mantenere tale la curva di crescita delle concentrazioni di CO2. La pandemia per il Covid-19 non è certo una soluzione per il cambiamento climatico».
«D’altro canto, però, gli effetti del lockdown devono essere da stimolo per perseguire una strategia efficace in una ambiziosa azione climatica che ci permetta di azzerare le emissioni attraverso una profonda trasformazione dei nostri sistemi industriali, energetici e di trasporto. I cambiamenti necessari non sono sono economicamente convenienti, ma anche fattibili tecnologicamente. Non c’è tempo da perdere».
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