
Trump ha deciso di mantenere in attività una vecchia centrale a carbone del Michigan che avrebbe dovuto andare definitivamente in pensione alla fine di maggio 2025. La decisione è stata presa dal Dipartimento dell’Energia statunitense su ordine dell’amministrazione Trump, ma nessuno aveva chiesto di tenere aperta la centrale a carbone, la J.H. Campbell Generating Complex: non il gestore della rete, né lo Stato del Michigan, né la compagnia elettrica proprietaria dell’impianto. E i costi ricadranno sui cittadini e le cittadine di 15 Stati.
L’ordine d’emergenza per tenere in vita la centrale è stato firmato il 23 maggio dal Segretario all’Energia Chris Wright, che ha giustificato l’intervento con la possibilità di carenze nella fornitura estiva di elettricità. Ma secondo Consumers Energy, la società che possiede la centrale, la capacità era già stata sostituita con una centrale a gas, fonte di energia più flessibile e meno inquinante. Il piano di dismissione della Campbell era infatti in corso da anni e approvato nel 2022.
Ora la centrale, che è attiva dal 1962, dovrà continuare a bruciare carbone, una delle fonti energetiche più inquinanti e costose ancora in uso. Per mantenerla operativa, saranno necessari nuovi carichi di carbone e costi aggiuntivi stimati tra decine e oltre 100 milioni di dollari. Costi che finiranno sulle bollette.
A differenza delle centrali a gas, gli impianti a carbone non si accendono o spengono facilmente. Questo rende ancora più discutibile la scelta di forzarne il funzionamento per “garantire la disponibilità”, senza neppure chiarire quanto e come dovrà operare.
Il procuratore generale del Michigan sta valutando un’azione legale contro il governo federale. Il motivo è semplice: gli ordini d’emergenza del Dipartimento dell’Energia sono rari e in genere legati a disastri naturali, non a scelte politiche o a nostalgie fossili. Questa volta, invece, si è scelto di forzare la mano proprio mentre la transizione energetica sta dimostrando che le fonti rinnovabili come solare ed eolico possono funzionare, e bene – anche negli Stati più conservatori come il Texas.
E non è solo una questione ambientale: è un problema di efficienza e di soldi pubblici spesi male. Il carbone infatti, pur se già ammortizzato, continua a costare più del solare con accumulo. Nel solo 2024, secondo un’analisi di Energy Innovation, il carbone è costato ai consumatori statunitensi oltre 6 miliardi di dollari in più rispetto al 2021.
La linea dell’amministrazione Trump resta però quella di mantenere attivi impianti vecchi, costosi e inquinanti, in nome di una presunta “affidabilità” energetica. Le conseguenze peseranno sulle famiglie e le imprese, e non solo in termini di bolletta.
NOTE: questo articolo è stato generato con il supporto dell’intelligenza artificiale.