Virus cinese, il trasporto di animali vivi tra le cause di diffusione
Un circolo vizioso che danneggia uomo e ambiente: il consumo di carne ha un impatto ambientale enorme ed è in costante aumento

L’allarme per la diffusione del virus cinese 2019-nCoV aumenta giorno dopo giorno e si fa sempre più strada l’ipotesi che abbia compiuto diversi salti di specie passando dai pipistrelli ai serpenti, per poi arrivare all’uomo. I risultati della mappa genetica, diffusi sul Journal of Medical Virology ci forniscono una quadro preciso della trasmissione del coronavirus, individuato per la prima volta nello scorso mese di dicembre a Wuhan, nel sud-est della Cina. Accadde la stessa cosa con il virus dell’influenza aviaria e con la Sars, e i luoghi di maggiore proliferazione e diffusione di questi virus sono i mercati di animali vivi molto comuni in Cina, dove accanto agli animali allevati nelle fattorie si vendono animali selvatici, come serpenti e pipistrelli.
Il legame tra la diffusione di malattie di questo tipo e l’aumento esponenziale del commercio e dell’esportazione di animali vivi è un tema studiato e discusso da molti anni tra gli esperti. Già nel 2015 uno studio pubblicato sulla rivista Biomed metteva in luce che “Il commercio di animali è un modo efficace per introdurre, mantenere e diffondere malattie, come si è osservato con la diffusione di diversi ceppi di afta epizootica in Africa, Medio Oriente e Asia e la diffusione dell’encefalopatia spongiforme bovina (BSE), ad esempio, in Oman e in Canada attraverso l’importazione di bovini infetti”.
Secondo Jeroen Dewulf, veterinario dell’Università di Gand in Belgio, “l’introduzione del virus della peste suina africana (ASF) in Belgio è stata quasi certamente causata da interferenze umane attraverso l’importazione di prodotti animali contaminati. Esistono diversi fattori alla base della diffusione di malattie, ma gli animali vivi sono la principale fonte di infezione”.
Secondo la Fao, L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, nel giro di soli 10 anni abbiamo assistito ad un aumento di quasi il 30% del trasporto di animali (suini, capre, mucche e pecore) in tutto il mondo. Questo trend è destinata a crescere ulteriormente, anche perché è più vantaggioso economicamente spostare animali vivi rispetto al trasporto refrigerato, nonostante i progressi della tecnologia. Sta aumentando inoltre tra i consumatori la domanda di carne fresca e, con una popolazione globale che si avvicina agli 8 miliardi, aumentano anche le persone che adottano sempre di più diete ricche di carne. Secondo le stime della Fao nei Paesi in via di sviluppo il consumo di carne è aumentato del 56% negli ultimi decenni e la produzione mondiale di carne potrebbe addirittura raddoppiare entro il 2050. Il consumo di carne ha un impatto ambientale enorme: l’aumento della deforestazione e il sovra-pascolamento sono responsabili di circa un quinto delle emissioni globali di gas serra, contribuendo anche all’inquinamento idrico. Per ogni chilogrammo di carne di maiale e pollame si produce una quota variabile che va dai 3,2 ai 4,6 chilogrammi di anidride carbonica equivalente (kg CO2eq), per ogni kg di filetto di manzo si arriva fino a 60 kg di CO2eq.