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Ancora aperto il dibattito sulla durata degli impegni nazionali: 9 le opzioni sul tavolo

La definizione di chiare regole sui calendari comuni degli NDCs è fondamentale per monitorare in modo efficace l’impegno dei Paesi nel raggiungimento degli obiettivi climatici. L'approfondimento di Italian Climate Network

Siamo nella seconda parte della prima settimana di COP26 e il tema della durata e di scadenze temporali comuni dei contributi determinati a livello nazionale (common time frames for nationally determineted contributions,NDCs), uno tra i più rilevanti di questo negoziato climatico, è già stato discusso in due sessioni informali di lunedì (1/11) e mercoledì (3/11).

Nonostante sia stata più volte ribadita dalle Parti l’urgenza di raggiungere un accordo, la questione era stata lasciata senza una conclusione condivisa a Madrid nel 2019 e l’accordo non è stata raggiunta neanche nei negoziati intermedi di giugno 2021, così a COP26 ci si ritrova con 9 opzioni sul tavolo.

Le sessioni informali di questa settimana sono ripartite proprio dalla nota informale prodotta a giugno dai co-facilitatori di UNFCCC e da una seconda bozza di testo preparata dal chair della sessione negoziale che raccoglie tutte le 9 proposte portate al tavolo dalle Parti dal 2017 ad oggi.

Questo sono i principali temi su cui si dibatte:

  1. la scelta delle parole per esprimere il grado di impegno richiesto ai paesi in materia di NDCs: i paesi “devono”, “sono invitati a”, “sono incoraggiati” a consegnare gli aggiornamenti dei propri contributi nazionali determinati;
  2. il quadro temporale da applicare agli NDCs comunicati entro il 2025, e quali scadenze comuni applicare agli NDCs che saranno comunicati nel 2030, nel 2035, nel 2040;

Tra le opzioni sul tavolo ci sono: ogni 5 anni, ogni 10 anni o 5+5 anni. Questo significa che ogni Paese potrà scegliere di presentare obiettivi nazionali che, secondo l’opzione che verrà scelta come definitiva a COP26, potrà avere un orizzonte temporale e/o intermedio specifico, ad esempio un impegno preso nel 2025 potrebbe avere come orizzonte il 2030, il 2035 oppure due tappe, al 2030 e al 2035 nello stesso testo. Opzioni che portano a diverse tempistiche di monitoraggio e quindi a possibili (ed evitabili) tattiche da parte dei paesi meno ambiziosi, che potrebbero proporre impegni decennali senza poi adoperarsi in alcuna azione specifica, per esempio, per i primi otto.

Per il momento, tra i paesi che supportano la scelta più ambiziosa (i calendari quinquennali) in linea con quanto previsto dall’Accordo di Parigi troviamo gli USA, i Least Developing Countries (LDCs), il gruppo Africano (AGN) e il gruppo Environmental Integrity Group (EIG) capeggiato dalla Svizzera.

Cina, Russia e Arabia Saudita che nei negoziati intermedi erano fermi sulla preferenza della scadenza a 10 anni “aprono” alla possibilità di includere sia l’opzione a 5 anni che quella a 10 anni parlando di Common Times FrameS (la s del plurale indica più possibilità); scelta supportata anche dall’India.

Ancora in bilico la posizione dell’Unione Europea, che ad oggi si mantiene su una posizione possibilista sulle due principali opzioni a 5 e 10 anni come già visto nei negoziati intermedi della scorsa estate.

Come si vede dal testo, i punti da discutere nelle 9 opzioni sul tavolo sono ancora troppi:

Un estratto dal testo negoziale
Come Italian Climate Network ha più volte ribadito, solo con la definizione di chiare regole sui calendari comuni degli NDCs sarà possibile per le Parti e gli osservatori monitorare in modo efficace l’impegno dei Paesi nel raggiungimento degli obiettivi climatici.

Durante le due sedute negoziali il delegato delle Isole Marshall ha sottolineato l’assenza in presenza di diversi rappresentanti dei paesi del Global South a cause delle difficoltà logistiche di COP26 legate alla pandemia e quindi la necessità di permettere a questi paesi di esprimersi anche da remoto mentre la delegata della Colombia ha ricordato l’importanza di tenere in considerazione la scienza e in particolare l’ultimo rapporto dell’IPCC nel prendere una decisione responsabile a Glasgow.

A questo punto c’è da chiedersi: sarà sufficiente la prossima settimana e mezza di COP26 per trovare l’accordo su una delle nove opzioni sul tavolo?

Questo articolo, redatto da Margherita Barbieri, è stato originariamente pubblicato da Italian Climate Network e fa parte del Bollettino COP pubblicato dall’associazione. Per ricevere il Bollettino dai negoziati sul clima è possibile iscriversi a questo link.
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Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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