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Canale di Suez e la nave incagliata che ha messo a nudo le fragilità del commercio globale

Gli accadimenti che hanno sconvolto il mondo negli ultimi tempi, hanno mostrato la facilità con la quale un evento non previsto può mandare in blocco i sistemi che abbiamo costruito. Basta il battito di ali di una farfalla per scatenare un uragano.

La Ever Given, l’imbarcazione che si è incastrata nel Canale di Suez, è una delle navi portacontainer più grandi del mondo, 400 metri di lunghezza per 60 e un peso di 220mila tonnellate. Il Canale di Suez è il canale artificiale più lungo del mondo, è uno dei quattro stretti artificiali di importanza globale, definiti Chokepoints (colli di bottiglia), punti obbligati per il passaggio di merci e risorse energetiche lungo le principali rotte commerciali internazionali.

Dal Canale di Suez transita il 12% del commercio globale e il 7% del commercio mondiale di greggio. A poche ore dal blocco del Canale, il prezzo sui mercati ha superato i 60 dollari al barile, registrando un aumento del 5%, oscillazione imprevista che esplicita l’alta volatilità del mercato legato allo sfruttamento del petrolio con futures sensibili a svariati fattori (geopolitici, di produzione, eventi meteorologici, etc) e dalle incerte prospettive di ripresa post-Covid dell’industria fossile.

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Circa 300 navi provenienti da diversi paesi, sono rimaste bloccate nel Mar Rosso. La coda ha compreso navi portarinfuse di trasporto merci (dai raccolti, ai prodotti secchi come il cemento), ma anche navi trasportanti petrolio, carburante e prodotti chimici. E’ stata segnalata anche la presenza di navi con a bordo bestiame.

Il fermo dei traffici marittimi ha causato un blocco nelle catene di approvvigionamento globale.

Le catene di approvvigionamento erano di fatto già provate dai lunghi mesi di pandemia, è emblematico il caso della Cina che soffre ancora la carenza dei container rimasti bloccati in giro per il mondo a causa della Covid-19 e destinati a rientrare nei porti asiatici spesso “vuoti”, rendendo di fatto vano il costo di una tratta. Lo stravolgimento dei traffici marittimi ha fatto schizzare il costo dei noleggi di navi con un aumento tra il 30% e il 70%, quello che si teme ora è una forte ripercussione sul costo dei beni di consumo. 

Nella mattinata di Lunedì 29, dopo sei giorni di fermo, la Ever Given è stata disincagliata. Ora si teme, ad una congestione nei porti di destinazione.

La logistica del terzo millennio è entrata in shock totale a causa di una nave bloccata in un punto considerato strategico, è una dinamica resa possibile dall’organizzazione Just-In-Time dei movimenti delle merci. Negli ultimi decenni, aziende e società di consulenza hanno sostenuto la cosiddetta produzione just-in-time per limitare i costi e aumentare i profitti, in pratica: piuttosto che sprecare denaro accumulando merci extra nei magazzini, le aziende possono dipendere dalla magia di Internet e dell’industria marittima globale per raccogliere ciò di cui hanno bisogno quando ne hanno bisogno.

La logica fallace che sta dietro a tutti questi meccanismi di soddisfacimento di un bisogno con un click emerge in modo disarmante quando si verifica un evento non previsto.

Le autorità egiziane stanno ancora cercando di identificare le cause dell’evento, al vaglio c’è l’ipotesi di un black-out elettrico a bordo che avrebbe lasciato la nave in balia delle onde e della possibile influenza da parte del vento che avrebbe favorito l’incagliamento. Sebbene i dati a disposizione sull’intensità del fenomeno meteorologico non mostrano un evento definibile di portata “eccezionale” come ribadito anche daI tenente generale Osama Rabie capo dell’autorità egiziana del Canale di Suez, è chiaro come la possibilità di avere di dati meteorologici puntuali forniti da enti specializzati e certificati possa avere un altissimo valore anche in questo tipo di situazioni; l’integrazione dati meteo-climatici in sistemi di gestione e logistica può svolgere una importante funzione di prevenzione e allertamento.

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Mentre si attendono le conferme ufficiali sulle cause, non si può distogliere l’attenzione da una circostanza sempre più evidente: viviamo in un sistema altamente complesso, composto da tanti sistemi altrettanto complessi e intimamente legati tra loro. Basta una piccola “perturbazione” di questo sistema per generare il caos. Proprio come succede in atmosfera, sistema caratterizzato da un alto grado di caoticità, dove (come recita il Paradosso della Farfalla) basta il battito d’ali di una farfalla per scatenare un uragano.

L’insieme delle scelte che hanno portato la società globale a poter muovere persone, merci e informazioni a velocità, ritmi e distanze innaturali, si basano su equilibri evidentemente molto più fragili di quanto si potesse immaginare.

Se l’impatto sul commercio che ha avuto l’incidente del Canale di Suez ha mostrato a tutti la dipendenza del mondo dalle catene di approvvigionamento globale e la loro fragilità, gli accadimenti che hanno sconvolto il mondo negli ultimi tempi – pandemia compresa – hanno mostrato la facilità con la quale un singolo fattore può mandare in blocco i nostri sistemi ed essere fonte di nuove crisi, obbligandoci a rallentare e a riflettere sulla possibilità di un nuovo modello di sviluppo e di vita sostenibile.

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Elisabetta Ruffolo

Elisabetta Ruffolo (Milano, 1989) Laureata in Public Management presso la facoltà di Scienze politiche dell’Università degli studi di Milano. Head of communication di MeteoExpert, Produttrice Tv per Meteo.it, giornalista e caporedattrice di IconaClima. Ha frequentato l’Alta scuola per l’Ambiente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per il Master in Comunicazione e gestione della sostenibilità.

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