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Mauritius, l’impatto ambientale dello sversamento di petrolio

I rischi associati al trasporto di petrolio sono dovuti per lo più al possibile sversamento in mare. L'analisi dei possibili impatti ambientali.

Il mare è diventato nero in prossimità dell’isola di Mauritius, perla dell’Oceano Indiano sud-occidentale, a causa dello sversamento di petrolio fuoriuscito dalla nave giapponese Wakashio.

La petroliera si è incagliata alla fine di luglio nei pressi di Pointe d’Esny, sulla costa orientale dell’isola, secondo i resoconti dei media locali e gli attivisti ambientali, la posizione è vicino alla riserva del Blue Bay Marine Park e a diverse spiagge turistiche. Da quel momento è iniziato lo sversamento di tonnellate di petrolio nelle acque marine.

Il 7 agosto il Primo Ministro Pravind Jugnauth ha dichiarato lo stato di emergenza ambientale. Due giorni dopo il Ministero dell’Ambiente e della gestione dei rifiuti e del Cambiamento climatico ha comunicato che oltre 500 tonnellate di greggio sono state pompate dal serbatoio danneggiato della petroliera. Le operazioni continuano senza sosta, la fuoriuscita di petrolio è stata interrotta ma si aggravano le crepe trovate sulle pareti della petroliera. Si cerca di contenere anche i danni alla laguna attraverso le operazioni di bonifica, secondo quanto riportato nel comunicato stampa, sono già state pompate 118 tonnellate di petrolio dalla laguna. 

Nel corso di questa mattina, lunedì 10 agosto, 650 metri di diga galleggiante si sono aggiunti a quelli già dispiegati per contenere la diffusione del petrolio in mare. “Le autorità stanno mobilitando risorse aggiuntive per migliorare le loro capacità di risposta di fronte al pericolo di un disastro ecologico. Il governo ha anche chiesto aiuti internazionali per questo scopo ”; la Francia ha inviato “squadre e materiale” per cercare di contenere i danni, il Governo di Tokyo invierà una squadra di esperti alle Mauritius che, come riportato dall’ANSA, “ha una conoscenza specifica delle attività di soccorso nella gestione dei disastri ambientali, e la rimozione di sostanze inquinanti a salvaguardia degli ecosistemi.”

La composizione del petrolio grezzo, le sue caratteristiche fisiche e i processi fisico-chimici successivi allo sversamento

Lo sversamento in mare del petrolio, può avere impatti ambientali di diversa portata, a seconda della sua composizione. Il petrolio grezzo, ovvero che non ha ancora subito alcuna lavorazione, è una miscela complessa di diversi idrocarburi presenti in percentuale variabile che vengono distinti in base al loro peso in: leggeri, medi e pesanti. 

I componenti leggeri rappresentano il 95% della frazione solubile del petrolio e sono caratterizzati da: punto di ebollizione che arriva al massimo a 150 °C, rapida e completa evaporazione, generalmente entro un giorno.

I componenti medi sono caratterizzati da un punto di ebollizione compreso fra 150 e 400 °C, bassa velocità di evaporazione che arriva fino a diversi giorni, bassa solubilità in acqua.

I componenti pesanti sono caratterizzati da minima perdita per evaporazione, minima solubilità, persistenza a lungo termine nei sedimenti sottoforma di grumi di catrame o pavimenti di asfalto. Sono i composti più persistenti e sono caratterizzati da bassa velocità di degradazione.

Fonte ISPRA

Dalle loro caratteristiche si evince che i greggi con una maggiore percentuale di composizione di  idrocarburi a medio e alto peso hanno un maggiore impatto ambientale negativo: sono più persistenti nell’ambiente ed è maggiore la possibilità che contaminino la fauna e la flora marina. 

Per capire gli impatti ambientali di una perdita di petrolio in mare bisogna considerare, oltre alla composizione del greggio, le caratteristiche fisiche del greggio, quali la densità specifica, la volatilità, la viscosità ed il punto di scorrimento.

L’API degli Stati Uniti ha adottato il grado API come misura della densità specifica dei greggi. La scala della densità va da 10° API (molto pesanti) a oltre 45° (molto leggeri). In particolare, i greggi pesanti hanno una densità fino a 22° API, i medi hanno una densità compresa fra 22° e 31° API mentre i leggeri hanno una densità superiore ai 31° API. I tipi di petrolio con densità relativa minore di uno galleggeranno sulla superficie dell’acqua di mare. I greggi pesanti, che evaporano soltanto a temperature estremamente alte, possono persistere nell’ambiente anche per lunghi periodi, quindi in assenza di temperature elevate avranno una volatilità molto bassa. La viscosità è la resistenza allo scorrimento. Il petrolio diventa più viscoso e scorre più lentamente al diminuire della temperatura. La temperatura del mare è generalmente più bassa della temperatura all’interno delle cisterne delle navi, questo implica che il petrolio sversato al suo raffreddamento diventa più viscoso e scorre più lentamente. Infine, il punto di scorrimento è il quel punto al di sotto del quale un greggio non scorre e dipende anch’esso dalla temperatura.

Fonte ISPRA

Una volta avvenuto il danno costituito dallo sversamento del petrolio in mare, entrano in gioco i fattori meteo-climatici che innescano processi chimico-fisici di degradazione. L’esposizione del petrolio ad agenti quali, ad esempio, acqua, ossigeno o radiazione solare, modifica la composizione del greggio finché non raggiunge un equilibrio termodinamico con l’ambiente.

Gli impatti sulla flora e sulla fauna marina

Da molti anni si cerca di sensibilizzare le persone ai possibili danni causati dalle perdite di petrolio nel mare, spesso con immagini di forte impatto che mostrano i danni che questa sostanza può causare ad animali e piante dell’ambiente marino.

In questa famosa scena del film di animazione “La gabbianella e il gatto”, viene illustrato, in modo semplice ma efficace, ciò che effettivamente può succedere quando il greggio invade le acque marine. Il petrolio che entra in contatto con le piume degli uccelli marini le incolla, inibendo le loro capacità di volo, ne compromette anche le capacità isolanti esponendo gli animali al rischio di ipotermia e annegamento. Anche i mammiferi marini sono vulnerabili agli sversamenti di petrolio, in particolare per la loro dipendenza dall’aria, ma il greggio può anche essere ingerito o entrare in contatto con l’animale attraverso l’acqua marina o le coste contaminate. La contaminazione delle coste, sia sabbiose che rocciose, può compromettere gli habitat naturali con la contaminazione della flora e conseguente allontanamento degli animali; dalle operazioni di rimozione del petrolio dipende la ripopolazione e la ricolonizzazione delle aree che si spopolano delle speci autoctone. Tra le specie a rischio più conosciute nell’immaginario comune, predominano le tartarughe, che possono contaminarsi sia tramite l’ingestione di cibo a sua volta contaminato, sia tramite l’assorbimento attraverso la pelle, gli occhi, le vie respiratorie ed i polmoni; se il petrolio raggiunge le coste, c’è anche la possibile contaminazione delle uova della specie protetta.

Happy Khambule, Senior Climate and Energy Campaign Manager di Greenpeace Africa, in relazione al disastro ambientale che ha colpito Mauritius, ha dichiarato: “Migliaia di specie nelle lagune incontaminate di Blue Bay, Pointe d´Esny e Mahebourg rischiano di annegare in un mare di inquinamento, con conseguenze disastrose per l’economia, la sicurezza alimentare e la salute di Mauritius.” Quello che è accaduto in questi giorni è probabilmente una delle più terribili crisi ecologiche mai viste nel piccolo paese insulare. “Non esiste un modo sicuro garantito per estrarre, trasportare e immagazzinare prodotti di combustibili fossili. Questa perdita di petrolio non è uno scherzo del destino, ma la scelta della nostra contorta dipendenza dai combustibili fossili.” ha aggiunto Khambule denunciando l’accaduto e spingendo per una azione più significativa di abbandono dei combustibili fossili.

“Ancora una volta vediamo i rischi del petrolio: aggravare la crisi climatica, devastare gli oceani e la biodiversità e minacciare i mezzi di sussistenza locali intorno ad alcune delle lagune più preziose dell’Africa”

Happy Khambule, Senior Climate and Energy Campaign Manager Greenpeace Africa

Elisabetta Ruffolo

Elisabetta Ruffolo (Milano, 1989) Laureata in Public Management presso la facoltà di Scienze politiche dell’Università degli studi di Milano. Head of communication di MeteoExpert, Produttrice Tv per Meteo.it, giornalista e caporedattrice di IconaClima. Ha frequentato l’Alta scuola per l’Ambiente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per il Master in Comunicazione e gestione della sostenibilità.

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